Dicono che in Abruzzo non ci sia
bisogno di musei, perché i musei sono a
cielo aperto. Eremi, borghi, abbazie
raccontano storie di popoli, culture
lontane, riguardo per l'ospitalità. Per
scoprirli si attraversano strade che
costeggiano i calanchi, o scavalcano le
colline coperte di ulivi, campi di
papaveri e di ginestre. Strade che
spesso coincidono con itinerari golosi
delle “vie del vino o dell'olio”.
All'orizzonte cocuzzoli su cui si
arrampicano case di pietra e campanili,
sullo sfondo le cime innevate anche in
estate della Maiella e del Gran Sasso,
le più alte di tutti gli Appennini.
L’Abruzzo rivela i suoi privilegi di
regione centrale che in 50 chilometri
porta dall'Adriatico ai campi da sci. Il
castello di Salle, dalla pianta
quadrangolare irregolare, con imponenti
mura interrotte da torri con merlature
quadrangolari, offre da una terrazza una
magnifica vista sul fiume Orta e la
Maiella. È la dimora signorile
restaurata dopo terremoti, frane e
attacchi di ogni tipo dai signori di
Genova, proprietari dal lontano 1646.
Con questa famiglia che amava
soggiornare qui, lontano dai centri del
potere, il castello perse l'aspetto
medievale e difensivo per diventare un
palazzo elegante circondato da un bel
giardino all'italiana, ricco di
magnifici arredi. Per merito degli
attuali proprietari, il barone Mario di
Genova di Salle e il Cavaliere Fabrizio
Mechi, si possono visitare le sale con
armi, armature, decorazioni militari e
cavalleresche, quadri, fotografie e
arredi di grande fascino.
www.castellodisalle.it
castello.salle@libero.it
Sulle pendici della Maiella si
trova anche l'eremo di San Bartolomeo
in Legio, il più spettacolare forse
degli eremi abruzzesi, legato come gli
altri alla figura del celebre eremita
Pietro, divenuto Papa col nome di
Celestino V nel 1294. Legato alle
pendici più scoscese del massiccio
abruzzese, alla ricerca dei luoghi più
desolati e inaccessibili, Pietro abitò
anche qui, in questo luogo protetto da
uno sperone di roccia, a cui si giunge
dopo una ripida discesa, attraversando
un grande foro nella roccia con i
gradini scolpiti nella pietra nuda. Tra
roccia, boschi e il torrente
sottostante, in cui si parlava di una
fonte benedetta, appaiono le tracce
della vita monastica: una piccola
cappella affrescata, un altare, una
grande croce di ferro.
Il castello di Elice, a pochi
chilometri da Pescara, si trova
all'interno di un piccolo borgo
longobardo sorto nel feudo dell’abbazia
di San Clemente a Casauria,
immerso in un paesaggio sconfinato dove
sulle colline morbide e arrotondate si
stendono vigneti, casali e alberi da
frutta. Qui in estate si svolgono sagre
golose dedicate al formaggio sott'olio,
alla pasta alla mugnaia, formata da un
filo lavorato e schiacciato a mano,
lunghissimo, da condire con corposi
sughi di carne. L'origine di questa
pasta deriva probabilmente dagli antichi
mulini ad acqua che costeggiavano il
fiume Fino intorno al paese, dove i
mugnai pranzavano con un unico
lunghissimo filo di acqua e farina
condito con olio, aglio e peperoncino,
offerto addirittura anche a Federico
Barbarossa. Mugnaia di Elice “Pastificio
di prodotti tipici abruzzesi”
www.mugnaia.it
,
info@mugnaia.it
Per arrivare a Carunchio si
scende a sud verso Vasto, percorrendo la
famosa “costa dei trabocchi”, che
apre le sue spiagge sulle pittoresche
casette di lunghi pali in legno,
collocate direttamente nel mare e usate
come “case da pesca”. Dalla
piattaforma, legata alla terra ferma da
una lunga sottile passerella, il
pescatore cala in mare la rete, secondo
un'abitudine attestata fin dal 1400,
nella cronaca di un frate celestino.
