Natura, storia ed eccellenze enogastronomiche sulle sponde del fiume
di Claudia Farina – Foto Claudia Farina e Archivio Parco del Mincio
Mantova è la provincia più umida d’Italia, attraversata da canali, laghi e fiumi, tra cui la “fiuma”, come dicono i mantovani originari, perché il suo cors ha generato la geografia e la storia locale: è il Po, che attraversa i territori di Matilde di Canossa e dei Gonzaga, lambiti da entrambe le sponde. Città d’acqua Mantova, circondata da tre laghi, con quella nebbia rugiadosa che ti accoglie d’inverno e il rosato manto estivo di fior di loto, in cui si specchiano cupole e palazzi.
Dove scorre il fiume
Dai laghi di Mantova al lago di Garda, la via che unisce è ancora un fiume, il Mincio con il suo Parco (www.parcodelmincio.it). Da Peschiera s’insinua tortuoso tra le colline dell’Alto Mantovano per raggiungere la pianura nei pressi di Pozzolo e fluire nel Po a Governolo, dopo un percorso di 75 chilometri. A valle di Salionze il corso del fiume è sbarrato da una diga che regola il deflusso delle acque del lago. Mentre una parte prosegue lungo il corso naturale del fiume, un’altra dà origine ai canali artificiali Virgilio e Seriola , che accompagnano il fiume per tutta la zona collinare fino a perdersi nella pianura. Dalla diga di Salionze a Valeggio, come notano i ciclisti che percorrono distensive, panoramiche piste ciclabili o i canoisti che punteggiano sgargianti le acque verdi del fiume, il Mincio scorre tra rive artificiali che si avvicinano fino a collegarsi attraverso il ponte visconteo di Borghetto, dove vari rami d’acqua producevano energia propulsiva per le ruote dei mulini, diventati oggi abitazioni. Giunto a Rivalta e a Grazie il fiume si dirama in uno straordinario labirinto di canali, intersecati da isole di vegetazione palustre. Siamo nelle Valli del Mincio, una zona umida di straordinaria importanza naturalistica, riconosciuta a livello internazionale. I canneti bordano il fiume, il silenzio avvolge un paesaggio immobile e solitario: solitario per gli uomini, vivacissimo per gli animali. Un via vai d’alta frequenza di uccelli, anfibi, pesci. Garzette, cigni reali e aironi cinerini, martin pescatore, falco della palude, anatre, folaghe abitano nell’intrico del fiume e tra le alte piante di cannuccia e cariceto, come si vede stando comodamente a bordo di un barcone, in crociera nelle Valli del Mincio. Mano a mano che il fiume procede verso la foce, le rive si restringono e la vegetazione si fa più rada. Ancora un’oasi di pregio naturalistico, la Riserva naturale della Vallazza, e anche il Mincio sparisce nel Po, come il Chiese e l’Oglio.
Stagioni in Valle
La Valle esibisce un fascino per ogni stagione. A primavera fioriscono non ti scordar di me, orchidee, campanelle sfiorate dagli uccelli stanziali; in autunno, tinte calde nel canneto e negli alberi d’alto fusto come ontani, carpini, salici; stormi di storni dormono tra le canne e gli aironi rossi si raggruppano la sera in partenza per l’Africa. D’inverno la nebbiolina, alberi spogli, la neve, un paesaggio solitario da foto in bianco e nero. L’estate è uno scenario orientale, quando il fior di loto (introdotto in valle nel 1921), alto un metro sul pelo dell’acqua con foglie grandi altrettanto, colora l’acqua di rosa. Ecco perché occorre prenotare con largo anticipo le crociere estive del plenilunio: silenzio assoluto venato dallo sciabordio dell’acqua, le lucciole tra le canne e le praterie, il tappeto rosa nella valle, il corteo degli aironi. Nel paesaggio da Madame Butterfly, lo sciabordio dell’acqua canta la romanza “Un bel dì vedremo”.
