Ad Angkor si può cominciare la visita
anche al tramonto. Qualcuno potrebbe
stupirsi della proposta insolita: non la
visita turistica che si sviluppa
ordinatamente nella giornata, ma la
scelta a effetto che comincia con la
contemplazione silenziosa della luce
rossa sulle solenni sagome ogivali di
pietra grigia o nera avvolte nella
vegetazione lussureggiante e specchiate
nell'acqua degli enormi baray, o bacini
reali. Lo spettacolo mozzafiato
naturalmente è quello di Angkor
Wat in Cambogia, il gioiello
simbolo di questo sito archeologico,
grande 400 chilometri quadrati e
scoperto solo nel 1860 dall’esploratore
francese Henri Mouhot. Angkor Wat in
realtà è una città tempio: chiamarlo
tempio sarebbe molto riduttivo, se
pensiamo che nell'età d'oro, verso il
1150, era una comunità abitata da
centinaia di monaci e migliaia di civili
e inservienti, ricca di statue d'oro e
d'argento e pietre preziose. Legato alla
religione induista, mentre l'altro
gioiello, Angkor Thom,
sarà ispirato al buddismo, Angkor Wat
non finisce di stupire: imponente con le
sue enormi torri, solenne con le sue
forme compatte ed essenziali che
simboleggiano il Monte Meru sede degli
dei, ricchissimo nei decori
architettonici e nell'eleganza
particolareggiata dei bassorilievi,
Angkor Wat offre in più, rispetto a
tanti
altri
splendidi monumenti mondiali, il
contesto naturale in cui è collocato.
È questo il fascino di tutto il sito
archeologico di Angkor,
patrimonio Unesco dal 1992, che
rende la Cambogia un unicum nel panorama
delle attrazioni turistiche mondiali.
Qui si ammira il lavoro dell'uomo e la
ricchezza delle pietre, arenaria, tufo e
mattoni rossi, ma si rimane senza fiato
davanti alla potenza della natura che
invade, avvolge, copre, scalza, solleva,
strappa cornici e fondamenta, balaustre,
e architravi, e fonde tutto in un
amalgama spettacolare. Le radici
lunghissime, gonfie come tentacoli,
spezzano le pietre e i soffitti, le
foglie gigantesche coprono i
bassorilievi, creando un incantevole
effetto di luce/ombra che accompagna
tutti i percorsi tra i templi e, su
tutto, sui mattoni dissestati e piegati,
dominano silenziosi e altissimi i
tronchi di questi giganti della foresta
tropicale. Come animali mostruosi,
incombono sulle pietre cadute, sulle
figure istoriate danzanti o adoranti
nella luce nitida. Le spedizioni di
Ernest Doudart de Lagrée e le attente
opere di restauro successive, eseguite
con il metodo dell’anastilosi che
utilizza pietre d’epoca, cominciate nel
1901 ad opera dell’Ecole Francaise d’Extreme
Orient, quando la Cambogia era un
protettorato francese, hanno man mano
liberato i monumenti dal fitto manto
vegetale che li ricopriva fino a
renderli irriconoscibili. Tanto che
molti dei templi erano stati ritenuti
all'inizio delle vere e proprie colline,
anche per la loro tipica sagoma di
tempio-montagna, sede del dio-re. In
qualche caso, però, si è deciso di
lasciare libera la natura perché
eliminare la vegetazione rischiava di
far crollare tutto e per far capire
l'effetto dello sguardo originario
posato su Angkor dagli occidentali.
L'esempio più famoso è il Ta
Phrom, un tempio orizzontale
fotografatissimo, purtroppo, da decine
di turisti, che si accalcano tra le
rovine, ma affascinante, perché
letteralmente avviluppato in un intrico
verde. Un senso di disfacimento
e di potenza scomparsa attraversa
l'effetto grandioso delle radici sopra
il tempio, delle foglie dorate contro
sole, della vegetazione tra le rovine
verdastre di muffa, le sculture a petali
di fior di loto, ghirlande, canne da
bambù. Se è possibile, con più giorni a
disposizione, è meglio visitare, con
l'assistenza di una buona guida, anche i
templi meno conosciuti e lontani, come
il Pre Rup, il
Prasat Kravan, il
Thomannon, il Neak Pean,
che, oltre all’intrico vegetale,
conservano anche il fascino del silenzio
e della solitudine. Un fascino ancora
più vicino all'atmosfera della scoperta,
quando pochi audaci osavano avventurarsi
in questa foresta tropicale quasi
inaccessibile, sull'onda di resoconti di
viaggio. I più famosi furono il Voyage à
Siam et dans la Cambodge di Mouhot e il
Voyage d’exploration en Indo-Chine che
cominciarono ad attrarre primi turisti
dall'Europa, tanto che nel 1907 i
turisti furono addirittura 200! In
questa atmosfera silenziosa e solitaria,
nel sottile gioco di luci e ombre del
fogliame, si rimane incantati davanti ai
frontoni con le scene del Ramayana,
i Naga, serpenti a sette teste, gli
enormi Garuda, i fiori di loto, i grandi
parasole, le finestre a colonne ritorte
a canna di bambù, la lunga sequenza di
corridori e celle per i monaci dalle
volte strette, in cui il fedele deve
abbassare il capo, le lunghissime,
ripide scalinate che portano in cima
alle terrazze da cui si domina il fitto
manto verde. Tra i leoni guardiani che
guardano l'orizzonte, si scorgono in
basso, tra gli alberi, gli elefanti che
incedono a passo cadenzato per portare i
turisti in cerca di emozioni d’antan,
mentre il mezzo di trasporto più comune
è il tuk tuk, una sorta di carrozzella a
motore che conduce piacevolmente in giro
per i templi. All'improvviso, salendo
gli alti gradini, in un angolo appare la
sagoma di una danzatrice o di un
guardiano accanto ad una finestrella
nera, decori fittissimi di fiori e di
foglie, scene della vita del Buddha, i
bassorilievi incisi sottilmente con le
danzatrici sacre o le apsara, che
promettevano un paradiso di beatitudine.
