Ci sono alcuni luoghi in Italia che
vengono in parte nascosti dalla presenza
di grandi centri di attrazione. È quello
che può succedere alla provincia di
Viterbo, bellissima, autentica e di
grande rilievo culturale, ma troppo
vicina alla capitale e quindi un po'
soffocata dalla presenza di Roma. Se
però si parte per un tour nella Tuscia
viterbese si possono scoprire bellissime
sorprese, senza rimpiangere i tesori
della capitale. Proprio la recente
manifestazione, seconda edizione di
VisiTuscia, promossa
dall’Assessorato al Turismo della
Provincia e dalla Camera di Commercio di
Viterbo, ha messo in luce i tesori di
questa terra. Cuore della Tuscia,
soprattutto da un punto di vista
culturale, è naturalmente Tarquinia,
patrimonio imperdibile della civiltà
etrusca e quindi del turismo
archeologico. Come è possibile che un
popolo come gli Etruschi abbia raggiunto
autonomamente, a partire dall'ottavo
secolo avanti Cristo, un tale grado di
civiltà da gareggiare con quelle
dell'antico Oriente e abbia avuto la
forza di espandersi pacificamente in
molte zone d'Italia? E’ questo il
mistero che da sempre accompagna il
popolo etrusco, tanto da originare
varie ipotesi, nessuna delle quali del
tutto convincente. Erano autoctoni e
originari del posto? Ma le popolazioni
intorno a loro erano solo tribù
primitive che si limitavano a coltivare
piccole porzioni di terreno. La
provenienza dall'Oriente risulta
complicata e improbabile. Eppure la loro
lingua ha un chiaro influsso orientale e
di ispirazione orientale é tutto quello
che hanno prodotto, creato, realizzato e
deposto nelle tombe. Certamente la loro
ricchezza economica derivò dallo
sfruttamento delle riserve metallifere
dell'Elba, di Populonia e di altre zone
circostanti. Certamente la loro
ricchezza e la loro forza innovativa a
partire
dall'VIII/VII
secolo a.C. fu una ventata di civiltà
così vigorosa da diffondersi rapidamente
dovunque, inglobando popolazioni
analfabete legate a culture arretrate.
Da Cere, Tarquinia e Vulci si irradiò
nelle aree dell'immediato entroterra, a
Veio, Sutri, Tuscania e Cerveteri, senza
dimenticare che la fondazione di Roma é
legata alla figura di tre etruschi, gli
ultimi re della città. “Qui rise
l'Etrusco….” scrisse il poeta Vincenzo
Cardarelli, nato proprio a Tarquinia,
che aveva assaporato fin da piccolo i
misteri di questa terra. Narra il mito
che non lontano dal fiume Marta, in un
luogo dove ancora restano i segni del
più grande tempio etrusco che la storia
ci abbia lasciato, accadde un evento
fatale: da un solco appena aperto
dall'aratro balzò fuori un essere
divino, fanciullo nell'aspetto e vecchio
nella saggezza, che rivelò agli Etruschi
i principi fondamentali della loro
religione. Tarchon, al quale il
fanciullo/vecchio era apparso, fondò nel
luogo del prodigio una città sacra alla
quale dette il nome Tarchna, cioè
Tarquinia. Nell'antichità Tarquinia fu
tanto bella e grande, ricca di civiltà e
di cultura, da essere paragonata
all'Atene del secolo d'oro.
L'archeologia conferma che la città fu
una delle più antiche della
confederazione etrusca: i sepolcreti
delle campagne circostanti testimoniano
infatti la presenza di alcuni villaggi
sui pianori, soprattutto su quello
principale conosciuto come la Civita, a
circa 5 km dall’abitato attuale, dove si
concentrarono le varie tribù per dar
vita a un consistente centro urbano di
cui rimane soprattutto l'imponente
basamento di un antico tempio detto
L’Ara della Regina. Davanti alla
potenza di Roma, tuttavia, anche questa
florida città dovette arrendersi verso
il 310 a.C., entrando nella sfera
politica della capitale. Solo durante il
Medioevo, dopo le invasioni barbariche,
la popolazione si trasferì sul colle di
fronte dove sorge oggi la città attuale,
che solo nel 1922 riprese l'antico nome
di Tarquinia, per riaffermare il legame
del suo popolo con le origini etrusche.
L'attrazione più interessante di quest'area
è costituita dalla necropoli etrusca
dichiarata dall'Unesco patrimonio
dell'umanità, famosa per le tombe a
camera completamente decorate, eseguite
fra il sesto e il secondo secolo avanti
Cristo, frutto della straordinaria
simbiosi artistica fra gli Etruschi e la
Magna Grecia. Sono circa 6000 tombe,
delle quali una sessantina dipinte con
pitture alle pareti: tra queste
naturalmente non tutte si possono
visitare per misure di sicurezza. Le
tombe recuperate e visitabili sono
indicate da semplici casette attraverso
le quali si scende alle camere
sepolcrali, alcune protette da un vetro
che permette di ammirare le pitture
opportunamente illuminate. I nomi sono
suggestivi e legati alle raffigurazioni,
animali, scene sportive e ludiche,
personaggi illustri del posto: la tomba
del Triclinio, degli Auguri, delle
Baccanti, del Fiore di loto, delle
Leonesse, della Caccia e della pesca,
dei Giocolieri, dei Leopardi e
dell'Orco. La conservazione dei dipinti
a distanza di tanti secoli è dovuta
fortunatamente alla compattezza del
calcare o “macco”, particolarmente
adatto a preservare i colori. La tecnica
etrusca era precisa e complicata: in
alcuni casi sono ancora evidenti sulle
pareti gli schizzi di prova, malgrado il
passaggio del colore che veniva impresso
in modo intenso e vivace per poter
essere distinto anche nella penombra
degli interni, rischiarati solo da una
debole lucerna. I colori venivano
estratti da elementi vegetali come il
carbone o minerali come ocra e
lapislazzuli. Di solito l'uomo era
raffigurato in rosso e la donna in
bianco e le scene rappresentavano
momenti di gioia legati a banchetti,
giochi sportivi, corse di cavalli,
battute di caccia, giochi erotici.
