“…Dalla Torre cade un suono di bronzo: la sfilata prosegue tra tamburi che ribattono a gloria di contrade….. lo stupore invade la conchiglia del Campo….”
Franca Dell’Arciprete
Così Eugenio Montale raccontava lo spettacolo unico del Palio di Siena, che incanta sempre italiani e stranieri per i colori, la spettacolarità, il tifo delle contrade, lo scatenarsi della folla quando il fantino porta alla vittoria lo stendardo.
Siena è la città del Palio, ma è anche, con tutto il suo centro storico, patrimonio dell’umanità dell’Unesco, una straordinaria città medievale, capolavoro di inventiva in cui gli edifici sono stati disegnati per adattarsi alla struttura urbana e formare un tutt’uno armonico con il paesaggio circostante.
Questa a grandi linee la motivazione del riconoscimento Unesco.
E Siena è davvero una città medievale, tutta trecentesca, la più unitaria e omogenea delle città toscane, sorta sullo sfondo di quelle colline che appaiono in decine di dipinti. Un miracolo di conservazione compatta, in cui l’unità del disegno originale ha conservato l’antico splendore.
Uno splendore che si è realizzato in pieno nel corso del Trecento, il periodo del gotico fiorito in cui Siena con i suoi ricchissimi mercanti era al centro del mondo. Qui arrivarono i grandi artisti dell’epoca da Duccio da Buoninsegna ad Ambrogio Lorenzetti a Simone Martini.
In quel periodo Siena assunse il suo aspetto più sontuoso nel ricchissimo Duomo, nella piazza del Campo, nella Torre del Mangia e nel Palazzo Pubblico, nei palazzi nobili e severi delle famiglie più potenti, come i Piccolomini, i Chigi, i Tolomei.
Tutto ruota intorno alla piazza del Campo dall’inconfondibile forma di conchiglia, dove i turisti si stendono per terra in libertà, contemplando il magnifico spettacolo, vicino alla fonte Gaia di Jacopo della Quercia.
Lungo vie lastricate, voltoni, loggiati, chiese in mattoni rossi o in pietra, slarghi improvvisi, dovunque il simbolo ricorrente della lupa di memoria romana nobilita le origini della città. Dovunque i simboli delle contrade che suddividono la città: mattonelle colorate, stendardi al vento, lampade ai muri.
Dovunque fotografie e ricordi delle edizioni storiche del Palio.
Nascoste tra i vicoli aperture improvvise su cortili o su minuscole piazzette, circondate da pareti vertiginose, quelle dei Castellari medioevali, che erano case-fortezza, stradine piene di negozi e botteghe in cui si possono comperare prodotti dell’artigianato locale o assaggiare i mitici cantucci o i Ricciarelli accompagnati da un bicchiere di Vin Santo.
L’altro cuore della città è piazza del Duomo che da solo merita il viaggio. Una facciata incrostata di decorazioni, imperdibile all’ora del tramonto, quando il sole brilla sui pinnacoli, sulle statue, sugli ori dei mosaici. Orgoglio dei senesi di ogni epoca e una delle massime espressioni dell’architettura romanico gotica, in gran parte opera di Giovanni Pisano. Ma è soprattutto l’interno quello che colpisce l’attenzione: il pavimento a commessi marmorei a colori e a sgraffio, a soggetto sacro e profano, è ricchissimo di sottili simboli iconografici, un’opera unica nella storia dell’arte che si può visitare solo in determinati periodi dell’anno, anche dai camminamenti in alto che offrono uno sguardo panoramico.
Sempre aperta invece, all’interno del Duomo, la libreria Piccolomini, uno splendido ambiente completamente affrescato dal Pinturicchio.
Esattamente di fronte al Duomo lo Spedale di Santa Maria della Scala, oggi centro polivalente ed espositivo, conserva le testimonianze dell’antico ospedale per i pellegrini della via Francigena. Centro di accoglienza, di ricovero e cura dei malati, testimonia negli affreschi, negli ampi spazi, negli enormi magazzini dalle volte a botte, nella strada interna che un tempo era percorsa dai carri, la vita incredibile di una comunità medievale che ancora oggi potrebbe insegnare al mondo il senso della misericordia e dell’ospitalità.
Proprio qui Siena ha ospitato il World Tourism Event, il salone mondiale del turismo nei siti Unesco, un importante incontro internazionale prezioso per la valorizzazione delle città d’arte e dei siti patrimonio dell’Umanità.
Impossibile descrivere con poche parole le straordinarie attrattive di Firenze il cui centro storico è stato riconosciuto tutto patrimonio Unesco, una creazione umana durata 6 secoli.
Firenze sembra una città-miracolo che per secoli ha rappresentato un faro di luce mondiale nel campo artistico, come se qui si fossero concentrati, appunto miracolosamente, tutti i più grandi artisti della parola, dello scalpello del pennello.
Strade, chiese e palazzi del centro storico raccontano ancora perfettamente l’influenza culturale ed economica che Firenze ebbe in Italia e in Europa, quindi nel mondo allora conosciuto fino al ‘500.
L’Unesco che da tempo ha riconosciuto la grandezza di Firenze ha voluto premiare come ultima acquisizione toscana le Ville e Giardini medicei.
Un insieme di 14 ville e giardini della famiglia Medici dislocati nella campagna toscana, che, con la loro armonia e compattezza, rappresentano un particolare modello di vita aristocratica di campagna.
Erano luoghi dove ci si dedicava all’otium, o tempo libero, alle arti, alle discussioni filosofiche, veri cenacoli culturali dove, a passeggio nei loggiati e nei giardini, si potevano incontrare accanto al signore tutti i più famosi intellettuali del tempo.
Il concetto di bellezza dell’uomo e del mondo sembra riflettersi esattamente in queste costruzioni, residenze estive fuori città, immerse nella quiete della campagna e delle colline toscane.
La Villa medicea di Poggio a Caiano, chiamata anche Ambra, è una delle più famose, forse il migliore esempio di architettura commissionata da Lorenzo il Magnifico a Giuliano da Sangallo verso il 1480, poi presa a modello per la tipologia delle ville.
Con i successori di Lorenzo i lavori furono completati con gli affreschi del salone dei più grandi maestri fiorentini dell’epoca, Pontormo e Andrea del Sarto.
Un’altra notevole Villa Medicea è quella di Artimino, chiamata anche La Ferdinanda o Villa dei cento camini, collocata su un poggio di fronte al piccolo paese medievale di Artimino.
Qui protagonista è il Granduca Ferdinando I de’ Medici, che durante una battuta di caccia scoprì questo poggio, in compagnia dell’ormai anziano architetto Bernardo Buontalentia cui fu affidata la costruzione. L’inconfondibile sagoma coronata dai numerosi camini domina la zona circostante, coperta da boschi e campagne, concepita simbolicamente come luogo da cui dominare la vista sull’intero granducato.
Nell’architettura della villa Buontalenti ripropone l’immagine di semplicità delle ville di un secolo prima, mentre molto più tardi fu realizzato sulla facciata principale un bellissimo scalone sospeso.
Famose all’interno le lunette dipinte dal fiammingo Giusto Utens con le vedute di 17 ville medicee, con una inconsueta prospettiva “a volo d’uccello”, e una immagine quasi fiabesca.
Per i ricercatori moderni diventano un prezioso documento dell’epoca e rappresentano un punto di riferimento obbligato per qualsiasi studio sulle ville medicee.