Una storia in Groenlandia, la “terra dell’uomo” raccontata da una donna che di ghiacci e di zone sconosciute se ne intende
Testo e foto di Ada Grilli
Un certo giorno di aprile di alcuni anni fa, Ada Grilli, che già da anni percorreva il mondo artico scorazzando tra ghiacci e tundre, si mise in testa di arrivare in un posto sconosciuto, ancora più sconosciuto dei posti sconosciuti del mondo, dei quali non ne restano poi tanti. Si trattava di una delle tre località abitate più a nord del mondo, il villaggio di Siorapaluk, sulla costa nord occidentale della Groenlandia, a 77 °45’ di latitudine nord.
Fu così che ad Ada Grilli, la scrivente, e forse la prima donna ad averlo fatto, riuscì di toccare tutti e tre i villaggi col primato della latitudine più alta nell’emisfero nord, avendo già visitato in precedenza Longyearbyen e Ny Alesund nell’arcipelago Svalbard ( in Norvegia). Fine della storia.
Volendo raccontare qualcosa di più, dovrei aggiungere parecchi dettagli, utili sia a localizzare questa villaggetto di poche anime, nel caso qualcun altro voglia avventurarcisi, sia a capire qualcosa di più del Paese a cui il villaggetto appartiene.
Siorapaluk ha appena 60 abitanti (ma Wikipedia ne dichiara ben 87 per il 2005!), tutti inuit, e si raggiunge soltanto in slitta trainata dai cani groenlandesi attraverso la banchisa, un percorso di circa 60 km da Qaanaaq, la località di circa 600 abitanti raggiungibile soltanto in aereo dalla capitale.
Per Siorapaluk sono sette ore e mezzo di andatura faticosa sul ghiaccio, con temperature di cui nessuno si prende la briga di dar conto, ma molto molto basse, in un eccezionale paesaggio quasi lunare, tra iceberg e onde ghiacciate. Ci si può andare solo con un inuit e la sua muta di cani, si chiede all’Ufficio Turistico di Qanaaq, una piccola costruzione bianca e azzurra, vicino al supermercato. Non si può sbagliare anche se non ci sono insegne né segni di vita intorno che non siano cani e cuccioli liberi a guaire non si sa se per vezzo o per il freddo. Ad aprile infatti a Qaanaaq, sulla costa ovest a nord della Groenlandia è tutto ghiacciato, stradine, fiordo, pelli di foca stese, tetti, barche tirate in secca (da cosa?). Si salvano le tubature che fanno arrivare nelle case acqua calda e fredda perché sono sopraelevate e protette con sistema di incapucciamento e ponticelli su cui si può anche camminare. Ciò non toglie che a Qaanaaq non si possa andare in bicicletta -sul ghiaccio -, giocare a calcio – sul fiordo ghiacciato -, pescare i pesci che stanno sotto al ghiaccio, e perfino andare a scuola e guardare la tv. Insomma fare una vita normalissima. In macchina invece no, non ci si va perché non si riesce ad avere la benzina che serve e quella poca che arriva serve ai pompieri, all’auto del sindaco e al taxi comunale.
Quello che veramente serve è avere i cani gronelandesi e di questi ce n’è in abbondanza. Coi cani si va dovunque, sempre che faccia il giusto freddo e il ghiaccio sia ben solido, il che vuol dire almeno dieci mesi all’anno. Ero arrivata a Qaanaaq per andare a Thule in verità ma non ho avuto il permesso di visitare questa base aerea americana da cui tutti i nativi furono sloggiati negli anni cinquanta. Doveva essere una delle nove basi americane utili nel periodo della guerra fredda tra Stati Uniti e Urss. La Groenlandia apparteneva alla Danimarca, era pressoché disabitata, era nel Nord Atlantico, sulla linea diretta nella navigazione aerea tra i due continenti. Non ci poteva essere migliore location. A pagamento, s’intende, per l’affitto in pratica sine die. Gli abitanti sono stati dis-locati, come si usa dire, in belle casette di legno appunto col riscaldamento e l’acqua corrente.
