Complice il lockdown, la street art oggi è tornata in primo piano. L’arte di strada, sinonimo di libertà, è gratuita e aperta a tutti. A Milano, la mia città, ho scoperto quartieri a me sconosciuti, come l’Ortica e la Barona, e altri noti, quali l’Isola e i Navigli, rivitalizzati da coloratissimi murales.
L’Isola, quartiere oggi definito trendy, ai piedi dei grattacieli di Porta Nuova, può essere un buon inizio per andare in cerca di street art nel centro di Milano. La giornata è bella, s’incomincia a respirare aria di primavera, così decido di andarci in bicicletta. Attraverso il parco Sempione, e da lì proseguo per Corso Garibaldi, zona pedonale, sempre piena di curiosità. Da qui corso Como, piazza Gae Aulenti, dove imbocco la ciclabile a sinistra della piazza, proseguendo, alla fine della discesina, ancora a sinistra.
Eccomi all’Isola. Di fronte mi si para davanti l’ultimo capolavoro degli Orticanoodles, nome d’arte di Wally e Alita, compagni nel lavoro e nella vita. Copre il lato di un vecchio edificio e rappresenta la ballerina Aida Accolla, spesso modella del grande artista Messina con Carla Fracci e Luciana Savignano. Indubbiamente bellissima, colorata, creata con la tecnica dello stencil, il murales rivela capacità artistiche e creative di grande qualità. Gli Orticanoodles, oggi, fanno parte degli street artist conosciuti non solo in Italia, ma in tutto il mondo. Il nome è presente nell’Enciclopedia Treccani. La loro impresa più famosa è la rivalutazione attraverso i murales del quartiere dell’Ortica, zona Lambrate, dove hanno il laboratorio e dove nasce il loro nome d’arte.
Se fino a qualche anno fa gli “imbratta muri” lavoravano in clandestinità, nel buio della notte, oggi la street art, nata come forma di contestazione, erede dei writer degli anni ’60, si sta trasformando in un mezzo per riqualificare aree urbane degradate, in accordo con l’amministrazione pubblica. Il Comune nel 2015 ha firmato un patto con i writer, mettendo a disposizione oltre cento muri, dove agire in totale libertà.
In bici in pochi minuti raggiungo via Pepe, punto di partenza per il giro all’Isola. Il primo impatto col quartiere è gradevolissimo. Un cancello in ferro aperto con l’incisione Isola Pepe Verde invita ad entrare in un giardino self made, quasi casalingo direi. Un’oasi di pace, dedicata agli abitanti del quartiere, che qui si ritrovano a sferruzzare o a leggere un libro.
Il punto di partenza per la full immersion nella street art dell’ Isola è l’uscita della fermata metropolitana Stazione Garibaldi di via Pepe. Colori, storie, scritte, immagini straordinarie rallegrano chi percorre il sottopassaggio, un tempo grigio e triste.
A dare il via con successo all’operazione di riqualificazione nel 2011, il progetto Escoadisola e Nuova Acropoli.
All’ingresso della scala un allegro murales di MrBlob porta in scena un vicolo di Taranto, la sua città natale. Un’immagine divertente, sprint, con una bella ragazza in primo piano. Blob, classe 1988, writer dall’età di 13 anni, arriva a Milano nel 2011, alla ricerca di tutti i muri possibili per esprimersi, deciso a emergere in questo settore. Il successo l’ha premiato. Mr Blob, oggi lavora anche a New York e le sue opere sono subito riconoscibili.
Questo è il plus di ogni street artist: creare uno stile personale, che lo distingua da tutti gli altri.
Ogni writer ha la sua storia. Massimo Mion, altro importante protagonista del sottopasso, è un ingegnere elettronico impegnato a gestire il patrimonio immobiliare dell’Università di Venezia. Per lui la street art è un hobby. Alla creatività ha unito il rigore dell’ingegnere, indispensabile per farsi strada in poco tempo. Riconoscibile per lo stile e l’uso del colore nero e rosso, un pò misterioso, sognatore e romantico usa la tecnica dello stencil, come il suo mito, Banksy, lo street artist inglese più famoso del mondo, di cui ancora oggi non si conosce l’identità. La sua opera più bella nel sottopasso è Una Passeggiata nel deserto del Monument Valley.
Il giro prosegue piacevolmente in via Carmagnola con i misteriosi personaggi tatuati intorno al negozio di pellami. Qui torniamo indietro negli anni, quando la street art non aveva scopi sociali, ma era soltanto un modo di esprimersi dell’artista, spontaneo e misterioso. Niente firma, ma semplicemente la dedica del writer: 2007 a Chiara..
Il vicino piazzale Archinto e via della Pergola sono tra i must del quartiere. Si parte dalla Madonna di Guadalupe nel centro della piazza dei mitici Ozmo e Zibe, per girare l’angolo e scoprire tanti artisti che si contaminano tra loro, come si dice in gergo, in un susseguirsi d’invenzioni colorate.
Passeggiando per le vie, guardatevi intorno. Gli street artist lasciano la loro impronta ovunque, sulle cassette dell’energia elettrica, ma anche sugli angoli delle strade, come nella vicina via Strabone, particolarmente gettonata dai writer. Sui muri scrivono i tag, cioè le loro firme, come forma di identità.
Prima di entrare da Frida, in via Pollaiuolo, gettate un’occhiata al cancelletto vicino. Se guardate con attenzione, scoprite una ragazza dai lunghi capelli neri, firmata Alic’è. Si tratta di un’opera di Alice Pasquini, classe ’80, famosissima nel mondo virale degli street artist, perché con i suoi murales è riuscita far rivivere il piccolo borgo di Civitacampomarano, in provincia di Campobasso, trasformandolo in un’appetibile meta turistica.
Da non perdere, in via della Pergola, la poeticissima storia del Piccolo Principe, con i temi ripresi dal romanzo di St.Exupéry: la rosa, il baobab, l’aviatore. L’autore qui è ignoto.
Il must del quartiere è Frida, in via Pollaiuolo, un bistrot alternativo, molto frequentato dagli artigiani della zona e dai giovani. A dominare il cortile l’Arnold, il faccione in bianco e nero di Zibe. Di fronte, avvolta dalle foglie di edera, spunta il viso di una donna di Willow. Le due opere più interessanti, sono i due personaggi di Zibe&Nabal, artefici del pensiero liquido, rappresentato dai cervelli in primo piano e in movimento dei protagonisti.
Tra poco, spero ardentemente, Frida riaprirà i suoi battenti, e tutto il quartiere rivivrà all’insegna dell’arte di strada e dei giovani.
contributi fotografici di Silvana Rizzi