A Milano appena in tempo per la collezione Thannhauser, Canova e Thorvaldsen illuminano le Gallerie d’Italia, alla Galleria milanese GiòMarconi ritorna Mario Schifano
Avete tempo fino al primo marzo! Non oltre…
Intendo dire per vedere “La mostra Guggenheim. La collezione Thannhauser, da Van Gogh a Picasso” a Palazzo Reale a Milano (www.palazzorealemilano.it). Ne vale la pena, sia per scoprire la storia della famiglia Thannhauser (da leggere attentamente sui pannelli iniziali), che per ammirare i più importanti capolavori della collezione Thannhauser del Guggenheim, giunti per la prima volta in Europa. La mostra, promossa dal Comune di Milano e da MondoMostre Skira, racconta la passione per i grandi maestri impressionisti, post impressionisti e delle avanguardie dei primi del Novecento di Justin Tannhauser e della sua famiglia. La loro storia è la vicenda dei grandi mercanti d’arte ebrei, come il celebre Rosenberg, che tra gli anni ’10 e gli anni ’30 del secolo scorso, intuendo il successo di un’arte potente, diversa e moderna, hanno aperto gallerie d’arte in Europa, da Lucerna a Monaco, a Berlino, a Parigi, presentando artisti innovativi per quei tempi, finchè le leggi razziali non li spingono a lasciare il vecchio continente per New York. La vita di Justin trascorre tra alti e bassi, il figlio maggiore muore in guerra, il secondo suicida negli anni ’50, come la prima moglie qualche anno dopo. Justin non si arrende, si risposa, e nel 1963 decide di donare la sua intera collezione al Guggenheim, dichiarando “l’opera di tutta la mia vita trova infine il suo significato”. In mostra scorrono capolavori, tra cui una donna allo specchio di Manet, l’uomo a braccia conserte di Cézanne, il palazzo Ducale di Venezia visto da San Giorgio di Monet, o, ancora, lo stupendo Moulin de la Galette, eseguito da Pablo Picasso nel 1900, dove l’artista, giovanissimo, scopre il fascino vistoso della vita notturna di Parigi. A rendere ancora più affascinante la mostra, ecco documenti, foto di case e appartamenti di Justin a Parigi e a New York, testimonianze dell’amicizia con gli artisti. Primo fra tutti Pablo Picasso, che in onore del secondo matrimonio di Justin con Hilde, dona alla copia l’opera “Aragosta e gatto”.
A Milano per innamorarsi: Canova e Thorvaldsen
Fino al 15 marzo, quindi ancora per poco, ci si illumina d’immenso con la spettacolare mostra “Canova/Thorvaldesen. La nascita della scultura moderna” alle Gallerie d’Italia (www.gallerieditalia.com). A confronto due archistar della scultura: l’italianissimo Antonio Canova di Possagno (1757-1882) e Berthel Thorvaldsen, danese nato a Copenaghen (1770-1844). I due s’incontrarono a Roma, dove Canova era già conosciuto, e Thorvaldsen, giunto per studiare arte, raggiunge ben presto la fama. Amici e nemici, entrambi appassionati del mitico bianco di Carrara, entrambi imbevuti e appassionati di arte classica. Più innovativo e espressivo Canova, che studia la luminosità del marmo alla luce della candela, ama levigarlo e renderlo quasi trasparente nella sua vitalità; più tradizionale e aderente ai canoni della scultura classica forse Thorvaldsen. Nel salone centrale delle Gallerie d’Italia, si gira intorno alle Tre Grazie di Canova e di Thorvaldsen, si osservano le differenze e, perché no, s’impara a riconoscerli. Un’occasione straordinaria per ammirare i due artisti uno accanto all’altro, entrambi affascinati dall’antico, ma nello stesso tempo volti alla modernità. La palma va al nostro Canova. Non si può che dire così di fronte all’espressività ed emozione dei volti canoviani….
Da non perdere, assolutamente, il filmato in un piccolo salotto, sulle tecniche artistiche di uno e dell’altro.
Mario Schifano: ve lo ricordate?
Fino al 20 marzo, la galleria milanese GiòMarconi, via Tadino 20 (www.giomarconi.com), riporta in scena Mario Schifano con la mostra “Mario Schifano. Qualcos’altro” dedicata a un nucleo di monocromi compresi tra il 1960 e il 1962, in collaborazione con l’Archivio Mario Schifano (1934/1998).
Solo due parole su Schifano, con Franco Angeli e Tano Festa uno dei maggiori esponenti della Pop Art italiana, appassionato studioso di nuove tecniche pittoriche, tra i primi ad usare il computer per creare opere d’arte. La mostra è interessante e rivelatrice di come Mario Schifano è stato capace di anticipare i tempi. Schifano, infatti, con i suoi monocromi vuole azzerare la superficie del quadro, ma anche proporre un nuovo modo di vedere e di fare pittura. Si tratta di quadri molto originali, con una sola tinta o al massimo due. Osservando le opere esposte, ci si trova davanti a nuovi spazi da indagare, un modo di fare arte diverso da quello che girava nei lontani anni ‘60. Da vedere per chi amava Mario Schifano!