La voglia di viaggiare non si ferma. In un presente ancora difficile ma con cautela e distanziamento, si può vivere la gioia di immergersi nella natura lontano dalla grande città. L’Appennino è una meta tutta da scoprire, un posto che appare selvaggio, impenetrabile, disabitato. Invece fra le pieghe dei suoi calanchi, fra fitte foreste e verdi altipiani si nasconde un mondo insospettabile fatto da una popolazione di artisti, eroi e musicanti.
Testimonianze di un territorio da sempre conosciuto: tra Bologna e Modena passava un confine, quello tra gli stati pontifici e il ducato estense. Terre ricche, terre di castelli, terre dove il fascino dei borghi antichi s’intreccia con storie di vita e di uomini, antiche tradizioni e leggende.
Divagando in questa parte della regione, due paesaggi sono sempre presenti e si guardano l’un l’altro. Dalla pianura le colline si alzano divenendo azzurre in lontananza, quando ormai sono montagna; dal margine delle alture, il piano, con verde a perdita d’occhio, intersecato da acque, punteggiato di case, paesi, fabbriche. La pianura è un disegno geometrico di strade che s’incrociano e moltiplicano fra gli abitati; gli ordinati filari della grande vigna del Lambrusco lasciano il posto ai frutteti che affollano la campagna, man mano che si entra nella valle del Panaro. Fra i ciliegi di Vignola si staglia sull’altura la Rocca, monumentale nel suo aspetto fiero e integra come immutata nel tempo. Nel periodo medioevale Vignola si sviluppò come castello, posto a controllo della via Claudia. Il feudo passa dal dominio vescovile a quello del podestà, per poi essere donato dalla famiglia d’Este ai Contrari, che lo reggono per due secoli, per poi venderlo nel 1577 ai Boncompagni.
L’interno della Rocca è profusamente affrescato: i saloni del piano nobile, dove si svolgeva la vita privata dei signori, si succedono mostrando stemmi e immagini cavalleresche che ricoprono tutte le pareti e il soffitto. La piccola cappella dei Contrari, incastonata fra le stanze private signorili, è un folgorante gioiello dell’arte tardogotica italiana; i suoi preziosi affreschi dai vividi colori descrivono scene sulla vita di Cristo e di Maria. La cura e la gestione della Rocca è affidata alla Fondazione di Vignola, che si occupa dello studio e della ricerca documentale e organizza eventi e visite.
Lasciati i ciliegi in fiore si prosegue per colline, vigneti e borghi antichi di poggio in poggio fino a raggiungere Monteveglio. Il grande torrione merlato, solitario superstite dell’antica Rocca della Cucherla, si erge a testimone dello scampato assedio, grazie ad una abbondante nevicata, quando nel 1527, i Lanzichenecchi calarono per il sacco di Roma. Delle altre torri, mura e costruzioni fortificate restano solo poche tracce, mentre ben conservata resta l’Abbazia di Santa Maria, il più importante monumento di Monteveglio. Il monastero, fondato da Matilde di Canossa nell’XI secolo, nel corso dei secoli ha visto diversi rimaneggiamenti fino al restauro avvenuto in tempi recenti, che l’ha riportato all’architettura originale. All’interno, una vasta cripta ricoperta da affreschi, sostiene la chiesa ove si mostra un prezioso crocifisso in legno del ‘400.
L’ Appennino va esplorato dentro le valli, salendo le pendici, avvicinando le cime tra faggi e castagni e scoprendo i meravigliosi paesini che conservano tutto il sapore di un mondo agreste e genuino. Tolè è una piccola frazione di Vergato, annidata sulla cima di una collina, dove al fresco dell’aria si aggiunge la piacevolezza delle viste panoramiche. La particolarità del luogo sono i suoi bei quadri e dipinti che riempiono i muri esterni delle case del paese. La popolazione tutta è stata coinvolta in una corale attività pittorica e artistica chiamata Artolè; si tratta di una manifestazione nata per arricchire di bellezza e cultura questo incantevole e speciale paesino da favola.
Di valle in valle, scendendo e risalendo si staglia alla vista la sagoma innevata del Monte Cimone, il più alto dell’Appennino Settentrionale. Dalla cima di questo monte si ha uno dei panorami pin vasti che si possano trovare nel nostro paese: il crinale dell‘Appennino, la pianura che giunge alle Alpi, il mare della Toscana. Si conclude il viaggio nel Frignano, il nome deriva da popolo di Liguri, i Friniati, che nella media montagna del Modenese ebbe sempre una propria autonoma configurazione.
A Pavullo tappa d’obbligo è la Casa Museo Covili, dove visse e s’ispirò il famoso pittore emiliano. “E’ il posto dove nascono i pensieri, che poi crescono e diventano disegni e poi colori e poi quadri e storie da raccontare”, con queste parole Gino Covilli spiegava il suo centro del mondo. Nella sua casa, immersa nel bosco e nella natura, sono nati i suoi quadri dal grande potere emozionale ed evocativo. Cicli pittorici dedicati alla natura e agli animali, agli eroi e agli emarginati, grandi tele dai vividi colori con un carnevale o una processione. Questo luogo è davvero straordinario, uno spazio sorprendente dove nelle grandi stanze o negli angoli nascosti si scovano le opere del pittore, che convivono assieme ai suoi mobili e agli oggetti a lui più cari; durante la visita la musica, i suoni e le luci svelano un percorso emozionale al visitatore, rapito dalla immensa espressività di quei quadri ove pare immergersi dentro www.coviliarte.com
Informazioni turistiche https://www.bolognawelcome.com/
Contributi fotografici di Stefania Mezzetti