Anche Gabriele D'Annunzio fu affascinato
dall'atmosfera di questi luoghi e li
descrisse nella loro tipicità in un
famoso passo de “Il trionfo della
morte”, scritto proprio nella quiete
della sua villa isolata in questo tratto
di costa. A Carunchio in cima al paese
definito uno dei borghi più belli
d'Italia, sorge il palazzo Tour d’Eau,
costruito nel 1800 per una nobile
famiglia di Marsiglia e oggi gestito da
intraprendenti signori locali che ne
hanno fatto un relais di classe,
dedicato ad accogliere pochi ospiti
selezionati, italiani e internazionali,
interessati a scoprire il territorio con
visite organizzate e a seguire lezioni
di cucina tipica abruzzese. Il paese di
Carunchio infatti è famoso per la sua
tradizione culinaria così come tutta la
zona: famosa é anche la produzione di
ventricina, cinghiale e tartufo e il
ristorante del palazzo Tour d’Eau
rielabora con eccellente creatività le
vecchie ricette dell'antica tradizione
montana abruzzese, introducendo gli
ospiti nei segreti di ingredienti,
mescolanze, sapori legati anche ad
antichi rituali. Come i “biscotti delle
spose”, che il giorno prima del
matrimonio le amiche della sposa
andavano a cucinare nella sua casa come
augurio di gioia e fertilità.
www.palazzotd.com
info@palazzotd.com
www.abruzzocibus.com
Tra i borghi più belli d'Italia c'è
anche Pescocostanzo, un delizioso
paese collocato con Roccaraso e
Rivisondoli negli Altipiani
maggiori d’Abruzzo. Un eccezionale
patrimonio di monumenti rinascimentali
e barocchi testimonia la straordinaria
vicenda artistica e culturale di
Pescocostanzo che conquistò successo e
ricchezza soprattutto tra il 1400 e il
1700. Si era infatti verificata una
serie di circostanze favorevoli: la
vicinanza alla via che collegava il sud
con il centro Nord dell'Italia,
l'affermarsi di una classe dirigente
locale colta e avanzata arricchita
dall'industria dell’ovicultura, i
rapporti intensi con il regno di Napoli
e con l'abbazia di Monte Cassino, i
grandi feudatari locali come i Colonna.
Questo determinò anche l'arrivo di
maestranze lombarde di muratori,
scalpellini, intagliatori. Quello che
più colpisce nella visita a
Pescocostanzo è proprio la
concentrazione di tanti valori artistici
e monumentali in un piccolo centro che
conta oggi 1500 abitanti. Soprattutto
domina la basilica di Santa Maria del
colle, aperta da un magnifico portale
tardo romanico e dalla grandiosa
architettura a pilastri e archi in
pietra. Spiccano i soffitti a cassettoni
in legno scolpito e dorato che coprono
tutte le navate, una grandiosa cantoria
in legno intagliato, le opere in ferro
battuto e i bellissimi altari in pietra,
legno e marmo dalla sottile lavorazione
a intarsi. L'abilità artistica dei
maestri pescolani non finisce qui, non
si esaurisce nei monumenti pubblici.