Grazie di Curtatone
Un imbarco per le “Valli del Mincio” – la wetland interna più vasta e preziosa d’Italia, riconosciuta destinazione EDEN d’Eccellenza insieme ai borghi rivieraschi di Rivalta, Soave e Grazie – si trova scendendo dalla scarpata retrostante il Santuario delle Grazie a Curtatone. Sfilata di prodigi, illustrati in manufatti resi preziosi e unici non dai materiali o dagli autori, ma solo dalla fede. Gli ex voto, voce della pietà popolare, ricordano la drammaticità di eventi naturali, la fatalità che colpisce impietosa, la debolezza della condizione umana, salvata dalla Provvidenza. È l’immagine della tragedia la protagonista raffigurata nelle tavolette votive; il ringraziamento per l’avvenuta salvezza è il messaggio eterno racchiuso negli oggetti, donati alla Madonna, come testimoni di episodi straordinari. Immenso e originale è il patrimonio dei memorabilia alla Madonna delle Grazie. Francesco I Gonzaga fece costruire il sacro edificio nel 1399 come voto alla Madonna, mentre la peste imperversava in città. L’interno è davvero unico: le pareti laterali sono ricoperte da una teoria di statue polimateriche di nobili pellegrini, di popolani in preghiera o di miracolati sopravvissuti a incidenti e persino a pene capitali. Dal soffitto pende un coccodrillo impagliato ( il drago, il diavolo sconfitto?) mentre ovunque si scorgono ex-voto anatomici e pittorici come mani, occhi, seni, bubboni, guariti dall’intercessione mariana. E’ un santuario di tale importanza da ospitare cappelle funerarie delle famiglie illustri di Mantova, come quella creata da Giulio Romano per il letterato Baldassarre Castiglione. Custodita in un tabernacolo sull’ altare maggiore si trova l’effige del XV secolo della Madonna delle Grazie, dipinta nei modi della tradizione bizantina. Compongono l’arredo pittorico opere di Giuseppe Bazzani, Lorenzo Costa il Giovane, Anton Maria e Giovan Battista Viani, Francesco Bonsignori, Francesco Borgani e Lattanzio Gambara. Il Sagrato del santuario – altro motivo di celebrità – ospita a ferragosto il concorso nazionale dei Madonnari, virtuosi dell’arte effimera del gessetto, a cui è dedicato un Museo locale che conserva capolavori unici di Maestri Madonnari.
Rivalta sul Mincio
In questa frazione del comune di Rodigo, tutto ricorda “el Mens”, da cui gli abitanti traevano sostentamento praticando la pesca e la raccolta della canna palustre e del carice. Proprio qui l’autorità del Parco ha voluto insediare il Centro Parco e il Museo etnografico dei mestieri del fiume, ricavato in un antico edificio rurale completamente ristrutturato, il loghino Ariello, che si affaccia sulla riva di un’ansa del fiume, nel cuore della Riserva Valli del Mincio. Il percorso espositivo illustra la geomorfologia del territorio; la storia della presenza dell’uomo fin dalle palafitte; la vita domestica legata alle risorse del fiume. Appostamenti per la caccia, attrezzi e barche da pesca, strumenti e imbarcazioni utilizzati per la raccolta della canna e della carice e un’importante sezione dedicata alla costruzione e riparazione delle barche raccontano il lavoro dell’uomo nella palude. Ampio spazio espositivo è dedicato anche alla flora e alla fauna della Riserva. Un ostello adiacente al Centro Parco offre la possibilità di pernottamento e fornisce vari servizi quali biblioteca, sala polivalente, bar tavola calda e noleggio di biciclette e canoe.
Monzambano
Incuriosisce, percorrendo la vecchia via feudale che conduce al castello sul colle, incontrare incastonate nel muro piante di cappero, ancora fiorite in ottobre, visione gentile rispetto alla severità di quattro torri e due masti mentre il leone alato della Serenissima campeggia proprio su una torre. Suggestivo il percorso pedonale “Dal castello al fiume”, che attraversa il territorio di questa “Città dell’olio e del vino”, incastonata tra le colline moreniche a sud del Garda.
Castellaro Lagusello
Inserito nel club dei Borghi più Belli d’Italia e Bandiera Arancione del Touring Club, Castellaro Lagusello riassume nel suo castello del 1100-1200 una storia millenaria: edificato dagli Scaligeri finì in possesso dei Visconti, poi dei Gonzaga e infine della Serenissima Repubblica di Venezia. Eretto su un’altura sopra un laghetto a forma di cuore, conserva pressoché intatte la cinta muraria, quattro torri, alcuni tratti del camminamento di ronda e due case rustiche medievali. La sua Riserva naturale spazia dai colli morenici alla conca lacustre a forma di cuore mentre all’interno si trova il sito archeologico Unesco di Castellaro Lagusello, che ha restituito palafitte dell’età del Bronzo.
Solferino
Ascoltare la voce della storia permette di tramandare la cultura materiale facendola divenire memoria collettiva, nel rispetto dell’identità locale. Succede anche a Solferino, dove il museo storico dell’esercito austriaco, francese e italiano, riunisce le nazionalità sotto il motto: “A noi il ricordo a voi l’immortalità” scritto in francese. La sede di rappresentanza della Croce Rossa e la scritta “inter arma caritas” ricordano che qui l’orrore della battaglia risorgimentale (24 giugno 1859) generò la compassione dello svizzero Henry Dumant. Ancora una salita e sulla cima del parco frondoso sta la Spia d’Italia con le crude memorie belliche, stemperate dalla dolcezza dei panorami e dalle illusioni prospettiche: le coste bresciane e veronesi, viste dalla torre, si incrociano all’altezza di San Vigilio e perfino il Baldo e le coste alte e scoscese del bresciano si toccano fino a sovrapporsi.
