I“Ho
l’arpa al collo, son viggianese/ tutta
la terra è il mio paese/ come la rondine
che lascia il nido/ passo cantando di
lido in lido”.
Pochi conoscono la tradizione dell’arpa
di Viggiano, legata ad un piccolo
centro della Basilicata. Già da secoli
in questo paese della Val d’Agri era
diffusa l’usanza di costruire e suonare
l’arpa, che poi, con spostamenti ed
emigrazioni, veniva portata in giro per
il mondo. Un paese ridente e
appassionato di musica di cui Pascoli,
inviato come commissario di una
commissione di esami, scriveva nel 1884
in una lettera a Carducci “Il paese non
è grande, ma nemmeno piccolo, l'aria è
ottima, pittoreschi i dintorni, le
rovine di Grumento a pochi passi,
arpeggiamenti per tutto”.
Ma se Viggiano ha una tradizione
sconosciuta alla maggior parte degli
Italiani, la Basilicata intera è una
regione appartata e un po’ misteriosa,
lontana dalle rotte più consuete del
turismo. Lontana da sempre dalle rotte
consuete e terra di confino da quando
Carlo Levi, arrivando ad Aliano,
oltre i luoghi dove “Cristo si era
fermato”, scopriva terre lunari e
sorprendenti, che potevano identificare
altri mondi, altra mentalità, altra
umanità addirittura. E non dimentichiamo
altri emigranti famosi, resi celebri
dalle facce intense degli attori che
Visconti scelse per il film “Rocco e
i suoi fratelli”. In Basilicata c’è
la splendida, selvaggia Val d’Agri,
tutta da scoprire nelle sue valenze
storiche, paesaggistiche e
gastronomiche. “Saperi e sapori”
potremmo dire, giacimenti di culture e
tradizioni autentiche. Offre uno spunto
la bella “Guida alla Val d’Agri” appena
pubblicata nelle edizioni Carsa per
iniziativa del Galakiris, che riesce a
cogliere con uno sguardo di sintesi la
molteplicità della valle. In basso
scorre l’Agri o Akiris
alla greca, che costituisce la ricchezza
per l’agricoltura della regione, insieme
con numerose sorgenti nei boschi e nei
monti circostanti, il Sirino, il
Volturino, il Raparo. Il lago
artificiale Pertusillo è un’altra
riserva d’acqua pittoresca, nella quale
si specchiano le cime imbiancate del
monte Sirino. La terra é ricca di
prodotti che hanno ottenuto vari
riconoscimenti, salumi, latticini,
verdure, olio e vino, e compongono un
quadro di colori allettanti: il giallo
oro dell’olio extravergine d’oliva
certificato di Montemurro e quello
dell’Alto Sauro, il rosso rubino del
vino doc “Terre dell’Alta Val d’Agri”
e del “Grottino di Roccanova, il rosso
intrigante dei peperoni igp di Senise.
Polpa sottile e peduncolo resistente, si
presentano nelle classiche serte, appese
ai balconi o in locali freschi e ariosi
per l'essiccazione. Una ricetta davvero
originale che si trova solo qui e solo
qui sanno realizzare con abilità, sono i
peperoni cruschi, che, una volta
essiccati, vengono rapidamente saltati
in olio bollente . Non c’è pranzo o cena
in Val d’Agri dove non servano i
peperoni cruschi, da soli come contorno,
polverizzati per condire paste asciutte
e zuppe o addirittura da sgranocchiare
come aperitivo, abbinati ad un buon
calice di bianco aromatico.
Altro protagonista della tavola qui è il
fagiolo igp di Sarconi a cui è
dedicata una sagra in agosto: ma tutto
l'anno insaporisce le famose zuppe che
nell'usanza contadina della Lucania
costituivano il piatto più comune,
completo e nutriente. Pentole di coccio
e fuoco del camino, aromi naturali e un
buon battuto di lardo erano gli
ingredienti delle massaie di una volta,
che oggi vengono recuperati dalla dieta
mediterranea.
Ma la Val d’Agri non attira solo i
gastronauti alla ricerca di sapori
genuini e dimenticati. Gli scavi di
Grumentum rivelano i tesori
archeologici di questa Magna Grecia
percorsa da popoli fin dal neolitico.
Dopo i pastori transumanti della cultura
appenninica, le colonie greche del
litorale ionico, i guerrieri Lucani in
cerca di pascoli e terre fertili
provenienti dal Sannio e dall'Irpinia,
la forte politica espansionistica di
Roma nel terzo secolo avanti Cristo
lasciò le sue tracce importanti.
