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Bosnia ed Erzegovina: tanta voglia di normalità

testo e foto di Roberto M. Polce

 

A più di dieci anni dalla fine della guerra civile jugoslava, la Bosnia ed Erzegovina torna a riproporsi al mondo come meta di viaggio. Una meta speciale, un mondo antico e complesso – l’unico Paese a maggioranza islamica d’Europa – incorniciato da aspre montagne e percorso da fiumi tumultuosi, dove le tradizioni hanno radici forti e profonde e l’ospite è ancora, veramente, sacro.
Il cruento conflitto interetnico terminato nel 1995 ha lasciato un Paese unico ma suddiviso in due entità: una repubblica serbo-bosniaca di religione ortodossa (Republika Srpska) e una federazione musulmano-croata (Federacija Bosne i Hercegovine) a sua volta suddivisa nella Bosnia centrale, abitata in prevalenza da bosniaci musulmani, e l’Erzegovina, la regione sud-occidentale a predominante popolazione croato-cattolica. Un Paese dove, nonostante le sue diverse anime, il viaggiatore può muoversi tranquillo: l’atteggiamento verso il visitatore straniero è sempre improntato a cordialità e disponibilità. Fra la gente, di qualunque etnia o religione, si avverte solo un grande desiderio di tornare a una vita normale, dimenticando gli anni della distruzione e del lutto.

Eccoci nei Balcani
Entrando in Bosnia da nord, superato il valico di frontiera di Bosanska Gradiska, si vedono le prime tracce della recente guerra: qualche casa sventrata, facciate crivellate di colpi e tanti edifici nuovissimi, con tutta evidenza ricostruiti dopo la fine della guerra. Qua e là svetta un minareto, anch’esso nuovo di zecca: i luoghi di culto musulmani distrutti durante le operazioni belliche sono stati subito riedificati, spesso finanziati dai Paesi islamici.
A Banja Luka siamo ormai nei Balcani. “Sono sparite le proporzioni armoniose della città a cui aveva dato l’impronta un Ottocento centroeuropeo opulento e comincia un pittoresco disordine”, ha scritto Demetrio Volcic. Con circa 220.000 abitanti, Banja Luka è la seconda città della Bosnia, e oggi è la capitale della Republika Srpska. Prima della guerra civile vi regnava la vivacità e l’eterogeneità dei centri bosniaci, mentre ora la sua popolazione è quasi interamente serba. Il conflitto del 1992-95 a Banja Luka ha completato l’opera del terremoto del 1969: dal moderno panorama urbano sono scomparse quasi tutte le testimonianze ottomane. Il trecentesco Castello (Kastel Tvrdjava), sul fiume Vrbas, è il monumento più antico e meglio conservato, mentre nei pressi restano alcune “mahala”, antichi rioni turchi di case sette-ottocentesche.

La Bosnia centrale
La veduta più spettacolare di Jajce si gode da sud: qui con un colpo d’occhio si abbraccia la cascata della Pliva che si getta nel Vrbas, e, dietro, tutta la Città Vecchia che ricopre lo stondato rilievo dominato dalla Fortezza (Tvrdjava). Prima del 1992 la città contava 250.000 turisti l’anno, ed era definita “Dubrovnik continentale” o “Venezia bosniaca”. I suoi monumenti, danneggiati dalla guerra civile, vengono via via restaurati e la città oggi attende di entrare nel Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco. Proseguendo verso Sarajevo, ecco quindi Travnik, dal forte sapore orientale, con pregevoli edifici civili e sacri d’età ottomana, quando era sede del pascià di Bosnia e importante nodo di scambi commerciali. Affascinante la veduta dell’abitato irto di minareti che si gode dall’alto degli spalti della fortezza quattrocentesca sul fianco della montagna. Fra i molti monumenti spicca la Sarena Dzamija (Moschea Colorata), con porte in legno scolpito e pareti dipinte. A due passi, lungo il fiume, anche qui resta l’antica, suggestiva mahala. A Travnik nacque lo scrittore Ivo Andric (1892-1965), Nobel per la letteratura nel 1961, cui rende omaggio un piccolo museo.

