Lungo
la strada che da Trapani conduce a
Marsala, costeggiando la laguna dello
Stagnone, sono visibili montagne dal
candore abbagliante che luccicano sotto
i raggi solari, non si tratta di rocce
innevate, bensì cumuli di sale lasciati
ad asciugare al sole, ecco li vi
troverete immersi nelle famose
saline, che costituiscono la
Riserva Naturale Orientata
Saline di Trapani e Paceco
gestita dal WWF. Le saline vennero
impiantate in Sicilia dai fenici i
quali, ebbero per buona parte del primo
millennio a.C., il monopolio “dell’oro
bianco”, prodotto indispensabile per
l’alimentazione umana e componente
privilegiata dell’economia del tempo. La
riserva si estende su un’area di quasi
mille ettari includendo nella maggior
parte del territorio proprietà private,
nelle quali piccole e grandi imprese
esercitano la millenaria attività della
“coltivazione del sale”. Le circostanze
climatiche favorevoli quali: acque
basse, temperatura elevata e vento
favoriscono l’evaporazione e
contribuiscono a creare uno scenario
suggestivo e irreale, formando
un’immensa scacchiera naturale dalle
colorazioni che dal verdastro tendono al
rosa. Il momento più bello ed
emozionante per visitare questi luoghi è
il tramonto, quando la luce colpisce le
vasche e il bianco del sale e il celeste
del mare si tingono di rosso, arancione
e giallo creando una vera e propria
tavolozza di colori. Le saline sono
composte da un insieme di vasche
artificiali per favorire lo scolo
dell’acqua, attraverso canali e livelli.
L’ambiente ultra salato ospita
associazioni vegetali che si sono
adottate a queste condizioni di vita,
come le chenopodiacee specie di erbacce
o piccoli arbusti che nella loro varietà
hanno colonizzato gli argini delle
vasche e i pantani salmastri. I bacini
utilizzati per l’estrazione del sale
ospitano una grande diversità biologica,
dai microscopici batteri a una grande
varietà di uccelli che trovano in questo
ambiente sosta e cibo durante le
migrazioni autunnali e primaverili. Le
specie che si trovano in questa zona
sono circa 196 e tra queste ci sono: i
limicoli, gli aironi, i gabbiani, i
fenicotteri, i falchi di palude e più di
5.000 anatre che trovano rifugio nelle
vasche. Numerosi anche gli insetti come
la piccola farfalla Orgya dubia, che in
Italia è presente soltanto qui.
Trovandosi in questi luoghi magici non
si può non visitare il Museo del
sale di Nubia ospitato in un
baglio risalente al XVII secolo. Qui
sono illustrate le fasi di lavorazione
del sale e conservati alcuni attrezzi
utilizzati per l’estrazione e la
raccolta. Il museo si può visitare tutto
l’anno, occorre però ricordare il ciclo
del sale che inizia a marzo e si
conclude a settembre. Orari d’apertura:
9-12.30 e 16-19.30 da lunedì al sabato;
ingresso libero.
Nel museo potete trovare anche il
ristorante “Trattoria del Sale” che
racchiude in se tutti gli elementi
rappresentativi della miglior storia,
cultura e tradizione della cucina
siciliana.
Seguendo la strada principale SP 21 in
direzione dello Stagnone, un’indicazione
segnala il Museo del sale Ettore
e Infersa. Si deve alla
passione di questi due uomini, che hanno
restaurato e rimesso in funzione un
mulino di oltre cinquecento anni, un
tempo strumento indispensabile per la
macinazione del sale, se ancora oggi è
possibile assaporare il fascino del
lavoro di un tempo. Orari d’apertura:
tutti i giorni dalle 9.00 alle 18.30;
ingresso Euro 3,00.
In mezzo alla laguna dello Stagnone, un
bacino naturale paludoso e dai bassi
fondali, sorge l’isoletta di
Mozia, che fu un’antica colonia
fenicia fondata nell’VIII secolo a.C..
L’isola, come la maggior parte delle
altre colonie fenicie, era una stazione
commerciale e doveva fungere come punto
d’attracco per le navi provenienti dal
Mediterraneo. Fu molto prospera fino a
quando fu rasa al suolo dall’esercito
greco di Dionisio I di Siracusa. I
moziesi che riuscirono a sottrarsi
dall’eccidio si trasferirono sulla
vicina costa, nel luogo in cui dove
sarebbe sorta l’odierna Marsala. Mozia
fu riscoperta da un nobile inglese,
Joseph Whitaker, che grazie a degli
scavi riportò alla luce una piccola
parte del patrimonio archeologico. Il
percorso che conviene seguire per
compiere un itinerario completo (1 h e
mezza circa) è la strada in terra
battuta che corre lungo la costa, sulla
quale si incontra per prima la
casa dei mosaici caratterizzata
da un grande cortile con un portico; il
pavimento presenta decorazioni musive a
ciottoli di fiume bianchi e neri, con
scene di leoni, grifoni e altri animali
in lotta. Seguono i resti della
porta Sud, fiancheggiata da
torri e da un tratto di mura, essa era
collegata da una strada retta alla porta
Nord. Subito dopo è il cothon
che serviva per riparare, in un luogo
interno e al sicuro dai venti, le navi
danneggiate; in questo punto
addentrandosi al cuore dell’isola si
arriva al tophet che
era un’area dedicata al dio Baal Hammon,
famosa per i sacrifici umani di bambini
e animali. Poco più in là troverete la
necropoli con numerosi
cippi, stele funerarie e un santuario.
Proseguendo verso la costa si giunge
alla porta monumentale più importante
dell’isola, porta Nord,
collegata verso
l’interno con la porta Sud per mezzo di
una strada lastricata
ancora conservata per un buon tratto e
verso l’esterno tramite un percorso ora
sommerso dal mare, che nelle giornate
limpide è ancora possibile individuare
sotto l’acqua. Tappa finale
dell’itinerario è il Museo
Whitaker, allestito in un’ala
della villa del primo archeologo
dell’isola. Il museo, riordinato e
ampliato, accoglie i materiali degli
scavi moderni (1960-1990), la
giovane in tunica, statua greca
in marmo della seconda metà del V secolo
a.C.; e infine la nuova sezione
espositiva dove si possono osservare le
vetrine e i pannelli che documentano i
ritrovamenti d’epoca preistorica, i
resti delle fortificazioni e oggetti
provenienti dai diversi quartieri
dell’abitato dell’isola. Orari
d’apertura: 9-13; 15-18
Per raggiungere l’isola si possono
noleggiare piccole barche
all’imbarcadero di Spagnola. Per il
traghettamento: Compagnia di navigazione
Arini-Pugliese (tel:
347-7790218/347-3430329). Sul lato di
Mozia dove si sbarca, c’è un botteghino
dove si acquista il biglietto d’ingresso
che comprende sia l’accesso al Museo
Whitaker che la libera visita
dell’isola.
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