San Benedetto Po è un piccolo centro che sorge intorno alla stupenda Abbazia di Polirone. Questa zona della Pianura Padana, chiamata Oltrepò Mantovano, non è piatta ma presenta leggere ondulazioni sorte dai depositi di detriti dei numerosi corsi d’acqua provenienti dall’Appennino.
Il monastero di S. Benedetto di Polirone fu fondato nel 1007 da Tedaldo di Canossa il nonno della famosa Matilde. Selve di pioppi, roveri e querce, siepi, fossati, acquitrini ed argini dominavano il paesaggio, punteggiato da insediamenti sparsi, uniti da rari sentieri. Il nuovo cenobio era caratterizzato da un grosso nucleo fondiario intorno a sé, ottenuto dalle donazioni dei Canossa e di altri nobili, che ne fecero uno dei più ricchi monasteri del tempo.
Nel XII secolo, epoca del suo massimo splendore, era famoso un attivissimo scriptorium, dove i monaci amanuensi ricopiavano su pergamena i libri antichi, impreziosendo le pagine con miniature. La biblioteca era una delle più ricche dell’epoca, grazie al sostegno di Matilde di Canossa. Fu sempre in prima linea nella difesa del pontefice, e portò una particolare predilezione per il grande monastero mantovano, che – specialmente dopo aver confermato la Chiesa di Roma come ereditaria dei suoi beni – arricchì con cospicue e frequenti donazioni scegliendo di esservi sepolta quando morì all’età di 69 anni. Nei secoli seguenti, il complesso rivestì un importante ruolo politico e culturale nel territorio fino al 1797, quando Napoleone abolì gli ordini monastici.
Il Monastero si ingrandì nel corso dei secoli con l’aggiunta di nuove chiese, nuovi chiostri, nuovi gruppi di celle, fino a diventare un complesso monumentale gigantesco. Racchiusa all’interno, la più antica delle costruzioni, la Chiesa di Santa Maria alla quale si accede sia passando per la chiesa principale, sia dal chiostro di S. Simeone. Adibita a diversi usi liturgici, fu sede del sepolcro di Matilde, inoltre un mosaico si stendeva come un tappeto dall’ingresso all’altare, continuando nel transetto, dove è ancora visibile: si tratta di uno dei più pregevoli mosaici pavimentali romanici.
La basilica o chiesa nuova, stupisce per i suoi interni maestosi e riccamente decorati¸ pur conservando parecchi elementi delle diverse fasi costruttive, nella forma attuale è opera di Giulio Romano che tra il 1540 e il 1545 la riedificò, senza demolire le strutture romaniche e gotiche. La bellezza dell’interno si coglie nelle tre navate, divise da due serie di serliane e dal soffitto a volte a crociera, decorato in modo tale da dare l’impressione di essere a cassettoni. La luce viene dal rosone centrale, dagli oculi del lato delio e dalla cupola dell’altar maggiore. Si resta incantati dagli ornamenti, i colori vividi, decorazioni di festoni, putti e grottesche che la fanno somigliare a una sfarzosa residenza gonzaghesca, e meno a un luogo di raccoglimento claustrale.
Il complesso monumentale conta diversi chiostri, luoghi ove avveniva la maggior parte delle attività dei monaci all’interno del monastero. Ognuno di essi era destinato ad usi particolari: primo fra tutti quello dei Secolari, che accoglieva poveri e pellegrini al piano terra e gli ospiti più importanti al piano superiore. Il chiostro svolgeva anche funzioni di collegamento; permetteva il passaggio dei monaci in processione, univa la chiesa con i servizi principali e con i dormitori.
Sul lato settentrionale del chiostro si affaccia lo scalone Barberiano, che collegava gli appartamenti dell’abate e dei duchi di Mantova col chiostro d’ingresso al monastero; ai quattro angoli della volta si trovano le statue che rappresentano le virtù cardinali, sopra l’ingresso c’è un busto di Cristo. Al centro della volta, l’affresco riproduce una balconata in prospettiva aperta sul cielo, dove la rosa dei venti era in origine collegata a una sfera segna-vento.
Nel complesso monasteriale si può visitare l’interessante Museo della Cultura Popolare Padana, che conserva importanti e preziosi cimeli raccolti nelle campagne mantovane. Vi si trovano testimonianze dell’arte popolare come il Teatro delle Marionette e tanti oggetti appartenuti al mondo contadino, con riproduzione di spazi e situazioni legate al lavoro agricolo e artigiano. Una importante collezione è quella degli antichi carri agricoli reggiano–modenesi con sculture e dipinti; draghi e serpenti, sfingi, fiori e putti impreziosiscono questi carri che nelle credenze popolari avevano funzione magica e propiziatoria, rendendoli delle vere opere d’arte. Di notevole interesse anche la collezione archeologica composta da lapidei e ceramiche conventuali, recuperati durante le campagne di scavo.
Informazioni turistiche: https://www.turismosanbenedettopo.it/
Contributi fotografici: Stefania Mezzetti