Quando appaiono i demoni infernali, si
comprende che la cultura etrusca e la
concezione filosofica sta cambiando
verso un'immagine più angosciosa della
morte e del distacco dalla vita terrena.
Necropoli etrusca tel. 0766/856308
Una tappa nella visita a Tarquinia non
mancherà a Palazzo Vitelleschi,
sede del Museo Nazionale che
permette di contemplare da vicino i
reperti più affascinanti, tra cui i
famosi Cavalli alati, un altorilievo in
terracotta, capolavoro della prima metà
del IV secolo a.C. proveniente dal
tempio della Civita, che probabilmente
era abbinato ad una biga con la
divinità. Oltre agli stupendi cavalli
alati, il Museo Nazionale è
importantissimo per una serie di
sarcofaghi, gioielli provenienti dalle
tombe, vasi greci e lamine d'oro tel.0766/856036
Anche la zona archeologica di Vulci,
inserita nel versante nord ovest della
Maremma viterbese a ridosso del litorale
tirrenico, riserva importanti sorprese.
Dall'VIII secolo a. C., la città si
organizzò al punto da controllare gran
parte dei territori tra il mare e il
lago di Bolsena, conservando rapporti
privilegiati con l'Oriente e un forte
prestigio tra le città confederate
etrusche. La necropoli presenta tombe
meno monumentali e meno conservate di
quelle di Tarquinia, perché furono
realizzate in terreni friabili e poco
consistenti che hanno subito un rapido
deperimento. Tra quelle visitabili è
fondamentale la tomba Francois,
appartenuta alla famiglia Saties, con
vari personaggi la cui identificazione è
facilitata dalla presenza del nome
scritto in etrusco accanto ad ogni
figura. Si scende lungo un corridoio di
24 metri fino alla camera sepolcrale,
dove tuttavia le pitture possono essere
osservate attraverso
riproduzioni, perché gli affreschi in
buona parte distaccati sono presso villa
Albani di Roma. Di eccezionale
importanza la figura del cittadino di
Vulci Mastarna, che fu il re di Roma
Servio Tullio. Necropoli di Vulci tel.
0766/879729,
info@vulci.it
www.vulci.it
Se sono forti e intense le emozioni che
provengono dall’antichità, altrettanto
autentici, forti e intensi sono i
sapori che si possono apprezzare in
Tuscia. Proprio agli antichi
progenitori Etruschi, signori di mare e
di terra, si ispirano le proposte
gastronomiche, che non dimenticano le
tradizioni successive della Maremma e
dei butteri, abituati ai pasti frugali
durante la transumanza del bestiame.
Addetti alle mandrie che radunavano e
governavano in sella al cavallo
maremmano, dopo lunghe giornate di
lavoro, assaporavano un pasto unico a
base di pane raffermo e un trancio di
ventresca oppure una minestra frugale
l'”acqua cotta”, composta da pomodori,
cicoria, patate, cipolle e funghi
ferlenghi, qualche erba per insaporire e
pane abbrustolito per dare consistenza.
Gli ingredienti delle proposte che si
possono assaporare nei ristoranti e
agriturismi della zona sono dunque
semplici e tradizionali.
Prima di tutto i cereali naturalmente,
frumento, orzo e farro conditi con
eccellente olio extravergine di oliva,
data la capacità agricola di questo
popolo. Con questi si compongono ottime
zuppe e minestroni che mescolano
ingredienti in modo originale, come ceci
e castagne o legumi e fave fresche. Un
piatto unico sostanzioso, gustoso e
originale é la zuppa con l'agnello,
nella quale sono presenti i carciofi e
patate, conosciuta come “Giubba e
calzoni” per sottolinearne proprio la
completezza. Paste fatte in casa con
semplice acqua e farina e vari tipi di
gnocchi oltre alle classiche fettuccine
condite con sughi saporiti di lepre, di
cinghiale e di funghi, sono le
protagoniste dei primi piatti. Fra i
secondi a base di carne predominano
quelli preparati in padella e al tegame,
oltre alle carni di agnello cotte al
forno e alla brace, quelle di maiale per
cucinare la famosa e profumatissima
porchetta e, come da tradizione romana,
le interiora dei bovini. Profumati e
variati tutti i contorni, dagli ottimi
carciofi ai broccoli, alle erbe
selvatiche, alla cicoria da fare
strascinata in padella, alla borragine
usata per le frittelle. I dolci sono
semplici come questa terra che è rimasta
autentica e invitante: ciambelle con
l'anice, crostate con la ricotta o
marmellata, dolcetti con le nocciole,
tozzetti da inzuppare nel vino dolce.
Tra i ristoranti più vicini alla
tradizione Re Tarquinio a Tarquinia
www.retarquinio.it
, Gradinoro a Tarquinia Lido
www.gradinoro.com
, l'agriturismo Podere Giulio dei
fratelli Serafini in località Pian di
Spille
www.poderegiulio.it e
il nuovo agriturismo con cucina tipica
Toscanella a Tuscania
www.agriturismotoscanella.com
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