Terra di scambi e di conflitti per
secoli, aperta al Mediterraneo da
sempre, allungata e abbracciata dal
mare, il Salento, “gold land”
del sud, ha ancora molti tesori
da scoprire. Tra questi il
Negroamaro, il vitigno autoctono più
antico e più coltivato in Puglia.
Amato già da inglesi e americani,
lombardi e piemontesi che sono venuti
giù ad acquistare masserie e torri
saracene, il Salento deve ancora
svelarsi al grande pubblico. Che forse
comincerà a spingersi verso questo tacco
d'Italia, così allungato da
scoraggiare
sulle lunghe distanze, ma così attraente
che, una volta scoperto, spinge a
ritornare, sfidando i chilometri da
percorrere. Ulivi a perdita d'occhio,
fichi d'India e ricami barocchi sulla
pietra bianca, tagli di sole intenso,
frantoi ipogei e cantine eccellenti. Su
tutto una enogastronomia che riconcilia
con la vita e i cinque sensi: genuina,
profumata, saporosa di terra e di mare.
Una cucina di terra e di mare alla quale
si abbina perfettamente il vino più
tipico del Salento, il Rosato di
Negroamaro. Intrigante, in un
colore che sfuma dal corallo al
ciliegia, facile da bere, il Rosato si
degusta con un antipasto di verdure come
con un piatto di orecchiette
strascicate, con le pizze rustiche e con
una grigliata di pesce. Se è vero che il
vitigno Negroamaro del Salento può
produrre grandi vini rossi, è anche vero
che il suo frutto più autentico e più
tipico è proprio il Rosato. Brillante
sulla tavola o su una terrazza sul mare,
vino per giovani, sinonimo di gioia di
vivere. In simbiosi perfetta con questa
terra calcarea tra due mari, senza
rilievi, in cui i venti si incrociano
senza incontrare ostacoli e la salinità
dell'acqua di mare penetra profondamente
anche nelle radici più profonde. Il
Negroamaro é il vitigno più antico e più
diffuso in Puglia, oggi rinserrato nel
Salento, di origini probabilmente
greche, arrivato su queste sponde
insieme con i nuovi colonizzatori, gli
spartani parteni. Il suo fascino è nel
nome e nella sua resistenza alla siccità
come alle piogge. Per alcuni il «negro»
é un riferimento al carico di colore e
l’«amaro» indica il forte tenore di
tannini. Per altri Negroamaro sembra
essere la ripetizione dello stesso
concetto: nero per i latini (con niger)
e per i greci (con mavros).
Negroamaro come nero-nero, per
sottolineare decisamente il colore
nero-violaceo di quest’uva. Un vitigno
cerniera fra Roma e Bisanzio, fra
Oriente e Occidente. Proprio come la
terra su cui impera, il Salento.
Il Salento è una terra ricca di
eccellenti aziende vitivinicole
che punteggiano i comuni di Leverano,
Galatina, Scorrano e Salice Salentino,
sparse su un territorio poco abitato,
ancora praticamente intatto, nonostante
le stratificazioni storiche. Dopo gli
anni in cui i viticultori pugliesi si
concentravano esclusivamente sulla
produzione di vini da taglio, destinati
a dare corpo e colore alle produzioni di
altre zone d’Italia e d’Europa, agli
inizi degli anni Novanta si é cominciato
ad avere maggiore consapevolezza delle
potenzialità enologiche della Puglia.
Così si è arrivati alla produzione di
vini tra i più pregiati d’Italia,
soprattutto nel Salento, dove troviamo
la più alta concentrazione di piccoli
territori a DOC che si susseguono per un
centinaio di chilometri. Alcune aziende
raccontano non solo l'eccellenza della
produzione, ma anche affascinanti storie
secolari. Come l’azienda Duca
Carlo Guarini, proprietà di una
famiglia di origine normanna, arrivata
in Salento nel 1065 che ancora possiede,
su 700 ettari, magnifiche tenute,
masserie, vigneti, boschi di ulivi e
palazzi del ‘500 a Lecce e nel contado,
piccola porzione, peraltro, dei feudi
originari. Visitare le masseria di
Scorrano con il frantoio ipogeo poi
trasformato in bottaia, con le sale
dall’impronta rustico nobiliare dove
le botti hanno lo stemma di famiglia che
attesta la partecipazione alle crociate,
oppure il palazzo di città nel cuore di
Lecce, dalle volte decorate e
affrescate, con un bellissimo hortus
conclusus da cui si accede al più
importante ipogeo messapico della zona,
rappresenta un tuffo nella storia. Con
la semplicità e la spontanea
disinvoltura dei signori di una volta,
tra alberi di agrumi e un antico
pergolato, i padroni di casa guidano gli
ospiti a godere queste atmosfere
affascinanti.
info@ducacarloguarini.it www.ducacarloguarini.it
Così l’Azienda Conti Zecca
a Leverano, che racconta una storia di 5
secoli, fatta di passione, tradizione ed
innovazione. Dal 1500, quando la nobile
famiglia napoletana dei Conti Zecca
decise di trasferirsi nelle terre di
Leverano, nel cuore del Salento, agli
anni ’30 del 1900, quando il Conte
Alcibiade Zecca, con imprenditorialità e
coraggio, decise di vinificare in
proprio le uve provenienti dai suoi
possedimenti, facendo di Leverano uno
dei centri commercialmente più
significativi di tutta la Puglia.
