Dalvik, una perla nel profondo nord dell’Islanda, trampolino per l’infinito
Testo e foto di Ada Grilli
La strada per arrivarci è ovviamente da sud, visto che la cittadina si trova quasi all’estremo nord. Quasi, ma non del tutto. Però oltre non ci sono più città che si possano dire tali. Ma nemmeno Dalvik lo è per la verità, con i suoi 1900 abitanti, tuttavia dopo 40 km tra Akureyri e Dalvik percorrendo la penisola detta Troll, lungo il Siglufjordur con sole fattorie e abitazioni isolate, e però il fiordo sempre a destra che cattura l’attenzione sì ma è popolato solo da anatre e balene, approdare in questa manciata di case, fa l’effetto come di arrivare in una vera città. Soprattutto se si tiene conto che a salutare il viaggiatore all’ingresso della cittadina c’è un bel caffè, nel senso di Kaffihus come le chiamano da queste parti.
E dunque cominciamo dal caffè che curiosamente ha tre nomi, ossia Gisli, Eirikur, Helgi. Un ambiente dove si può spendere mezz’ora a guardarsi in giro tanto è sui generis. I proprietari si sono ispirati alla storia di tre fratelli, veramente esistiti, veramente pazzerelli e veramente diventati protagonisti di un libro per la loro “sempiaggine”. Abitavano in una fattoria poco prima dell’abitato ed erano soggetti del genere Stanlio e Olio locali, con la differenza che erano tre. Bene, sono stati disegnati ad abundantiam, raccontati e pubblicati come fossero eroi – ma in Islanda quasi ogni abitante è un eroe – e sono finiti a decorare e arredare le tre stanze della deliziosa Kaffihus, in mezzo ad altri memorabilia raccolti dai due simpatici e intraprendenti proprietari Heida e Bjarn. Bella operazione di salvataggio di un pezzo di storia, che va ad aggiungersi ad altri pezzi raccolti e raccontati nel museo storico della città. Dove si impara che un altro personaggio atipico, certo Johan Petursson, si è meritato addirittura più di una stanza del museo, e solo per essere stato smisurato, un gigante anche più grande dei lunghi vichinghi del passato. Un vero e proprio fenomeno da circo apprezzato molto in Danimarca che nella prima metà del secolo scorso era ancora il padre-padrone dell’Islanda (divenuta poi autonoma nel 1944). Ma il resto del museo, che è un vero scrigno di tutto quanto è stato conservato e tramandato almeno dall’inizio del secolo scorso, non è di minor interesse con i suoi oggetti della vita quotidiana, i documenti del grande terremoto del giugno1934 (scala 6,3 Richter) e della vita dei pescatori che pare, nascevano e morivano pescatori, senza molte varianti. Ad eccezione di un figlio insigne della città che è diventato primo ministro della giovane Repubblica.
Se non avesse un porto da cui partono i traghetti per l’isola di Grimsey, probabilmente a Dalvik ci si fermerebbe solo per il caffè (o il cappuccino) anche qui – come in tutta l’Islanda – fatto magistralmente, molto meglio che a Parigi tanto per capirci meglio. E una città di porto ha un fascino che le località dell’interno certamente non hanno. In Islanda tanto più, considerato che nell’interno ci sono quasi solo vulcani e ghiacciai, pecore e cavalli, fiumi e lava ormai colonizzata da muschi di robusto spessore. Un porticciolo come quello di Dalvik ispira a partire per le balene che stazionano in questa parte del fiordo tutto l’anno (forse sono le più vecchie, le più stanche, comunque sempre balene, e non per l’età o la stanchezza si risparmieranno in capriole e fantasie). Il traghetto per Grimsey è lento come i vaporetti di Venezia e ci impiega parecchi ore a coprire la distanza di 43 miglia nautiche, ma in fondo chi ha fretta di arrivarci a Grimsey? Qui non succede niente, se non che si parte e si arriva in barca al porticciolo, per la pesca e per Grimsey. I pescherecci fanno la ricchezza degli abitanti di Dalvik, come di tutte le cittadine costiere dell’Islanda, e se non si va a pesca, si lavorano i prodotti della pesca, come pare ben chiaro dalle aziende manifatturiere del pescato che costeggiano la passeggiata lungo il porto. In alternativa alle facciate delle fabbrichette si potrebbero leggere le biografie dei residenti famosi, una specie di Hall of fame, lungo la banchina, a condizione di conoscere se non il runico almeno l’islandese moderno, che comunque non è molto diverso da quello di 1000 anni fa.
Info utili:
http://www.dalvikurbyggd.is/EN/About-Dalvik/
Per dormire: Dalvik Hostel, stessa proprietà del Kaffihus coi tre nomi www.dalvikhostel.com