Strette,
tra vicoli lastricati in pietra e
balconi in ferro battuto, si elevano
incredibilmente cattedrali mozzafiato.
Alte, bianchissime e imponenti,
raccontano la potenza della fede di
piccoli centri pugliesi che hanno una
storia affascinante alle spalle. Nell'alta
Murgia e nel nord barese, a pochi
chilometri una dall'altra, si distendono
alcune cittadine più o meno grandi, che
nascondono veri tesori nei centri
storici. Sono Giovinazzo, Molfetta,
Terlizzi, Bitonto, Ruvo. Alcune sul
mare, altre nell'interno, stanno vivendo
tutte una vivace fase di restauro dei
centri storici, che in precedenza
apparivano fatiscenti e trascurati, ora
in ordine, pulitissimi, curati e
vivacizzati da piccole attività
commerciali. È quanto sta accadendo a
Molfetta, dove certo resta ancora
molto da fare, ma è stata già sistemata
un'area di grande atmosfera, che si
dipana parallela al mare, concludendosi
nel magnifico Duomo. Originalissima la
sua stratificazione di corpi sovrapposti
che, come sempre in queste zone,
risalgono in origine a precedenti chiese
paleocristiane o templi pagani. La
costruzione di grandiose cattedrali
romaniche risale all'undicesimo secolo,
in coincidenza con l'arrivo di
importanti reliquie dall'Oriente, la
costruzione di San Nicola di Bari
e la presenza di maestranze esperte sul
territorio. Il Duomo di Molfetta
così accumula corpi e avancorpi che
corrispondono a cappelle gentilizie, tre
originalissime cupole in asse a pianta
circolare e poligonale, una copertura
che ricorda la copertura dei trulli,
campanili che derivano dalle torri di
vedetta, un gioco di archi di origine
araba, finestre, protomi zoomorfe,
mascheroni apotropaici, cornici
decoratissime, ma anche piccoli
particolari da scoprire, come una
figurina (angelo o personaggio
simbolico?) in cima alla cornice sopra
l'altare maggiore o un pesciolino inciso
all'interno di un fonte battesimale. Il
tutto in un’impressionante massa
compatta, armoniosa e nuda, che
all'interno rivela il gioco essenziale e
potente degli incroci di nervature e
colonne. Dal Duomo si sviluppano
fortificazioni a strapiombo sul mare,
contro i fortunali e contro i pirati,
dove sono incastonati palazzi importanti
con bifore e loggiati sull'acqua. Un bel
torrione panoramico appena restaurato,
dedicato a mostre d'arte contemporanea,
offre uno sguardo lunghissimo sul
panorama dell'Adriatico fino al Gargano,
annunciando anche la posizione felice di
Molfetta che sta puntando su un bel
porticciolo turistico e su un futuro
grande porto commerciale.
E’ sul mare, bianchissima e imponente,
anche la cattedrale di Giovinazzo,
conclusione di un percorso pittoresco
dove è bello perdersi: stradine in
pietra con tracce di ruote di carri,
palazzi decorati da stemmi nobiliari,
cornici, balconi fioriti, scorci
incantati sulle barche e sul mare.
Merito di una improvvisa scoperta di
Giovinazzo da parte di persone lontane
che hanno deciso di acquistare qui un
“buen retiro” bianco e silenzioso. Da
allora la cittadina è diventata uno dei
must di questa Puglia al centro
dell'attenzione da tempo come una
Toscana del sud, amata da italiani e
stranieri di tutto il mondo. Non tutto
però è stato ancora valorizzato
abbastanza e l'Alta Murgia e il Nord
Barese possono essere proprio la nuova
regione da scoprire, prima che arrivi un
turismo di massa. E’ soprattutto
Bitonto, definita dalla Vergine,
secondo una leggenda, “ pupilla dei
miei occhi”, la cittadina più
sorprendente in quest'area compatta. Una
cittadina fondamentalmente agricola e
commerciale, ma che nasconde il centro
storico più grande di tutta la regione,
racchiuso tra mura che nel passato erano
state imprendibili. Vicino alla Porta
Baresana si apre un possente torrione
angioino splendidamente restaurato e
pronto ad ospitare mostre ed eventi. Qui
si comprende bene la storia del sud,
segnata dalla successione di dinastie,
normanne, francesi, tedesche, spagnole,
l'arrivo di eserciti stranieri, gli
attacchi ai castelli e alle torri, il
pericolo degli ottomani che provenivano
dal mare e poi l’affermarsi assoluto dei
nobili spagnoli con tutto lo sfarzo di
palazzi imponenti, stemmi nobiliari,
cortili e loggiati. Ma è soprattutto il
vecchio centro storico che sorprende,
estesissimo e intricato, come si può
percepire salendo in cima al torrione.
