Lessinia
nord orientale con montagna e colline
fuori dal traffico turistico,
straordinaria per studiosi e
appassionati di paleontologia.
Sopravvive la cultura dei Cimbri,
popolazione arrivata dalla Baviera
intorno al 1300, in questo microcosmo
dove il Medioevo incontra il XXI secolo,
tra chiese assorte nel silenzio, case di
pietra, trombini fumanti, aria tersa che
pulisce i pensieri, l’erbecedario per la
cura e il benessere, eliche al vento,
pannelli solari. Generosa la natura e
intelligenti coloro che accolgono vento
e sole come energia rinnovabile.
Includendo, nei doni naturali e nella
laboriosità umana, l’energia
gioiosamente rinnovabile dell’autoctono
Lessini Durello Doc. Tradizioni e hitech
sparse tra pascoli, sentieri della fede,
creste boscose e una rete di musei che
nutrono memoria e conoscenza. Dove
curatori e associazioni (Gruppo Alte
valli della Lessinia orientale, per
esempio), prima di adeguarsi
all’immaginario turistico, mettono in
mostra “pezzi” scelti e meditati per sé,
per le proprie passioni di ricercatori
sull’origine delle cose e cultori del
tempo perduto e ritrovato. Svetta sul
Monte Pecora a Badia Calavena la
prima pala per l’energia eolica del
Veneto e Sprea, tre case e una
chiesa raggiungibili zigzagando intorno
al monte, ha fatto della secolare
tradizione erboristica un centro
benessere. Complice Don Zocca, il prete
che nel secolo scorso raccoglieva le
erbe, curava i valligiani e gli amici
dei valligiani fino a dove si spargeva
la voce dei suoi poteri. Una testimone
oculare racconta da sessant’anni che
quando le SS, dopo una feroce retata a
S. Andrea, lo prelevarono per la
deportazione, l’auto si fermava; sceso
lui, l’auto ripartiva e così finchè non
lo lasciarono mezzo morto sulla strada
pur di tornare in Germania. Da vasi,
alambicchi e quaderni polverosi in
canonica, è nata un’erboristeria frutto
delle preziose piante della Lessinia.
Vicino, un ristorante di cucina
tradizionale e vegetariana e un centro
benessere detossinante e rivitalizzante,
con antichi rimedi aggiornati come i
cataplasmi di farine vegetali e le calze
basiche, tipo calzettoni che riscaldando
i piedi conciliano il sonno. Rete di
associazioni che preservano e
valorizzano il territorio e rete di
musei sulla cultura materiale. Due
esempi, uno noto in tutto il mondo,
l’altro sconosciuto ai più: l’ecomuseo
monotematico “La selce”, dove, al posto
delle raccolte “antiquarie”, sono
esposte pietre in divenire nei vari
ambienti, dall’origine della selce al
paleolitico superiore dell’homo sapiens
sapiens (che esagerato due volte
“sapiens”, quando continua a distruggere
la terra in cui vive! Oppure è vero che
i semi generanti vengono dallo
spazio???). Davvero interessante il
fatto che gli oggetti esposti sono
realizzati con le tecniche
dell’archeologia sperimentale. Vengono
da tutto il mondo a visitare il museo
dei fossili di Bolca (frazione di
Vestenanuova), estratti da secoli dalla
famiglia Cerato. Sono specie vegetali e
animali bellissime e di grande valore
scientifico, dai pesci angelo alle
palme, risalenti agli ambienti lagunari
dell’Eocene, ritrovati a m. 800 slm. Da
qui, antichi sentieri conducono al
vulcano spento di Purga, alla Pesciara
dove si scavano i fossili, ai basalti
colonnari, alle cave di lignite fino
alla vecchia ghiacciaia (Giassara del
Feo). Immancabile la festa: quella della
Paleontologia si svolge a Bolca a
luglio. Il settecentesco Mulino dei Gaji
(Vestenanuova) ha funzionato fino
al 1967 con acqua di torrente; ora gli
ingranaggi si rimettono in moto per
visitatori e scolaresche.
Focus sulle tradizioni popolari: sparano
i trombini o pistoni, grossi fucili ad
avancarica derivati
dall’archibugio, che con scoppio
assordante lanciano nuvole di fumo,
richiamando fuoco e selce, azionati
nelle feste dai Pistonieri dell’Abbazia.
Il museo dei trombini con raro esemplare
veneziano risalente al 1500 si trova a
San Bortolo di Selva di Progno. Strano
quel monumento all’inizio del paese di
S. Andrea (Badia Calavena). Una
lumaca? Sì, il monumento al bogon
(lumaca) in bronzo. Tanta fama deriva
dalla secolare fiera dei bogoni, a fine
novembre, dove trionfa il piatto
“polenta e bogoni”, con profumatissimo
strascico di tartufo locale. Chi fa la
staffetta tra ammoniti, trombini, pievi
solitarie ma non abbandonate (restaurata
quella di San’Antonio Abate a
Vestenavecchia), corti storiche e sapori
indigeni? Il Lessini Durello Doc,
il bianco di quest’ambiente selvatico e
preservato, custode delle quattro T:
tradizione, tutela, territorio, tempo.
Nel senso che occorre il tempo giusto
per ottenere la giusta qualità e lo
spumante a metodo classico è veramente
artigianale, fatto a mano. Nasce
nell’area dei Monti Lessini tra Verona e
Vicenza da vitigno autoctono di uva
Durella; la presenza preistorica
dell’antenata vitifera è documenta nei
fossili di Bolca. La produzione di 3
milioni di bottiglie comprende vini
tranquilli e spumanti d’alta collina (ma
anche recenti emozionanti passiti).
Spiccata è la vocazione del Durello alla
spumantizzazione, per la sua vivace
acidità che rende le bollicine fresche,
piacevolmente acidule, di spiccato
corpo, ottime come aperitivo. Generose
in tavola, le tipologie del Durello
accompagnano un pasto intero,
dall’aperitivo al dessert, esaltando
pesce di mare, ostriche, trote, baccalà
alla vicentina, minestre di erbe,
lumache, polenta e “musso” (asino)
formaggi…fino alla bocca dolce finale.
Gioco piacevole è sperimentare la sua
versatilità con le pietanze, per capire
fino a dove si prolunga la qualità.
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della Lessinia, clicca
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