La cura della biodiversità con antichi metodi e strumenti all’avanguardia è la filosofia produttiva di Inama; i grandi piemontesi di Ricossa affacciati sull’anfiteatro del Patrimonio Unesco; dalla sbornia biblica di Noè alle moderne boutique wineries di Israele
L’approccio etico di Inama
Quali sono le procedure e le attenzioni per esaltare la biodiversità spontanea e ottenere vini di maggiore ampiezza gustativa e complessità, di cui oggi tanto si parla? lo spiegano Matteo, Alessio e Luca Inama, la terza generazione della famiglia attiva nella produzione vinicola, che ha affinato una particolare sensibilità per la vite e il vino.
L’azienda comprende sessanta ettari vitati, suddivisi tra suolo di natura vulcanica presente nella zona veronese del Soave Classico, e suolo calcareo- limo argilloso rosso dei vicentini Colli Berici, sezionati e studiati in modo rigoroso, come spiegano i tre fratelli: «Negli ultimi dieci anni è stata adottata una viticoltura di precisione. Ogni vigneto è stato micro-parcellizzato, analizzato nelle composizioni del sottosuolo e nel comportamento delle viti, per identificare diverse aree di lavorazione al fine di ottenere uve estremamente espressive in ogni punto di ciascun vigneto». L’approccio etico verso un’agricoltura totalmente sostenibile dà i suoi frutti nel tempo e consente di raggiungere incrementi di vitalità del terreno, integrando antiche tecniche di lavorazioni dei suoli con l’uso di trattori di ultimissima generazione molto leggeri. In vigna è praticato un particolare sistema di potatura che consente di mantenere in salute le viti più datate, risalenti agli anni sessanta. Rese basse e un approccio biologico, combinati all’esaltazione della biodiversità spontanea, portano gli acini a sviluppare una buccia più spessa e ricca di aromi, direttamente percepibili nel vino. Il risultato finale? Un armonico equilibrio fra struttura, aromi e piacevolezza.
I piemontesi di Ricossa
Nel cuore del territorio patrimonio Unesco di Langhe Roero e Monferrato, i vini della cantina Ricossa raccontano classicità, stile e identità dei grandi piemontesi.
La superficie vitata si stende su 120 ettari; il centro vitale si trova a Castel Boglione in provincia di Asti con la tenuta Ca’ dei Mandorli, dove le viti ricamano un anfiteatro naturale di grande bellezza. E, proprio qui, si trova la cantina Ricossa Antica Casa dotata di una suggestiva barricaia per l’affinamento dei suoi vini classici piemontesi e l’immancabile spazio di degustazione con vista sui vigneti. La cantina Ricossa Antica Casa – realizzata nel 2004 dotata delle più moderne tecnologie produttive – fa parte del gruppo Mondodelvino Spa; le origini del suo nome risalgono alla fine del 1800 e sono legate ad una piccola distilleria fondata dalla famiglia Ricossa alla periferia di Asti (www.mondodelvino.com). I prodotti Ricossa, distribuiti in 45 paesi nel mondo, vantano grandi vini come il Nizza DOCG “Cà dei Mandorli” (100% Barbera), prodotto simbolo del territorio; l’Acqui DOCG Rosè “Sei Anime” (100% Brachetto); la Barbera d’Asti DOCG Superiore, il Barolo DOCG Riserva, il Barbaresco DOCG Riserva, il Roero Arneis, l’Albarossa e la Barbera Appassimento Piemonte DOC. Quest’ultimo è ottenuto attraverso la particolare tecnica dell’appassimento dei grappoli che l’azienda Ricossa è stata la prima in Piemonte ad utilizzare nella vinificazione della Barbera. All’interno della tenuta Cà dei Mandorli, Ricossa dedica la sua splendida terrazza con affaccio diretto sui vigneti di “Noceto di sopra” a spazio di accoglienza turistica, nel circuito dei percorsi turistici ed enogastronomici del territorio.
I vini multiculturali di Israele
La prima sbornia citata in letteratura è quella biblica di Noè. Da allora, il vino continua ad essere espressione di civiltà e piacevolezza, prodotto in lungo e in largo sui terroir di Israele, dalle alture del Golan, alle colline della Galilea fino al deserto del Negev (www.goisrael.com). Israele è una delle più antiche zone al mondo di produzione di vino, come raccontano le numerose testimonianze archeologiche sparse in tutto il Paese. Basti pensare alla cantina ritrovata a Tel Kabri nel 2013 con 50 giare perfettamente conservate o al torchio rinvenuto più di un anno fa nel parco di Korazim, risalente a un periodo tra il IV e il VI secolo a.C. Non a caso la vite è divenuta un simbolo di Israele e del Ministero del Turismo. L’imprenditoria moderna del vino nasce sul finire dell’800, grazie all’intuizione del barone francese Edmond James de Rothschild, che investì molti dei suoi averi nella cittadina di Zichron Ya’akov acquistando numerosi terreni sui quali fondò la Carmel Winery, una delle cantine più importanti del Paese, nata dall’importazione di vitigni francesi. Vicino alla cittadina è possibile visitare il Museo della storia del vino. Da allora è nata una rete di produttori autoctoni che oggi conta un’industria da 65 milioni di bottiglie, prodotte da circa 400 aziende vitivinicole. Il vino israeliano si apprezza in boutique wineries presenti in tutto il Paese: si tratta di piccole realtà locali in grado di produrre vini di qualità a prezzi accessibili e offrono ai propri visitatori tour guidati, degustazioni e tante altre attrazioni e servizi. Questa frammentazione del tessuto produttivo ricalca l’esistenza di svariati microclimi, che vanno dalla neve del Monte Hermon fino al clima desertico del Negev. Le aree più note per la produzione del vino sono il Golan (da dove tutt’oggi provengono alcuni tra i migliori vini di Israele), la Galilea, la Samaria, Samson, le colline della Giudea e, sorprendentemente, anche il Negev, dove un forte sviluppo tecnologico ha permesso di portare vita nel deserto, con diverse varietà di vitigni, tra cui Cabernet e Merlot. Tra le agenzie turistiche più note spicca Vinspiration, la società di Guy Haran che organizza tour enologici in tutto il mondo e che ha, ovviamente, incluso anche la natìa Israele.
(https://vinspiration.co.il/en/israel/)