“Domandate
ad un isolano, a Capri, che ora è. Che
ora? L’ora di ieri a quest’ora; ed è
anche l’ora di domani, l’ora di sempre:
l’ora di Capri “. Ha scritto Edwin Cerio
in “Aria di Capri”. Ebbene si, la perla
del Tirreno Meridionale, a cavallo fra i
golfi di Napoli e Salerno, con la forma
di una donna gravida distesa sul mare,
ha affascinato imperatori, registi,
politici, attori, filosofi e gente
comune per la sua selvaggia bellezza o
per la dolce vita che ancora si può
respirare nell'aria e per il tempo che
trascorre lentamente.
Il momento più importante dell’anno è la
suggestiva ricorrenza del Santo Patrono
dell'Isola di Capri, San
Costanzo: ogni anno, il
14 maggio, ha luogo lunghe le
vie dell’isola l’affascinate
processione. Tutta l’isola è coinvolta,
dalle massime autorità isolane al clero
dagli iscritti alle congreghe locali
alle autorità civili e militari, alla
banda musicale ed infine ai fedeli.
E’commovente vedere come quest’ultimi
porgano i loro bambini al patrono in
senso di devozione e di ringraziamento.
Di grosso effetto scenografico i lunghi
drappi colorati di seta damascata che
impreziosiscono il corteo e la pioggia
di petali di fiori misti a ginestra che
vengono lanciati dai balconi al
passaggio del Santo. La statua, dopo
aver attraversato il borgo di Marina
Grande, viene deposta nella chiesa di
Marina Grande e, la settimana
successiva, con analoga processione,
viene ricondotta nella ex Cattedrale di
Santo Stefano. Altre due le ricorrenze
importanti nel corso dell’anno: il
7 settembre e il 13 giugno,
festa di Sant'Antonio di Padova, patrono
di Anacapri che rappresenta per la
comunità uno dei giorni più importanti
dell'anno. Nel primo evento tutto
l'animo popolare di fede mista a
folklore si manifesta con i
festeggiamenti di Santa Maria del
Soccorso, con la Piedigrotta Tiberiana e
la Sagra della Maruzza. Le celebrazioni
si svolgono con una passeggiata
gastronomica lungo la via Tiberio, con
assaggi di pietanze tipiche, le “maruzze”
preparate secondo una ricetta che solo
le donne tiberiane conoscono, coniglio
alla cacciatora, parmigiana di melanzane
e l'ottimo vino rosso dei vigneti del
luogo. Gli abitanti di Tiberio si
sentono così orgogliosi depositari
dell'autentico vivere alla caprese. Come
non pensare alla Villa Jovis, la più
fastosa tra le Ville imperiali, come non
ricordare il mito della “Bella Carmelina”,
straordinaria “padrona di casa”, che
attirò verso la Villa intere generazioni
di viaggiatori romantici. Ad Anacapri,
invece il 13 giugno si festeggia
Sant’Antonio da Padova con una
manifestazione, che trascina uomini,
donne, ragazzi e bambini, ed esibisce il
lato più semplice e genuino dell'isola,
tra sapori mediterranei, prodotti
tipici, folklore, canti e angoli del
centro storico di rara bellezza. La
comunità anacaprese è parte attiva
dell'evento la laboriosità di uomini e
donne è ineguagliabile. E’ sempre stata
la festa dell'uva, non solo perché -
collegata a periodi storici - ripercorre
fatti, costumi ed avvenimenti
dell'epoca, prima con la sfilata di
apertura con circa trecento figuranti,
poi con la programmazione a tema,
allestita dal Comune di Anacapri
nell'arco della Settimana, che si
estrinseca nelle quattro principali
feste nelle contrade Le Pietre, Le
Stalle, La Piazza e Le Boffe.
Grande evento è stata anche
l’inaugurazione da poco avvenuta, questo
12 maggio per l’esattezza, ufficiale del
sentiero delle Calanche,
con la presentazione dei lavori di
recupero ambientale effettuati lungo
l'antico sentiero di Lo Capo ed il
restauro dell'antica Lanterna. Hanno
partecipato il Presidente della
Provincia di Napoli, l'Assessore
Provinciale alla Cultura, il Sindaco di
Capri e il Vice Sindaco di Capri. Fiore
all’occhiello dell’isola il sentiero
detto delle Calanche costituisce la
parte terminale del prolungamento di Via
Caterola ed insiste nell’area omogenea
di Lo Capo che si applica in maniera
generalizzante sia per designare la zona
marittima sotto il Monte Tiberio, sia
quella più in alto attraversata
dall’attuale Via Lo Capo. Il sentiero si
sviluppa su un’area di particolare
pregio ambientale detta “antico demanio
comunale delle Calanche” con
caratteristiche geologiche,
geomorfologiche, flora e fauna tale da
far ricadere tale zona sotto tutela
S.I.C. (interesse comunitario a livello
europeo). Si presume che tale sentiero
costituisce l’ originario accesso alla
Villa Jovis (nella sua parte iniziale)
lo stesso A. Maiuri aprendo l’attuale
varco di accesso agli scavi dichiarò di
non essere riuscito a trovare la via
originaria. Attualmente il sentiero
conduce alla dimora storica del conte
Jacques Fersen D’Adelsward e quindi
attraverso il sentiero di Lo Capo sino
al mare. Il grado di difficoltà di
camminamento è di tipo medio e per tutto
il percorso sono stati predisposti
pannelli informativi che narrano la
storia dei luoghi e dei siti culturali,
con disegni, foto e didascalie in doppia
lingua.
Con la danza l'uomo ha espresso le
emozioni provate al cospetto dei tanti
fenomeni naturali: come la
vita, la morte, la gioia, il dolore, la
paura, il coraggio e in buona parte il
sesso. Le danze popolari devono
anch'esse aver avuto origini da forme di
danza dei primitivi. A questo punto è il
caso di spendere due parole sulla
tarantella, danza
popolare di cui molti sono stati gli
stranieri illustri, per esempio De
Musset, che ne hanno tessuto le lodi.
Quanto all'origine, come al nome di
questa danza, si sono dette e scritte
tante cose. C'è chi afferma che ad
introdurla da noi siano stati i Mori e
gli Spagnoli: un certo ballo detto di
Sfessania, che era la danza preferita
dai napoletani, pare ne sia il
progenitore: ".....presso il mare, sulla
spiaggia di Posillipo, quando non si
temeva uno sbarco dei Turchi, quel
ballo, che in appresso si chiamò
Tarantella, raccoglieva in coppie
amorose giovanetti e ragazze accesi di
voluttà". Molti e molti anni dopo i
Napoletani dovevano attendere invece e
con ansia sulle stesse spiagge altri
danzatori, questa volta in veste di
liberatori: quelli del boogie woogie!
C'è chi sostiene che "tarantella"
deriverebbe dalla città di Taranto e chi
dalla Tarantola. Si narra che il
malcapitato, morso da questo grosso
ragno, avrebbe trovato scampo ai nefasti
effetti del veleno in una bella
"sudata", che egli si procurava dandosi
ad una vorticosa danza "terapeutica",
che era appunto quella della tarantola,
poi tarantella. Ma la prima tarantella
si ballò su suolo caprese dai Greci che
tanti secoli fa quando vi approdarono.
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