Quando arriva il Carnevale, i colori
vivaci delle case affacciate sui canali
di Burano sembrano ancora più brillanti,
ancora più allegri. Perché in
quest’isola affascinante presa
costantemente d’assalto dai turisti di
tutto il mondo richiamati dall’atmosfera
romantica, dalle calli e dal suo
“campanile storto” oltre che dalla fama
insuperata dei magnifici pizzi creati
dalle sue merlettaie. Perché qui il
Carnevale è una cosa seria: una
tradizione vissuta da ogni famiglia,
vera espressione dello spirito e del
gusto isolano.
Vale
la pena andarci proprio nella settimana
più pazza dell’anno: non sarà
spettacolare e sontuoso come il
Carnevale di Venezia, ma indubbiamente
quello di Burano offre la magia di un
evento sentito e amato, dove il
divertimento va a braccetto con la
storia, l’arte, la cultura.
Il campanile storto
Se passate dal Ponte Terranova, per
esempio, non fatevi distrarre troppo
dalle maschere che vi balleranno
intorno: cogliete l’attimo, perché il
ponte è proprio il punto di osservazione
migliore per godersi il "campanile
storto". Non che sia nato sbilenco,
anzi: quando è stato costruito, nel
Seicento, era bello dritto e, con i suoi
53 metri, di altezza svettava fiero
verso il cielo con un angelo sulla cima.
Poi, però, il destino si è mostrato
avverso: prima, per colpa di un
cedimento del terreno, il campanile si è
inclinato e adesso pende di ben 1,83
metri, poi, nel 1867, un temporale ha
fatto crollare l’angelo, che è stato
sostituito con una croce di ferro.
Camminando per le calli e dopo aver
visitato il Duomo di San Martino, non ci
impiegherete molto ad accorgervi che,
per essere un’isola e per di più nemmeno
grandissima, se c’è una cosa che a
Burano non manca sono i negozi. La
maggior parte dei quali, naturalmente,
mette in bella mostra l’orgoglio e il
vanto dei buranelli: i merletti, frutto
di una tradizione artigianale che vanta
origini antiche sulle quali si
intrecciano almeno due tenerissime
leggende.
Polo e Dolfina
La prima leggenda narra che, tanti e
tanti secoli fa, proprio a Burano
vivesse una bellissima pulzella:
pallida, bionda e gentile, si chiamava
Dolfina e amava, riamata, un giovane
pescatore di nome Polo. Sognavano
entrambe di giungere presto a giuste
nozze, ma erano poveri e Polo non aveva
neppure i soldi per comperare un pegno
d’amore da dare in dono a Dolfina. Un
giorno, mentre pescava, vide che nella
sua rete si era impigliata un’alga che
il sale aveva reso rigida formando una
serie di trafori così magnifici da
sembrare tessuti dalle sirene. Felice la
regalò a Dolfina e lei, vedendola tanto
bella, ma anche tanto fragile, ebbe
paura che potesse rompersi: per questo,
armata di santa pazienza oltre che delle
sue abili mani, si mise a riprodurla con
ago e filo. Il risultato fu un
capolavoro di inestimabile bellezza.
Quel giorno, da quel capolavoro che
l’amore di Dolfina aveva ispirato,
nacque la tradizione artigianale dei
merletti di Burano.
Sirene e amiche invidiose
Storia troppo sdolcinata per i vostri
gusti? E allora sentite quest’altra. Si
dice che in un tempo lontano (mai che
cose così succedano quando c’è a portata
di mano un paparazzo per documentarle),
un giovane pescatore superfidanzato sia
stato tentato in mare dal canto delle
sirene, ma lui niente: fedele che di più
non si può, resistette al loro
incantesimo. La regina delle sirene,
colpita da tanta incrollabile fedeltà,
decise di premiarlo con un regalo: diede
un colpo di coda sul fianco della barca
e, con la schiuma che si formò, creò il
velo da sposa per la fidanzatina rimasta
a casa. Sì, ma non un velo qualunque:
era talmente bello, prezioso e delicato,
che quando la fanciulla lo indossò il
giorno delle nozze, tutte le sue amiche
schiattarono dall’invidia. Ne volevano
uno uguale e allora cominciarono a
provare a imitarlo con ago e filo,
sperando di riuscire a fare un ricamo
ancora più spettacolare per il loro velo
da sposa. Se riuscirono nell’intento la
leggenda non lo dice, ma fatto sta che,
da quel momento in poi, l’arte del
merletto è diventata una peculiarità di
Burano e le sue artigiane le più brave
in assoluto.
Un
tuffo nella realtà
Fin qui le leggende. La realtà è più
prosaica. E anche più frivola: la moda
dei merletti divampò nella Serenissima
nel corso del XV secolo, importata da
Bisanzio grazie ai commerci dei mercanti
veneziani. Per far fronte alla massiccia
richiesta di nobildonne e gentiluomini,
sul finire del Cinquecento Morosina
Morosini, moglie del Doge dell’epoca,
decise di creare a Burano un laboratorio
specializzato appunto nella creazione di
merletti: vi lavoravano oltre cento
abilissime ricamatrici che tramandarono
di madre in figlia, di generazione in
generazione, la loro preziosissima arte.
Un’arte che, a Burano, è ancora viva. E
se a qualcuno viene voglia di deliziarsi
gli occhi con una panoramica mozzafiato
sulla più antica e aristocratica
produzione locale di merletti, magari
per rimanere a bocca aperta sui fastosi
prodotti settecenteschi, non ha che una
cosa da fare: un giro nelle sale del
Museo del Merletto, dove il sorriso di
Dolfina continua illuminare l’atmosfera
mentre il canto delle sirene fa da
colonna sonora alla visita
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