Rapa Nui, meglio nota come Isola di Pasqua, è famosa in tutto il mondo per le statue Moai che misteriosamente la dominano. Scopriamo la storia del loro “risveglio” e altre curiosità sulla terra più remota del globo
Testo di Miriam Acquaroli
Foto di Pavel Pavel
Se cercate un luogo letteralmente isolato, intriso di segreti ed estremamente ammaliante, ecco quel che fa per voi: l’isola di Pasqua. Nel mezzo dell’oceano Pacifico, a 4000 km dalle coste cilene e 2000 dalla terra emersa più vicina (abitata da 200 anime), Rapa Nui, nome locale dell’isola, è stata da sempre oggetto di viaggi di studiosi, archeologi, etnografi e turisti. Il motivo? Le 900 statue dette “Moai” che la sovrastano, forse proteggendola da qualche arcano nemico.
Assieme alle tante ipotesi fatte sul come ed il perché esse furono costruite, intriganti sono i tentativi volti a spiegare in che modo esse furono spostate. I Moai, infatti, scolpiti sulle pendici del vulcano Rano Raraku, per raggiungere le loro postazioni – a volte isolate in punti sparsi, altre volte in fila sulle piattaforme Ahu in riva al mare – percorsero spazi che vanno da poche centinaia di metri fino a un massimo di 16 chilometri. Come fu possibile una tale impresa senza tecnologia moderna né animali da soma a disposizione?
Un enigma svelato a 6000 chilometri di distanza
Negli anni ’80 il tenace e curioso ingegnere di origine ceca Pavel Pavel, al fine di spiegare l’enigma del trasporto, decise di ispirarsi ad una nota leggenda dell’isola secondo cui le statue “camminavano”. Partendo da questa considerazione, Pavel iniziò a studiare un sistema di sollevamento pesi che utilizzasse solo mezzi disponibili all’epoca della realizzazione dei giganti, cioè delle corde e un numero limitato di tiratori. Dividendo questi ultimi in due squadre che gestivano rispettivamente l’inclinazione e la rotazione, le sculture sarebbero riuscite a muoversi riproducendo appunto una camminata.
L’esperimento pratico venne condotto prima in Cecoslovacchia, con un modello di Moai in cemento; successivamente, dopo il brillante esito, Pavel fu invitato direttamente da Thor Heyerdahl, il celebre antropologo ed esploratore norvegese, ad una spedizione a Rapa Nui per riproporre il tentativo con un esemplare originale.
Così, nel 1986 Pavel poté finalmente visitare l’isola dei suoi sogni, dove riuscì a far camminare, dopo almeno quattro secoli di riposo, un colosso di quattro metri di altezza per dieci tonnellate di peso. Nonostante difficoltà tecniche ed imprevisti quasi comici, il successo della prova rappresentò un contributo fondamentale alla soluzione della questione “trasporto Moai”, e il giovane ingegnere decise di raccogliere in un libro le memorie di quei giorni.
Quando di stravagante c’è anche il divertimento
Il diario di viaggio in questione è corredato da disegni, foto e aneddoti vari, ma anche da spunti originali sulla storia dell’isola, i suoi abitanti, la sua cultura. Non tutti sanno, ad esempio, che fra gennaio e febbraio, in piena estate, si tiene l’esilarante Festival Tapati, che consiste in una settimana di stravaganti ed ininterrotti festeggiamenti all’insegna del divertimento più assoluto. Tanto per dare un’idea delle attività, vengono proposte gare di canoa, di “surf” su natanti di canne totora, vere e proprie competizioni di body painting e di racconto di leggende, nonché l’immancabile e spietato concorso di bellezza e la gara più estrema, la “Haka Pei”. In questa speciale sfida, i valenti partecipanti devono usare dei tronchi di banano a mo’ di slitta per percorrere almeno 120 metri di ripida ed impervia discesa, raggiungendo anche velocità di 80 km orari.
Tutti possono prender parte al festival Tapati, tanto gli isolani quanto i turisti, l’unica regola è mettersi in gioco e dare sfogo alle proprie energie. In questa occasione Rapa Nui si divide letteralmente in due: l’unico villaggio, Hanga Roa, contro il resto dell’isola, Moerou, e ogni vittoria fa guadagnare punti preziosi alla propria fazione, il cui obiettivo è aggiudicarsi il diritto di governare l’isola per un anno intero. Ovviamente il premio è simbolico, ma richiama i tempi della proclamazione dell’uomo-uccello (il “Tanga-ta-manu”), quando i rappresentanti dei diversi clan si contendevano il dominio annuale del territorio appropriandosi del primo uovo deposto dagli uccelli migratori su tre isolotti vicini.
Il paradiso della frutta
Altresì utile per chi progetta di recarsi sull’isola può essere il sapere che tipo di menù ci si debba aspettare. Oltre al pesce, le aragoste e molluschi di vario genere, regine della tavola sono frutta e verdura. Trovandosi nei pressi del Tropico del Capricorno, infatti, Rapa Nui offre frutti esotici tutto l’anno, col risultato che ai pasti non mancano mai banane, ananas, meloni bianchi, gialli e papaye. Queste ultime, in particolare, sono tradizionalmente servite o come antipasto, tagliate in quarti e da assaporare semplicemente con un cucchiaino, oppure vengono abilmente divise in due e poi riempite di panna, pezzetti di arance, banane, ananas e ciliegie per creare un magnifico dessert. Ciascun piatto è un piccolo capolavoro che adorna la tavola, dai bastoncini di carote – che possono rappresentare le zattere dei navigatori polinesiani – alle pagnotte di pane bianco, decorate in rilievo con la tipica figura dell’uomo-uccello. Ottima idea per attirare l’attenzione dei bambini e ricordare ai commensali che si trovano in una terra avvolta dai misteri.
Visitare l’isola di Pasqua può essere un’esperienza davvero magica e un’interessante immersione nella cultura polinesiana mescolata con le influenze moderne sudamericane. Ma solo se non vi spaventa un viaggio di almeno 24 ore e siete pronti a mettervi faccia a faccia con un Moai per farvi rivelare tutto sulla sua storia!
Il libro Rapa Nui – l’uomo che fece camminare le statue, di Pavel Pavel è stato pubblicato in Italia nel 2017 da Bibliotheka Edizioni (traduzione e cura di Miriam Acquaroli), www.bibliotheka.it. Per ulteriori informazioni turistiche: www.easterislandtourism.com