Prosegue invece nella lavorazione del
merletto e dell’oro che testimoniano
ugualmente gusto ed eleganza. E’
soprattutto l'arte della filigrana che
inserisce nell’oro piccoli grani di
corallo quella che attira l'attenzione
dei visitatori: che scoprono anche
modelli di gioielli insoliti, legati
alle usanze antiche dei doni realizzati
per occasioni particolari. La stessa
sottile eleganza disegna pizzi
trasparenti realizzati con incredibile
velocità e abilità attraverso l'uso dei
fuselli del tombolo. E questa arte del
ricamo sia in filo che in oro si
trasmette dalla tradizione alla
modernità con gli intrecci sapienti
creati da veri artisti del gioiello come
Italo Lupo che opera tra Pescara e
Bolognano, rileggendo alla luce del suo
gusto e di uno stile moderno i modelli
più famosi della tradizione come la “presentosa”,
spilla di fidanzamento caratterizzata da
due cuori intrecciati
www.italolupo.it
luporo@italolupo.it
Se è vero che eremi, borghi e castelli
sono musei a cielo aperto, c'è anche un
museo davvero imperdibile. È il “Museo
delle tradizioni e arti contadine”
di Picciano a soli 25 km da Pescara.
Tenacemente voluto dalla famiglia del
dottor Franco di Silverio, il museo è
una struttura privata riconosciuta come
fondazione che oggi rappresenta una
realtà importante per testimoniare la
vita del passato. Suddiviso in settori,
comprende un’area dedicata alla cucina
di fine 800 che comprende una collezione
di contenitori del grano dal 1400 al
1900, una collezione di macinatori di
orzo e di caffè dal 1600 fino al 1800.
Nell’area del grano sono esposti un
mulino del 1800, un separatore di farina
del 1700 e la ricostruzione per intero
del pastificio De Cecco com’era nel
1700. L’area dell’olio comprende
addirittura una macina etrusca dell’800
a.C. e poi torchi e presse del 1500 fino
ai contenitori dell’olio di epoca
borbonica. L’area della canapa, del lino
e della lana ricostruisce tutto il ciclo
di lavorazione di queste fibre naturali
con differenti telai, i corredi più
comuni e più ricchi. Una camera da letto
di fine ‘800 attira l’attenzione con il
cassone della sposa dove veniva
presentata la dote a casa della suocera
per il contratto di matrimonio. Anche il
patio esterno del museo rappresenta
un’area didattica perché è destinato ad
ospitare alcune botteghe artigianali e
vari tipi di aratri dalla fine del ‘700.
www.mutac.org
info@mutac.org
Fatica della terra, del lavoro, della
conquista del cibo quotidiano. Oggi la
fatica si é ridotta, ma sono rimasti
profumi e sapori e l’autenticità della
cucina di una volta. Se le eccellenze
abruzzesi sono di paesaggio e di
cultura, eccellenze assolute sono
sicuramente quelle enogastronomiche
mantenute intatte nel rispetto della
tradizione e della semplicità degli
ingredienti. Tra i primi piatti, oltre
la pasta fatta a mano come gnocchi,
tacconelli e tacconi, spicca in inverno
la polenta condita con carne di maiale e
ragù di agnello. Il tutto condito
ovviamente da abbondante formaggio
pecorino. La carne ovina di agnello e
castrato è alla base di secondi piatti
cotti semplicemente sulla brace o al
forno. Moltissime le verdure anche
selvatiche lavorate sott’olio per
deliziosi antipasti o soffritte,
arrostite o grigliate come contorni.
Infine un vero paradiso per i golosi è
tutta l’offerta dolciaria di
mostaccioli, bocconotti alla marmellata
d’uva, amaretti, pizze dolci,
cicerchiata al miele. Massimo esempio
dell’enogastronomia abruzzese è la
panarda, un rituale di consumo
collettivo del cibo che, specialmente
nell’aquilano, corrispondeva a precise
ricorrenze di feste pubbliche e private.
Ci si mette a tavola per rimanere 8/10
ore in compagnia, assaporando almeno 50
portate a cui non ci si può sottrarre.
La cucina leggera e le porzioni ridotte
permettono di apprezzare ciò fino alla
fine, tra canti e musica, poesie in rima
, battute sui commensali. Come si può
immaginare, il pranzo si protrae per
tutta la notte fino alla conclusione che
vede un grande falò simbolico, spesso
accompagnato da fuochi di artificio.
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