Sarajevo
Forse non c’è altra città al mondo in cui convivano da secoli musulmani, ortodossi, cattolici, ebrei, protestanti. La guerra del 1992-95 sembra aver cancellato questo mosaico multietnico e multiconfessionale di cui la bella città bagnata dalla Miljacka andava fiera. Comunque sia, ancora oggi – con una predominate atmosfera islamica – Sarajevo si rivela una sorpresa, uno speciale, affascinante mondo a sé, che la recente, tremenda guerra sembra aver reso ancor più intrigante. Nei pressi della Biblioteca Nazionale, uno dei simboli della città, la suggestiva Bascarsija è lo storico quartiere turco dei commerci sorto intorno al serraglio da cui prese nome Sarajevo (“Palazzo fra i campi”). Percorrendo la lunga direttrice che, partendo da piazza Bascarsija, fende la Città Vecchia da est a ovest (l’ulica Saraci che diventa Ferhadija e e poi, piegando a nord-est, sfocia nell’ulica Marsala Tita) si proverà la sensazione di un viaggio nella storia: man mano che si procede si passa man mano da un trafficato suq orientale a un’elegante strada mitteleuropea della Belle Epoque. Quasi un viaggio da Istanbul a Vienna, ma in poche decine di metri. In fondo alla Ferhadija si può proseguire per l’ulica Tita, tipica strada jugoslava del dopoguerra modellata dalla retorica socialista.

L’Erzegovina
Lungo la valle della Neretva, che scorre tra scoscese montagne verso l’Adriatico, si giunge a Mostar, la città del celebre Ponte Vecchio (“Stari most”) sorto nel 1566, quando la città divenne il centro amministrativo e militare dell’Erzegovina ottomana. Negli undici mesi della guerra fra croati e musulmani (1993-94), tutti i ponti che collegavano le rive del fiume furono distrutti. Il ponte, simbolo di dialogo fra le due parti della città e della federazione croato-musulmana, fu ricostruito nel 2004, insieme al Kujundziluk, l’antico quartiere turco dove, fra vecchie case, moschee e negozietti di antichità e artigianato, sono tornati ad affluire numerosi i turisti che, fra i souvenir, trovano anche cimeli della recente guerra.
A sud di Mostar la strada continua lungo il corso della Neretva. Le attrazioni che invitano a deviare dal percorso, in questo bell’angolo di Erzegovina, sono molte: Blagaj, con il monastero derviscio appollaiato nella grotta dove sgorga la sorgente del fiume Buna; Pocitelj, borgo ottomano cinquecentesco tutelato dall’Unesco; Medjugorje, dove il 24 giugno 1981 apparve la Madonna, oggi diventata la seconda meta di pellegrinaggi cattolici del mondo. Abbiamo voluto concludere il viaggio attraverso questo Paese meraviglioso, così prossimo a noi ma così misterioso, a Radimlja, dove incontriamo un fenomeno tipicamente bosniaco, una delle più importanti necropoli bogomile del Paese: 133 “stecci”, caratteristici sarcofagi di pietra scolpiti, restano unici testimoni silenziosi di una misteriosa setta eretica cristiana medievale, quella dei bogomili (“cari a Dio”), che non ha lasciato altri segni del suo passaggio su questa terra.


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NOTIZIE UTILI

Per la Bosnia ed Erzegovina non c’è bisogno di visto, basta un documento valido per l'espatrio. La moneta è il Marco Bosniaco (BAM), o Marco convertibile (Konvertibilna marka, KM). Un euro è pari a 2 BAM. In macchina da Trieste si prende l’autostrada Lubiana-Zagabria-Belgrado, si entra in Bosnia a Nova/Bosanska Gradiska e quindi si segue l’itinerario del reportage uscendo dall’Erzegovina nella Dalmazia meridionale.
Si può anche arrivare in traghetto con la propria auto fino a Dubrovnik, Croazia, e fare il percorso inverso.
In aereo, voli giornalieri da Milano Malpensa per Sarajevo con Alitalia ( www.alitalia.com ) . A Sarajevo volano anche altre compagnie (Austrian Airlines, Malev e Jat) con scalo a Vienna, Budapest o Belgrado.
In libreria in italiano si trova solo una guida generale sui “Balcani Occidentali”, EDT-Lonely Planet, con una sezione dedicata a Bosnia ed Erzegovina; una guida dedicata a tutto il Paese è in inglese: “Bosnia & Herzegovina”, Bradt Travel Guide (2004).
Non esiste in Italia un ufficio del turismo della Bosnia-Erzegovina. Si può però contattare l’ufficio del turismo di Sarajevo, efficiente e disponibile: Branilaca Sarajeva st 21/II, 71 000 Sarajevo, tel.: +387 33 252 924; fax: +387 33 252 901; e-mail: media@tourism.ba ; web: www.bhtourism.ba


 

 

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