Roma ti stordisce e ti abbaglia con tutta la sua storia che sgorga da ogni strada, vicolo o piazza. Fra i monumenti maestosi, le fontane grandi e piccole che la inondano e i palazzi storici si nasconde uno stuolo di animali grandi e piccoli che con i loro sguardi placidi osservano imperturbabili l’umanità che scorre e si affanna.
Gli animali rappresentati nei monumenti, nelle chiese, nelle fontane, nei palazzi della città raccontano una storia di miti e leggende. Prime fra tutte la Lupa Capitolina, icona della città che rappresenta la fondazione di Roma. I gemelli Romolo e Remo dalle nobili origini perché figli seppur illegittimi della vestale Rea Silvia e del dio Marte, abbandonati sul Tevere furono raccolti da una mite lupa che li salvò dandogli il suo latte. Una volta cresciuti, nei luoghi in cui avevano trascorso la loro infanzia uno dei due, Romolo, fondò Roma il 21 aprile 753 a.C. Ma la storia della scultura, da sola è già una leggenda: di origine etrusca risalente al 400 a.C, già anticamente doveva trovarsi in Campidoglio con i suoi 2 gemelli, che però in epoca romana imperiale scomparvero; la Lupa ricompare durante il Medioevo nel palazzo del Laterano, dove assumerà il significato simbolico della giustizia della Chiesa. Quando nel 1471 papa Sisto IV dona al Popolo di Roma alcune sculture, la Lupa è la più significativa poiché rappresenta un’affermazione di dominio della Chiesa sul Comune, e la fece posizionare in bella mostra sulla facciata del palazzo dei Conservatori. Vengono poi aggiunti nuovamente i gemelli, Romolo e Remo, realizzati dal famoso scultore Antonio del Pollaiolo. Oggi la Lupa è conservata fra i tesori dei Musei Capitolini, nel complesso museale di straordinario valore storico e culturale che è il Campidoglio.
Proprio al centro della piazza la statua equestre di Marco Aurelio, di cui l’originale si conserva anch’esso nei musei Capitolini, ci racconta un’altra storia dai contorni foschi legati ad una civetta. Questo animaletto che fin dai tempi più antichi ha attirato l’attenzione degli uomini, simboleggia per le sue abitudini notturne la capacità di vedere di notte, là dove gli altri vedono sono il buio. Per questo rappresenta saggezza e sapienza, capacità di predire il futuro e col suo grido notturno, di ricordare ai mortali la brevità della vita. La Civetta più famosa e più temuta di Roma si trova proprio fra le orecchie del cavallo di Marco Aurelio; la statua nata placata in oro, brillante e regale come si addice all’immagine di un imperatore molto raffinato, monta un cavallo con un ciuffo dalla foggia che ai romani del Medioevo era sembrato una civetta, all’epoca considerata segno di presagio. Da qui l’anatema: “la civetta canterà preannunciando la fine del mondo e volerà via quando tutta la statua equestre di Marco Aurelio tornerà interamente in oro”.
Fra le bizzarrie del bestiario romano compare un elefantino dall’aspetto dispettoso di cui non si può fare a meno di innamorarsi. Sistemato proprio nel cuore di Roma, l’elefante prende il nome dalla piazza della Minerva dove venne collocato nel 1667 come basamento ornamentale di un piccolo obelisco di granito rosso. La storia comincia proprio con il ritrovamento del monolite egizio, quando i frati domenicani di Santa Maria sopra Minerva lo ritrovarono nel tempio di Iside in campo Marzio. L’incarico del progetto monumentale venne affidato al Bernini, famoso non solo per le sue magnifiche opere di grande maestria ma anche per sue rivalità con gli atri artisti dell’epoca scanditi a colpi di scalpello. Quando il domenicano Giuseppe Paglia avversario del Bernini, modificò il suo progetto, l’artista si volle vendicare sistemando l’elefante in modo che mostrasse le terga al convento dei detestati domenicani, mentre la proboscide ne sottolineava la posizione irriverente. L’iscrizione sul basamento dettata personalmente dal committente Papa Alessandro VII recita: “Oh tu, che qui vedi trasportati da un elefante, il più forte degli animali, i geroglifici del sapiente Egitto, comprendi l’ammonimento: è necessaria una robusta mente per sostenere una solida sapienza”.
Il mondo acquatico che popola le fontane romane, è un tripudio di animali che giocano fra zampilli e si tuffano nelle vasche come in un fluido primordiale, narrando storie legate alle legende popolari. La fontana delle tartarughe, discreta e graziosa, si svela inaspettatamente in una piazzetta dell’antico quartiere del ghetto; la piazza prende nome dai duchi Mattei, ai quali è appunto legata la leggenda della fontana. Pare, infatti, che il duca volle dimostrare al padre della sua amata di essere un uomo potente, contrariamente a quanto questi ritenesse, facendo erigere la meravigliosa fontana davanti alle sue finestre, nell’arco di una sola notte. Fra le fontane firmare da Giacomo della Porta, questa opera eseguita a fine cinquecento è particolarmente elegante. Al centro della vasca quattro conchiglioni marmorei ricevono acqua da delfini sui quali poggiano il piede altrettanti efebi. Le tartarughe che quest’ultimi spingono verso il bordo del catino, sono state aggiunte un secolo dopo dal Bernini. Un insieme plastico che colpisce per la sua ricercata delicatezza che sboccia come un fiore canterino, fra gli alti palazzi ducali.
Nel panorama faunistico non poteva mancare il leone, “re degli animali” simbolo di regalità, potere, forza e coraggio e per questo da tutti temuto e rispettato. Lo si trova nella Fontana dei Fiumi a Piazza Navona, dove il Bernini lo rappresenta mentre spegne la sua sete nelle vivide acque del fiume Nilo;. Oppure nella fontana dell’Acqua Felice in piazza San Bernardo, dove quattro leoni egizi schizzano dalle bocche sotto un imponente Mosè dallo sguardo austero. Attorno all’obelisco di piazza del Popolo, quattro vasche rotonde sono sormontante da altrettanti leoni di marmo bianco in stile egizio, dalla cui bocca sgorga l’acqua, maestosi e regali occhieggiano con le sfingi che decorano la strada del Pincio. Due antichi leoni in basalto nero posti ai lati della scalinata del Campidoglio, furono trasformati in fontane zampillanti e pare che qualche volta con le loro bocche dispensassero in abbondanza vino bianco e rosso in occasioni speciali, come l’elezione di un nuovo papa.
E ancora aquile, orsi, cervi, gatti egizi, salamandre, tritoni e delfini, sono tutti i protagonisti in marmo, travertino o bronzo di una cultura popolare di cui è intrisa la storia di Roma.
Link utili:
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