Grumentum fu fondata per la sua
posizione strategica, come centro
militare e commerciale: un impianto
tipico del castrum romano, una cinta
muraria che delimita il centro abitato,
un teatro alto 9 metri, le terme, un
anfiteatro, grandi ville dai pavimenti a
mosaico. Dal foro proviene probabilmente
la testa in marmo di Livia Drusilla,
moglie di Augusto, simbolo del museo di
Grumentum. La via Herculia,
realizzata nel terzo secolo d.C. sotto
Diocleziano, partendo da Venosa sulla
via Appia, collegava i principali centri
della Lucania, toccando Grumentum fino a
Heraclea: inserita nel progetto “Cammini
d'Europa”, potrebbe essere via
preferenziale e chiave di lettura per la
visita della Lucania e della Val d'Agri.
Proprio con la distruzione di Grumentum
intorno all'anno 1000, si verificò uno
spopolamento del centro valle e la
fondazione di piccoli borghi sulle cime
delle colline, piccoli borghi che
attraverso i secoli e le dominazioni
normanna, longobarda e angioina,
giungono a formare gli attuali comuni
della Val d'Agri. L’area archeologica si
stende ai piedi del paese di Grumento
Nova, che, come tutti i paesi della
valle, si staglia sulla collina a
cocuzzolo, dominato in alto
dall’imponente chiesa madre e con tutte
le case disposte intorno armonicamente.
Paesi assolati e tranquilli dove la vita
scorre placida, in totale sicurezza.
Forse un po’ nostalgici di passati
splendori e ricchezze scomparse. Come
Montemurro, dove frantoi imponenti
raccontano una grande sicurezza
commerciale fatta di concerie, prodotti
della
terra e mulini, oppure come avviene a
Moliterno, un paese dove si respira
l’aria di un nobile passato. Lo
testimoniano i fondaci dei palazzi
signorili, grandi spazi sotto il livello
stradale dedicati ad accogliere gli
animali e far stagionare i formaggi.
Famoso e inimitabile il pecorino
“canestrato” di Moliterno, che ha
ricevuto il riconoscimento igp: prodotto
stagionalmente con latte di pecore e
capre, a pasta dura uniforme, di colore
giallo paglierino, dal sapore piccante,
forte e aromatico. Un tempo il
formaggio, appena scaricato dai muli,
fresco di 8/10 giorni, veniva posto nel
fondaco, formato da due grandi ambienti
divisi da arcate e con i pavimenti in
pendenza per favorire lo scolo della
salamoia. Le forme venivano lavate con
acqua tiepida, poste nelle fustelle,
fatte scolare, e salate esclusivamente
con sale minerale pestato nel mortaio.
In occasione di qualche sagra popolare i
fondaci rivivono, animati da tarantelle
di gruppi musicali, ricordando i tempi
in cui questo, come altri paesi della
zona, aveva una popolazione molto più
numerosa. L’emigrazione non finisce
ancora, per uno strano paradosso. Mentre
la Val d’Agri, dallo sfruttamento dei
diritti di giacimenti petroliferi,
riceve somme considerevoli, pare che i
benefici non raggiungano in forma
tangibile le popolazioni dei paesi
interessati e soprattutto non riescano
ancora ad innescare un percorso virtuoso
di imprenditorialità attiva, che offra
lavoro ai giovani, aiutandoli a rimanere
nella loro terra. Qualche esempio
coraggioso meriterebbe più attenzione,
come la cooperativa dei giovani di
Moliterno Gruppo Naturalistico
Moliternese che si occupa di educazione
ambientale. Sono loro ad occuparsi della
bellissima oasi naturale protetta “Bosco
Faggeto di Moliterno”, situato sui
contrafforti sudoccidentali
dell’Appennino Lucano a quote che
oscillano fra i 950 e il 1200 metri, tra
gli scenari più suggestivi della
Basilicata. Il bosco esteso più di 300
ettari di proprietà comunale è
caratterizzato dalla presenza di alti
faggi uniti agli aceri e ai tigli. Nei
punti più freschi e umidi domina il
pioppo tremulo. In tutto il bosco sono
state censite 790 specie di fiori di cui
70 rari, endemici e vulnerabili, dai
crochi ai cornioli, dalle viole alle
primule, fino a un'infinità di orchidee
di rara bellezza che in primavera si
trovano lungo un sentiero a loro
dedicato. Lupi, cinghiali, gatti
selvatici e volpi trovano nel bosco un
habitat perfetto per nutrirsi e
riprodursi. L'assoluta valenza
ambientale di tutto questo territorio
trova riscontro nel recentissimo decreto
del dicembre 2007 che istituisce il
Parco Nazionale dell’Appennino
meridionale Val d'Agri Lagonegrese,
cerniera vitale con i due parchi
nazionali confinanti, quello del Cilento
e quello del Pollino.
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