I pendii della buona ospitalità
Se tortelli di zucca, agnolini di carne e capunsei al burro fuso, riso alla pilota o con la psina, bìgoi con le sardele e maccheroni al torchio con lo stracotto d’asino sono i tipici, rinomati primi piatti delle terre del Mincio, sapori di sintesi fra tradizione contadina e cucina gonzagesca, non è da trascurare il luccio in salsa, servito ovunque. Conclude in dolcezza la sbrisolona, torta di territorio insieme all’elvezia, alla greca e alla torta di S. Biagio, prodotto DECO realizzato con mandorle autoctone delle colline nei dintorni di Cavriana. Ricca e varia la carta dei vini dell’Alto Mantovano. Tra i rossi, i vitigni più diffusi sono il merlot e il cabernet, spesso assemblati in vini che richiamano lo stile d’Oltralpe e, non di rado, affinati in legno. Sta prendendo sempre più piede la vinificazione in rosato, per la produzione del Chiaretto, a due passi dal celebre Chiaretto del Garda. Quanto ai bianchi, sui colli la fanno da padroni chardonnay, pinot bianco e pinot grigio, cui si aggiungono sauvignon blanc e garganega. Una produzione cresciuta soprattutto negli ultimi anni è quella degli spumanti brut, in gran parte a base di chardonnay e di pinot nero vinificato in bianco. Conclude felicemente il pasto un vino passito: Volta Mantovana, ogni fine aprile, dedica ai passiti una mostra nazionale annuale. Estesi su più di mille ettari collinari, dal 1976 i vigneti delle colline moreniche sono riconosciuti con il marchio DOC “Garda Colli Mantovani”: si identificano i Doc Rubino e Chiaretto, il Bianco e i Garda a bacca bianca e bacca rossa. La produzione vinicola in queste zone ha origini antichissime: le prime testimonianze dei “vini retici” – così denominati da Plinio e Virgilio – risalgono a ben 25 secoli fa .
Dove fermarsi
Gli agriturismi sono come il sale sulla terra, nel Parco del Mincio, e pure le cantine e le aziende agricole. Ecco qualche segnalazione di sicuro interesse.
Agriturismo Corte Settefrati – Situato a Rivalta, accogliente nell’ospitalità e sfizioso nei menù, è base strategica per gli spostamenti nella Riserva del Mincio.
Cantina Ricchi di Monzambano – Le cultivar sono quelle tipiche delle colline moreniche mantovane: Cabernet Sauvignon e Franc, Merlot, Chardonnay con qualche integrazione di vitigni autoctoni come la Garganega e la Rondinella. Oggi il brand Ricchi si sta affermando anche come realtà spumantistica di pregio.
Olivocoltura Ferri – Si trova sulle colline di Monte Oliveto e di Monte dei Fiori, nei comuni di Monzambano e di Volta Mantovana. Si propone con un unico prodotto disponibile in quantità limitata ogni anno: un olio extravergine di grandissimo pregio, unico nella provincia di Mantova ad avere ottenuto la doppia certificazione di prodotto biologico e di olio DOP Garda Orientale.
Apicoltura Ferri – Paolo Ferri è un giovane agricoltore che si dedica alla produzione biologica di olio, vino, ortofrutta e miele. Nella sua proprietà, in località Case Vecchie di Monzambano, è presente una stazione del Progetto “BeeNet” per il monitoraggio dello stato di salute del patrimonio apistico locale, importante indicatore della salubrità dell’ambiente di riferimento e degli ecosistemi che lo compongono. Le dieci arnie collocate tra le vigne e gli ulivi dei Monte Uliveto rappresentano un importante tassello di questa delicata, preziosa e poco conosciuta operazione.
Azienda agricola Tosi Gianfranco – Gianfranco Tosi, agricoltore di lungo corso e di provata esperienza, coltiva quasi 5 ettari di succosi kiwi a Monzambano. Negli ultimi anni si è assistito ad un aumento della richiesta di frutti, con tre quarti della produzione che vanno all’estero. È una coltura che ha bisogno di tante attenzioni e vale la pena di conoscere da vicino e toccare con mano.
Azienda agricola Solimago- All’interno della tenuta Costanza-Fattor, le sorelle Licata hanno fatto nascere l’agriturismo Solimago nel cuore di Solferino, ai piedi della leggendaria “Spia d’Italia”. A Solimago maturano uva rossa Merlot e Cabernet D.O.C., bianca da vitigno Tokay, olive, frutta, orticole, erbe aromatiche, grano. Si producono pane integrale fatto in casa, confetture e succhi di frutta artigianali, olio extra vergine e olive in salamoia. Dal momento che in Azienda si pratica una dieta vegetariana, non vengono allevati animali.
Info: Parco Regionale del Mincio www.parcodelmincio.it, www.terredelmincio.it
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