info@contizecca.it
Da Leverano il mare si vede già
dall’alto della Torre quadrata che si
innalza nel centro storico, vedetta a
difesa degli attacchi pirateschi. Anche
questa struttura porta l’immancabile
firma di Federico II, figura dominante
in tutto il mezzogiorno italiano:
l’imperatore la fece erigere nel 1220,
orientando i prospetti della Torre
secondo i quattro punti cardinali. Il
Negroamaro non è l’unico tesoro di
Leverano che, con Traviano, costituisce
un distretto florovivaistico fra i più
attivi a livello mondiale. Felice
binomio quello di fiori e vino: i
viticoltori da sempre utilizzano i
roseti piantati in prossimità dei filari
per “sorvegliare” lo stato di salute dei
vigneti. Un roseto florido è garanzia
del fatto che la vigna non ha subìto
attacchi parassitari. Due gli
appuntamenti notevoli: in maggio Note
fiorite dedicata ai fiori e in novembre
il Novello in festa, che realizza una
“contaminazione”
culturale-artistico-gastronomica tra
Paesi dell’area mediterranea e
balcanica.
www.comune.leverano.le.it
Proprio Leverano, Copertino, Galatina e
Nardò danno il nome alle quattro Doc che
rappresentano altrettante espressioni
del Negroamaro, questo vitigno principe
del Salento. I vini, rossi e rosati, si
differenziano per l’apporto dei vitigni
secondari nel blend, per la diversa
tipologia pedoclimatica dei vigneti e
quindi per le caratteristiche
organolettiche. Come l’azienda Duca
Carlo Guarini, come l’Azienda Conti
Zecca, anche l'azienda Leone de
Castris, rappresenta un tuffo
nella storia. Fondata nel 1665 dal Duca
Oronzo Arcangelo de Castris, Conte di
Lemos, da oltre tre secoli produce nelle
grandi tenute intorno a Salice Salentino.
Fondamentale fu la scelta di unire, per
la prima volta in Puglia, alla
lavorazione e trasformazione del
prodotto, anche l’imbottigliamento. Nel
1943 venne creato il Five Roses, primo
Rosato imbottigliato in Italia, seguito
dal Rosso Salice Salentino nel 1954 che,
in gran parte grazie al lavoro svolto
dall’Azienda, diventò una DOC agli inizi
degli anni ‘70. L’azienda dispone oggi
anche di un Hotel-Ristorante il “Villa
Donna Lisa”, per accogliere i numerosi
ospiti italiani e stranieri e di un
Museo del vino intitolato alla memoria
dei due protagonisti della
vitivinicoltura pugliese “Piero e
Salvatore Leone de Castris”, per
ripercorrere così le tappe fondamentali
della storia
dell’azienda e quella del vino in
Puglia.
www.leonedecastris.com
Dalle masserie ai frantoi, dai palazzi
nobili alle cappelle gentilizie. La
terra salentina offre in questi piccoli
microcosmi la complessità di una storia
multiforme. Monaci basiliani nei frantoi
sotterranei, fregi e iscrizioni greche
ovunque, in particolare in quell'oasi di
grecità che è la Grecìa Salentina,
colonne romane riutilizzate nelle
basiliche cristiane, ex voto e tombe di
martiri legate al periodo delle
invasioni turche, castelli potenti e
torri lungo il mare, ville moresche
dell’alta borghesia del ‘900, sontuosi
palazzi secondo il gusto della nobiltà
spagnola, botteghe artigiane che
tramandano la lavorazione antichissima
della terracotta o del ferro o della
cartapesta, danze folcloristiche di
esorcismi pagani. In questa mescolanza e
sovrapposizione di memorie e di stili
trionfa il barocco, che a Lecce
trova la sua espressione più alta ed
evidenzia più che altrove l’influenza
della dominazione spagnola. Proprio lo
stile barocco leccese
pare derivare dal plateresco iberico,
l’inconfondibile stile ornato, simbolo
di una opulenta sontuosità. La calda,
dorata, pietra leccese, un calcare
facilmente lavorabile, ha fatto
sbizzarrire la creatività di scultori,
architetti e scalpellini. La città è
diventata un museo barocco all'aperto
che splende soprattutto nella Basilica
di Santa Croce con il vicino Palazzo dei
Celestini, movimentato da una serie di
finestre dalle preziose cornici, ma
anche nel Duomo, nella chiesa di San
Matteo, nella basilica di San Giovanni
Battista e nei magnifici palazzi privati
e pubblici sei-settecenteschi. Nelle
strette vie del centro storico i palazzi
irrompono all'improvviso in tutta la
loro magnificenza con facciate
esuberanti ornate da fregi sinuosi,
putti, statue, volute capricciose, dove
è interessante decifrare le icone
sovrapposte che rimandano spesso ad una
cultura esoterica.
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