A più di dieci anni dalla fine della
guerra civile jugoslava, la Bosnia ed
Erzegovina torna a riproporsi al mondo
come meta di viaggio. Una meta speciale,
un mondo antico e complesso – l’unico
Paese a maggioranza islamica d’Europa –
incorniciato da aspre montagne e
percorso da fiumi tumultuosi, dove le
tradizioni hanno radici forti e profonde
e l’ospite è ancora, veramente, sacro.
Il cruento conflitto interetnico
terminato nel 1995 ha lasciato un Paese
unico ma suddiviso in due entità: una
repubblica serbo-bosniaca di religione
ortodossa (Republika Srpska) e una
federazione musulmano-croata (Federacija
Bosne i Hercegovine) a sua volta
suddivisa nella Bosnia centrale, abitata
in prevalenza da bosniaci musulmani, e
l’Erzegovina, la regione sud-occidentale
a predominante popolazione
croato-cattolica. Un Paese dove,
nonostante le sue diverse anime, il
viaggiatore può muoversi tranquillo:
l’atteggiamento verso il visitatore
straniero è sempre improntato a
cordialità e disponibilità. Fra la
gente, di qualunque etnia o religione,
si avverte solo un grande desiderio di
tornare a una vita normale, dimenticando
gli anni della distruzione e del lutto.
Eccoci nei Balcani
Entrando in Bosnia da nord, superato il
valico di frontiera di Bosanska Gradiska,
si vedono le prime tracce della recente
guerra: qualche casa sventrata, facciate
crivellate di colpi e tanti edifici
nuovissimi, con tutta evidenza
ricostruiti dopo la fine della guerra.
Qua e là svetta un minareto, anch’esso
nuovo di zecca: i luoghi di culto
musulmani distrutti durante le
operazioni belliche sono stati subito
riedificati, spesso finanziati dai Paesi
islamici.
A Banja Luka siamo ormai nei Balcani.
“Sono sparite le proporzioni armoniose
della città a cui aveva dato l’impronta
un Ottocento centroeuropeo opulento e
comincia un pittoresco disordine”, ha
scritto Demetrio Volcic. Con circa
220.000 abitanti, Banja Luka è la
seconda città della Bosnia, e oggi è la
capitale della Republika Srpska. Prima
della guerra civile vi regnava la
vivacità e l’eterogeneità dei centri
bosniaci, mentre ora la sua popolazione
è quasi interamente serba. Il conflitto
del 1992-95 a Banja Luka ha completato
l’opera del terremoto del 1969: dal
moderno panorama urbano sono scomparse
quasi tutte le testimonianze ottomane.
Il trecentesco Castello (Kastel Tvrdjava),
sul fiume Vrbas, è il monumento più
antico e meglio conservato, mentre nei
pressi restano alcune “mahala”, antichi
rioni turchi di case sette-ottocentesche.
La Bosnia centrale
La veduta più spettacolare di
Jajce si
gode da sud: qui con un colpo d’occhio
si abbraccia la cascata della Pliva che
si getta nel Vrbas, e, dietro, tutta la
Città Vecchia che ricopre lo stondato
rilievo dominato dalla Fortezza (Tvrdjava).
Prima del 1992 la città contava 250.000
turisti l’anno, ed era definita
“Dubrovnik continentale” o “Venezia
bosniaca”. I suoi monumenti, danneggiati
dalla guerra civile, vengono via via
restaurati e la città oggi attende di
entrare nel Patrimonio dell’Umanità
dell’Unesco. Proseguendo verso Sarajevo,
ecco quindi Travnik, dal forte sapore
orientale, con pregevoli edifici civili
e sacri d’età ottomana, quando era sede
del pascià di Bosnia e importante nodo
di scambi commerciali. Affascinante la
veduta dell’abitato irto di minareti che
si gode dall’alto degli spalti della
fortezza quattrocentesca sul fianco
della montagna. Fra i molti monumenti
spicca la Sarena Dzamija (Moschea
Colorata), con porte in legno scolpito e
pareti dipinte. A due passi, lungo il
fiume, anche qui resta l’antica,
suggestiva mahala. A Travnik nacque lo
scrittore Ivo Andric (1892-1965), Nobel
per la letteratura nel 1961, cui rende
omaggio un piccolo museo.
Sarajevo
Forse non c’è altra città al mondo in
cui convivano da secoli musulmani,
ortodossi, cattolici, ebrei,
protestanti. La guerra del 1992-95
sembra aver cancellato questo mosaico
multietnico e multiconfessionale di cui
la bella città bagnata dalla Miljacka
andava fiera. Comunque sia, ancora oggi
– con una predominate atmosfera islamica
– Sarajevo si rivela una sorpresa, uno
speciale, affascinante mondo a sé, che
la recente, tremenda guerra sembra aver
reso ancor più intrigante. Nei pressi
della Biblioteca Nazionale, uno dei
simboli della città, la suggestiva
Bascarsija è lo storico quartiere turco
dei commerci sorto intorno al serraglio
da cui prese nome Sarajevo (“Palazzo fra
i campi”). Percorrendo la lunga
direttrice che, partendo da piazza
Bascarsija, fende la Città Vecchia da
est a ovest (l’ulica Saraci che diventa
Ferhadija e e poi, piegando a nord-est,
sfocia nell’ulica Marsala Tita) si
proverà la sensazione di un viaggio
nella storia: man mano che si procede si
passa man mano da un trafficato suq
orientale a un’elegante strada
mitteleuropea della Belle Epoque. Quasi
un viaggio da Istanbul a Vienna, ma in
poche decine di metri. In fondo alla
Ferhadija si può proseguire per l’ulica
Tita, tipica strada jugoslava del
dopoguerra modellata dalla retorica
socialista.
L’Erzegovina
Lungo la valle della Neretva, che scorre
tra scoscese montagne verso l’Adriatico,
si giunge a Mostar, la città del celebre
Ponte Vecchio (“Stari most”) sorto nel
1566, quando la città divenne il centro
amministrativo e militare
dell’Erzegovina ottomana. Negli undici
mesi della guerra fra croati e musulmani
(1993-94), tutti i ponti che collegavano
le rive del fiume furono distrutti. Il
ponte, simbolo di dialogo fra le due
parti della città e della federazione
croato-musulmana, fu ricostruito nel
2004, insieme al Kujundziluk, l’antico
quartiere turco dove, fra vecchie case,
moschee e negozietti di antichità e
artigianato, sono tornati ad affluire
numerosi i turisti che, fra i souvenir,
trovano anche cimeli della recente
guerra.
A sud di Mostar la strada continua lungo
il corso della Neretva. Le attrazioni
che invitano a deviare dal percorso, in
questo bell’angolo di Erzegovina, sono
molte: Blagaj, con il monastero
derviscio appollaiato nella grotta dove
sgorga la sorgente del fiume Buna;
Pocitelj, borgo ottomano cinquecentesco
tutelato dall’Unesco; Medjugorje, dove
il 24 giugno 1981 apparve la Madonna,
oggi diventata la seconda meta di
pellegrinaggi cattolici del mondo.
Abbiamo voluto concludere il viaggio
attraverso questo Paese meraviglioso,
così prossimo a noi ma così misterioso,
a Radimlja, dove incontriamo un fenomeno
tipicamente bosniaco, una delle più
importanti necropoli bogomile del Paese:
133 “stecci”, caratteristici sarcofagi
di pietra scolpiti, restano unici
testimoni silenziosi di una misteriosa
setta eretica cristiana medievale,
quella dei bogomili (“cari a Dio”), che
non ha lasciato altri segni del suo
passaggio su questa terra.
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