Il genio di Hopper a Bologna, l’anticipatore di Goya a Genova e i progressisti Macchiaioli a Roma
di Silvana Rizzi
Edward Hopper a Palazzo Fava
Una splendida e prosperosa ragazza bionda siede sul muretto di una casa americana dal tetto aguzzo. Accanto, un’anziana signora legge il giornale. I colori sono brillanti, i protagonisti perfetti, ma il dipinto di Edward Hopper(1882/1967) non trasmette gioia, bensì incomunicabilità e inquietudine. Oggi, fino al 24 luglio, Edward Hopper è il protagonista, con 60 dipinti, della grande mostra antologica allestita a Palazzo Fava (www.genusbonoiae.it), prodotta e organizzata da Arthemisia Group con altri partner, tra cui il Whitney Museum di New York. Caposcuola dei realisti americani, che rappresentano la solitudine della società americana contemporanea, Hopper, l’anticonformista che di fronte all’avanzare dell’astrattismo dell’inizio del Novecento, s’impone sulla scena pittorica con temi ispirati alla vita di tutti i giorni, è un mito da non perdere. Dopo la mostra, per chi viene da fuori, Bologna “la dotta” merita una sosta. Dalla Torre degli Asinelli, alla piazza delle quattro chiese, ai portici, alle viuzze medievali, tutto invita alla scoperta. E anche a gustare la sua cucina. Accanto a Palazzo Fava, da Franco Rossi, in via Goito, ristorante dall’atmosfera vecchia Bologna, si val sul sicuro a prezzi non economici, così come al Caminetto d’oro, in via dei Falegnami. A pochi passi Il Twin Side offre invece piatti veloci, come le tagliatelle fatte in casa, a prezzo modico.
Magnasco, il pittore delle tempeste, a Palazzo Bianco
Genova, la città dove nacque nel 1667, dedica al geniale artista una mostra sulla sua maturità (fino al 5 giugno, www.museidigenova.it). Alessandro Magnasco, infatti, tra il 1733 e il 1749, anno della sua morte, torna da Milano a lavorare a Genova. “Genio del colpo di luce”, come lo definisce Maurizio Canesso, organizzatore della mostra, per i suoi contrasti di colore e luce, ma anche inconfondibile per i lampi di bianco, che illuminano la scena, Magnasco è celebre per le sue scene di vita monastica e per i suoi paesaggi tempestosi. Il suo modo di dipingere, libero e tormentato, arriva ad anticipare Goya, ma anche Turner e gli Espressionisti. La ventina di opere in mostra rivelano un pittore anticonformista, libero di esprimere il suo pensiero, lontano dalla pittura celebrativa del suo tempo. Un genio, insomma, da non dimenticare. In città non ci si deve perdere un assaggio di qualche tipico piatto genovese. Ottime le frittelle di baccalà, i frisceu di invidia e scarola o la panissa dell’Antica Friggitoria Carega, nel centro storico. Da Sa Pesta, sempre in centro, ottime sono le acciughe ripiene e le trofie.
Una grande mostra al Chiostro del Bramante
Il suggestivo Chiostro del Bramante è la cornice della mostra “I Macchiaioli. Il sentimento del vero” (fino al 7 luglio, www.chiostrodelbramante.it), un itinerario di oltre cento opere, articolato in otto sezioni, che vuole far conoscere il rapporto dei Macchiaioli con i principi del vero. Quasi contemporanei degli Impressionisti, anzi precedenti di qualche anno al movimento francese, i pittori progressisti fiorentini, chiamati in seguito Macchiaioli, amano riunirsi al Caffè Michelangelo, dove proclamano la loro opposizione al Romanticismo e alla pittura accademica. Insieme, concordano con l’idea di trasmettere sulla tela le impressioni con macchie di colori chiari e scuri. Basta pensare alle rapide pennellate bianche di Giovanni Fattori, che evidenziano particolari reali, dando risalto alla scena rappresentata. In mostra capolavori di Telemaco Signorini, Silvestro Lega, Giovanni Fattori, Vincenzo Cabianca, per citarne qualcuno. Per chi vuole unire il piacere della mostra a una piacevole visita a Roma, un buon indirizzo è l’Hotel Capo d’Africa (www.hotelcapodafrica.com, info@hotelcapodafrica.com), accogliente Boutique Hotel, a pochi passi dal Colosseo, con una magnifica terrazza con vista sui Fori Imperiali. All’ultimo piano, il Bistrot l’Attico propone piatti fatti in casa della cucina romana.