Un panorama a 360° sulle Murge, dal
Gargano a Castel del Monte, sul mare che
dista solo una decina di chilometri, su
Bari e i suoi magnifici oliveti secolari
a perdita d'occhio che costituiscono la
ricchezza del territorio. Bitonto
insieme con Ruvo fa parte del
Parco nazionale Alta Murgia, il
primo parco nazionale rurale creato nel
2004. Dall'alto si comprende l’ampiezza
del vecchio quartiere, rimasto tale fino
all'espansione della città fuori dalle
mura durante il periodo napoleonico
quando, al disordinato labirinto di
vicoli, si contrappose un impianto di
strade larghe a incroci perpendicolari,
più adatte alle nuove attività
commerciali. Al centro del vecchio
quartiere si eleva una cattedrale
indimenticabile, soprattutto perché
imprevista. Passeggiando tra le strade
tortuose lastricate in pietra,
difficilmente ci si aspetterebbe
l'improvviso apparire di quest'enorme
monumento, che sembra planato da un
altro tempo. Una tradizione racconta che
proprio qui fu letta la scomunica a
Federico II. Chiusa per 10 anni di
restauri, adesso rivela capitelli fito e
zoomorfi, telamoni, animali esotici e
immaginari, un grifone dell'undicesimo
secolo, simbolo della doppia natura del
Cristo, umana e divina, a mosaico di
grande raffinatezza cromatica, che si
trova nel pavimento sotterraneo della
basilica paleocristiana, perfettamente
conservato perché previsto per una
architettura civile non completata.
Nicolaus Magister è il nome mitico
dell’architetto/capocantiere autore di
gran parte del progetto. La facciata è
tripartita da lesene con cuspide e
spioventi sottolineate da archetti
pensili e aperta da tre portali, quattro
bifore e uno splendido rosone
fiancheggiato da animali su colonnine
pensili. All'interno una fastosa
decorazione e capitelli animati da un
repertorio di piante, fiori stilizzati e
animali, per un
bestiario tra i più affascinanti della
terra pugliese: leoni, gatti, grifoni
trattati con vivacità naturalistica che
si intrecciano alle foglie traforate e
si alternano nella cripta a volti umani.
La devozione testimoniata dalla presenza
di queste imponenti cattedrali romaniche
assume forme più popolari e pittoresche
nelle chiese del Purgatorio o della
Morte o del Pianto, presenti sia a
Molfetta che a Bitonto che a Ruvo, con
le decorazioni tipiche della clessidra,
della falce, dello scheletro. Oppure
nelle famose processioni della settimana
Santa, legate anche alla presenza di
confraternite che si tramandano
l'appartenenza di padre in figlio e
seguono un attento rituale, dalla
vestizione della Vergine Addolorata al
sostegno della statua del Cristo
crocifisso, pesantissima, circondata da
centinaia di ceri. Altra tradizione é
quella della “incocciata” che si svolge
nel mese di ottobre a Bitonto, vede la
partecipazione di decine e decine di
migliaia di fedeli ed è dedicata al
culto antico e profondamente sentito dei
santi medici Cosma e Damiano:
durante la processione i pellegrini
portano in segno di devozione ceri
spesso molto grossi che, sciogliendosi,
ricoprono di cera l'offerente.