Figure ieratiche e sorridenti, sinuose
ed eleganti che ci parlano della
raffinatissima civiltà Khmer.
In altri bassorilievi dominano invece
scene di vita quotidiana di grande
realismo, pesca, caccia, lavori nei
campi, battaglie con carri, armi ed
elefanti, popoli contrapposti, supplizi
e animali di ogni genere. Nel piccolo
gioiello di Banteay Srei,
isolato a circa 20 chilometri dal sito
principale, ci sono i bassorilievi più
belli di Angkor, incisi su un'arenaria
rossa in forma di ghirlande floreali o
chiavi di violino o mostri leggendari o
splendide silhouettes femminili. Poiché
l'area archeologica é enorme, la visita
permette anche di conoscere alcuni
villaggi lungo la strada in cui si
scopre la vita quotidiana della
popolazione rurale: lavorazione della
paglia, preparazione della melassa
ricavata dall'acqua della palma da
zucchero e lavorata a lungo in grandi
pentoloni neri e conservata in grandi
giare. Le case sono tutte sollevate da
terra su alti pali di legno per riparare
attrezzi e proteggersi dagli animali.
Tra il verde brillante di risaie, palme,
banani, alberi di tek, caucciù e
anacardi, tra bufali e anatre, le donne
tengono lungo la strada file e file di
bancarelle con frutta coloratissima,
arance, manghi, banane, il decorativo
dragon fruit rosa, collane di pesci
seccati e affumicati, ma anche ragni e
grilli fritti. Naturalmente anche nei
bassorilievi domina la esemplarità delle
due cittadelle maggiori, Angkor Wat e
Angkor Thom: ad Angkor Wat, costruito
dal re Suryavarman II nel 1150 circa,
come tempio funerario in onore del dio
Vishnu nel quale il re si identificava,
il tema dominante è l’epopea hindu del
Mahabarata, ad Angkor Thom, costruita
dal più grande re di Angkor, Jayavarman
VII, buddista, nel 1200, il tema
dominante sono le processioni militari e
gli scontri navali tra i popoli Khmer e
Cham. Le due città tempio, una di fronte
all'altra, valgono da sole il viaggio in
Cambogia, questa terra martoriata da 30
anni di guerra, di cui sono
testimonianza le persone mutilate che si
vedono in giro, devastata da quattro
anni di dominio degli Khmer rossi di Pol
Pot e solo da 15 anni finalmente aperta
al turismo mondiale. Si dice che Angkor
Wat vada vista al tramonto perché la
porta d'ingresso principale é ad
occidente e che ad Angkor Thom sia
meglio andare al mattino. In realtà
questi consigli vengono smentiti dal
desiderio di andare controcorrente
rispetto ai flussi turistici più comuni
e soprattutto dal desiderio di vedere i
templi, se c'è tempo a disposizione, in
tutte le luci della giornata. Meglio
tornare più volte davanti ai monumenti
più importanti per contemplarli sotto
una angolazione e una luce sempre nuova.
Ad Angkor Wat non si può perdere
l'effetto delle grandi torri che si
specchiano nei bacini d'acqua coperti di
ninfee. Ad Angkor Thom non si può
perdere la salita fino alla seconda
terrazza del Bayon, il tempio più
famoso, dove si è circondati da ogni
lato dalle famose facce del Buddha che
coprono tutte i lati delle 54 torri
angolari e della cella centrale. Il loro
sorriso enigmatico che ci segue
dovunque, di prospetto o di profilo, il
taglio allungato degli occhi e della
bocca, le labbra serrate, l'immagine di
serenità ultraterrena della compassione
e della meditazione, sono forse il
simbolo più significativo del mistero di
Angkor. L'acqua attraversa tutta la
Cambogia e con la perfetta gestione del
sistema di irrigazione, tramite enormi
bacini d'acqua, i baray, grandi anche
più di un chilometro quadrato, aveva
costruito la fortuna dell'impero Khmer
che al suo apogeo, tra il 12° e il 14°
secolo dominava i territori del Sud Est
asiatico dalla Tailandia al
Vietnam.
L'acqua segna anche oggi la ricchezza
del Paese con il grande lago centrale
Tonlé Sap, che è il cuore della
Cambogia, segnato dal flusso e deflusso
delle acque del Mekong che nella
stagione delle piogge è tanto gonfio da
rimandare indietro la sua enorme portata
d’acqua dalla foce e dal delta verso
l'interno, fino ad innalzare di 10 metri
il livello del lago. Allora gli alberi
sono coperti quasi interamente e le case
dei due villaggi galleggianti, quello
vietnamita e quello cambogiano, si
sollevano facilmente, consentendo quella
vita acquatica e dondolante a cui sono
abituati gli abitanti: pesca, trasporto
di legno e di merci, allevamento di
coccodrilli. E’ possibile visitare il
lago in barca e divertirsi a vedere, tra
le mangrovie, la vita dei villaggi,
densi di giunche e houseboat, con il via
vai di lunghe barche piatte tra canali,
carichi di mercanzie e di famigliole che
si muovono pagaiando sull’acqua
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