Trentino di nascita, veneto d’adozione, piemontese e friulano per scelta commerciale, toscano per elezione. Potrebbe essere la storia di un podere, di un marchio, di un enologo-viticoltore o tutt’insieme. Ciò che conta è proprio quel “tutt’insieme” in cinquant’anni di cura dei vigneti, delle cantine, della conquista di nuovi mercati, assecondando i gusti mutevoli dei consumatori o educandoli alle novità in fatto di colori e sentori dei vini prodotti.
Seiterre
Il protagonista di questa storia enoica è Luigino Rizzi, enologo e proprietario dell’Azienda Seiterre, che in modo civettuolo gli amici chiamano – e lui se ne compiace – Gigi Rizzi, come l’amateur italiano che conquistò Brigitte Bardot.
Si sa che dietro i vini ci sono persone tenaci e creative, sensibili e determinate, donne e uomini che sanno scrutare il cielo, conoscono i ritmi circadiani e studiano per stare al passo con le curve dei mercati, sorrette dalla buona e cattiva sorte, che si rincorrono come il Tao della fisica. Seiterre è il marchio che contrassegna nove aziende ubicate, appunto, in sei zone regionali, con circa 350 ettari di proprietà coltivati a vite dal Piemonte nella Tenuta Montebello al Friuli col Podere del Gal, dal Trentino con Maso Bianco alla Toscana con Podere Sassoscritto e Poggio Le Capannelle, dalla Valpolicella nei vigneti di Ca’ del Lupo fino alle soleggiate colline ai piedi del lago di Garda con Tenuta Fantona e Tenuta San Leone, la più grande, che si trova come Ca’ Dei Dossi nel veronese. Quest’ultima funge da centro logistico di oltre 30 negozi distribuiti tra Veneto e Lombardia, che garantiscono la filiera corta. Fin dall’85, lo slogan della famiglia Rizzi è stato “dalla terra alla tavola”, tracciabilità, appunto. Dopo decenni di attività, Gigi si è concesso top di gamma in edizione limitata: al Lugana Superiore Doc N. 01 Collection Gigi Rizzi che ha vinto prestigiosi premi internazionali, segue ora “Collection N°02”, un Sangiovese Toscana Igt frutto della vendemmia 2017 nella tenuta Poggio Le Capannelle.
Collection N°02 Sangiovese
Nasce da un vigneto nel cuore della Maremma toscana e si affina in barrique di legni pregiati a diverse tostature. Come previsto fin dalla scelta dell’uva e dalla scrupolosa vinificazione, ne risulta un Sangiovese equilibrato, armonioso e di spiccata personalità, con sentori fruttati di ciliegia, mora prugna, amarena, note di violetta e peonia, fino alle spezie nere e alla vaniglia maturate in barrique, tannini morbidi e avvolgenti, un vino persistente che darà a lungo soddisfazione. Anche perché, grazie alla sua complessità olfattiva e gustativa, accompagna con brio primi piatti importanti a base di carne, secondi a base di carne rossa e selvaggina a pelo, che in Maremma vuol dire cinghiale. “La Collezione è la massima espressione che concretizza ogni discorso che si fa sul vino, e rispecchia l’origine dei concetti agronomici: uva bona, vin bon!” esclama Gigi Rizzi. Il cuore di questo Sangiovese? “E’ un butero, un maremmano” declama l’enologo-proprietario, esponente di quarta generazione di una famiglia impegnata e innamorata del vino.
Tutto iniziò da un vigneto adiacente ad un bosco ad Avio, coltivato da nonno Giambattista quando il mezzo di locomozione erano i buoi e il Trentino era il Sud Tirol: un combattente della Prima Guerra mondiale con divisa austriaca, che tornò dalla Russia a piedi in un anno. Papà Remo comprò un trattore, con il quale non poté arrampicarsi sul pendio, quindi coltivò solo le vigne con minor pendenza. Negli anni Quaranta, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, che lasciò tante macerie, ricostruì, in maniera rocambolesca, Maso Bianco a Borghetto, al confine fra Trento e Verona. Con che cosa armò il cemento? Con il filo spinato, residuo bellico! Ma l’autostrada Modena Brennero- siamo negli anni ’59-’60 del Novecento – centrò in pieno tre vigneti. Fu allora che la famiglia con la mitica nonna Clara che ai suoi tempi andava in moto indossando pantaloni alla zuava, si trasferì nella pianura veronese, a Bovolone, sede del quartier generale di Seiterre. A fare il vino lì? Chiedo curiosa. “Sì, mio padre intuì che laddove si coltivava tabacco, non grandinava e i terreni assicuravano buona gradazione grazie al calore irradiato dalla loro composizione sabbiosa”.
La storia continua e si arricchisce di nuovi capitoli, che racconterò in un’altra puntata www.seiterre.com