Anche Ruvo racconta una storia di
cattedrali imponenti e stratificate. Qui
la cattedrale emerge sotto l'attuale
fondo stradale, ribassata almeno di tre
metri, dilatata, come spesso accadeva,
dalle cappelle gentilizie laterali che
arricchivano la chiesa, davano lustro
alle famiglie e diventavano cappelle
funerarie. Così spesso la facciata
cambiava dimensioni, e l’interno si
dilatava. Anche qui domina la purezza
del romanico, con colonne, archetti
pensili, il portale che sintetizza e
spiega, vera Biblia pauperum, tutta la
storia dell'incarnazione e della
salvezza, con le cornici concentriche e
simmetriche degli apostoli e degli
evangelisti. Tracce di affreschi
testimoniano la presenza di artisti che
forse avevano conosciuto la bottega
giottesca, con un esempio appena
accennato di prospettiva. Ma il vero
tesoro di un Ruvo è il Museo
Archeologico Jatta, nato da una
collezione privata strepitosa che risale
all'epoca degli scavi di Pompei ed
Ercolano ed è diventato Museo Nazionale
nel 1993.
Più di 2000 pezzi, databili per lo più
tra il sesto e il terzo secolo avanti
Cristo, soprattutto vasi a figure rosse,
anche di grande ampiezza, derivati
sostanzialmente da scavi effettuati
nella proprietà di questa ricca famiglia
o a Canosa o ad Egnatia oppure da
acquisti presso le botteghe antiquarie
napoletane. Il vaso più pregiato di
tutta la collezione Jatta rappresenta un
unicum: il mito del gigante Talos,
inserito nel mito degli Argonauti, a cui
Castore e Polluce sfilano il bullone che
chiudeva l’unica vena contenente piombo
fuso. Un mito rarissimo testimoniato
prima solo dall'incisione sul retro di
uno specchio, una figura che rivela una
tecnica avanzatissima di chiaroscuro
tanto da essere definita
michelangiolesca. Il gigante Talos
quindi non poteva non diventare il
simbolo di Ruvo, tanto da dare il suo
nome a tutti gli eventi culturali che si
svolgono nella cittadina.
Terra di cattedrali, il Nord Barese e
l'alta Murgia mostrano ancora oggi
una delle fonti della ricchezza che
permise nei secoli passati la
costruzione di questi grandiosi
monumenti. Non dimentichiamo che nel
1442 Alfonso quinto di Aragona aveva
istituito la dogana delle pecore in
questa zona, contribuendo ad arricchirla
con i dazi che si pagavano per la
transumanza che si spostava lungo il
Regio Tratturo. Intorno a Bitonto, a
perdita d'occhio, si estende una terra
fertile che con oltre 2 milioni di ulivi
dà un olio eccellente, il “Terra
di Bari Bitonto” DOP, dolce
nutriente e profumato, dal profumo
fruttato, e sentore leggermente amaro e
piccante. E’ caratterizzato da una
potatura particolare delle ulive che
permette di lasciare le olive più
esposte ai raggi del sole e di ottenere
una migliore qualità a scapito della
quantità. Anche la raccolta si svolge
attraverso scuotimento e rastrelli, cosa
che permette di ottenere un minor grado
di acidità. Il tutto si celebra il 1º
dicembre di ogni anno con la “giornata
della bruschetta”.
Molti i frantoi che permettono la visita
aziendale che è più affascinante là dove
la lavorazione é ancora tradizionale con
macine di pietra, tramogge, rastrelli,
apparecchi da defoliazione. Solo i
“fistuli” in giunco non si usano più per
sostenere la massa di olive macinate da
pressare.
Azienda agricola Franco Cuonzo Palombaio
tel. 080/3738012
cuonzo@libero.it , Frantoio oleario
Giovanni Napoli tel. 080/3717912
www.frantoionapoli.it , San Barbato,
Mariotto, tel 08073736430, Azienda
agricola Labianca Palombaio tel 080/37
44544,
www.aziendaagricolabianca.com ,
Oleificio Maggio Bitonto tel
080/8748755, Frantoio oleario Nicola
Marrone Bitonto,
www.oliomarrone.com
Facile spiegare a questo punto
l'eccellenza e il sapore della cucina
pugliese arricchita da questo
condimento: cavatelli ai frutti di mare,
pizze rustiche, puré di fave,
orecchiette al ragù, grigliate e
frittate di verdure, merluzzo croccante
in pastella, seppioline ripiene in
umido, agnello alla Murgese, zuppe di
legumi, fave, ceci e lenticchie.
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