Non avendo visitato Thule mi sono dovuta accontentare di altre basi militari aeree, e per questo programma non c’è altro che l’imbarazzo della scelta in Groenlandia. Ero sbarcata a Kangerlussuak, sulla costa ovest ma a sud, dalla Danimarca ed era questa la più vicina, essendo ora usata come aeroporto civile. Una parte ovviamente, il resto è lasciato quasi come era negli anni ’40 quando gli Stati Uniti, pare senza dover cacciare o dis-locare indigeni, decisero di costruire la base aerea Bluie West Eight.
Oggi ancora ci si sente spaesati in questo scarno agglomerato di casermoni a parallelepipedo lungo la costiera, di cui due sono grossi alberghi e gli altri residenze di chi è al servizio degli alberghi o dell’aeroporto. Ci sono buoi muschiati però nei dintorni e anche caribù. Da qui, una volta approdati da Copenhagen o da Rekjavik, a seconda che si voli con Air Greenland o con Icelandair, non resta che “far vela” per un altrove che sempre assomiglierà alla prima destinazione di approdo dall’Europa. Che sia Qaqortoq, Nuuk la capitale, o Ilulisat, poco cambia. Qualche negozio in più a Ilulisat perché sta nella Baia di Disko- 300 km a nord del circolo polare artico-, splendida e conturbante con gli iceberg che si vedono dalle finestre e ogni mattina non sono mai gli stessi o allo stesso posto. E’ qui che arrivano tutti i turisti, inevitabilmente, ed è su questa località che si gioca la carta della Groenlandia turistica. Soprattutto dopo l’indipendenza dalla Danimarca, nel 2009 e la necessità di aggiungere al contributo statale della “ terra madre” anche altri proventi dai flussi stranieri con buone valute.
Il nome di Ilulissat significa “gli iceberg”, e ben si addice a questa cittadina affacciata su un mare di iceberg e lastroni di ghiaccio galleggianti alla deriva sotto un implacabile cielo grigio. Ilulissat ha ancora un’atmosfera da cittadina di frontiera; la sua natura trasandata contrasta con il fatto di essere una delle più popolari mete turistiche della Groenlandia, ma si concilia benissimo con la sua storia lunga e movimentata. Gli scavi archeologici risalenti a 3500 anni fa stabiliscono che in questa zona sorgeva uno dei principali insediamenti delle tribù Saqqaq e Dorset; gli abitanti del villaggio si affidavano ancora ampiamente alla caccia e alla pesca tradizionale per integrare l’attività turistica. All’uomo che, tra le altre cose, ha detto “datemi l’inverno, datemi dei cani e prendetevi pure tutto il resto” è stato dedicato un museo: il Museo Knud Rasmussen. All’interno sono esposti manufatti danesi e inuit e reperti storici. Il Museo del Freddo (un concetto che a qualcuno potrebbe sembrare ridondante in Groenlandia) è interessante per il fatto che non serve il riscaldamento per conservare ciò che contiene: utensili e macchinari antichi.
Una delle principali attrattive è il fiordo di ghiaccio di Ilulissat. Il ghiacciaio Sermeq Kujalleq, che è largo 5 km e ha uno spessore indefinito, è il più grande del mondo al di fuori dell’Antartide ed è la fonte di un decimo dei blocchi di ghiaccio che vagano in acque groenlandesi. È circondato da così tanto ghiaccio che l’unica cosa di cui si sente la mancanza è l’acqua allo stato liquido. Il fiordo è raggiungibile dal vecchio eliporto situato a 1,5 km dal centro di Ilulissat.
Per costruire un viaggio in Groenlandia possono essere utili questi link:
www.groenlandia.it – www.terrepolari.com