Aquileia, eccezionale esempio di
città dell’antica Roma nell’area del
Mediterraneo
Sono rari i luoghi al mondo che sanno
restituirci la magnificenza di un
passato glorioso incastonati in un
paesaggio pregevole sotto l’aspetto
naturalistico. Tra questi si può
includere quell’angolo di Friuli che
ospita le città di Aquileia e Grado. Lo
avevano ben capito i romani e, a fine
ottocento, molti viaggiatori illustri.
Alle porte di Aquileia, il benvenuto al
visitatore lo dà, in lontananza, il
campanile della Basilica Patriarcale
che, con i suoi 73 metri, costituiva una
torre di avvistamento eccezionale quando
venne edificato nel 1031.
Una visita a quella che viene definita
la seconda Roma per la vastità della sua
area archeologica (Terme, Foro, Porto
fluviale, dimore private) e Patrimonio
dell’Umanità Unesco dal 1998, non può
che rivelarsi una successione di
stupefacenti scoperte.
Fondata dai Romani nel 181 a.C. sulle
rive del fiume Natisone quale baluardo
di difesa dell’alto Adriatico, si
afferma rapidamente come importante nodo
di comunicazione. Che sia luogo
strategico per eccellenza lo si capisce
subito: da Aquileia si può arrivare in
Austria (attraverso l’antica Iulia
Augusta) in Germania, in Istria, in
Dalmazia.
Per familiarizzare subito con i costumi
di chi la abitò in epoca romana si può
senz’altro iniziare dal suo Museo
archeologico nazionale.
Sebbene devastata da Attila nel V
secolo, numerosi sono i reperti della
zona qui raccolti che datano dal II
secolo a.C. al V secolo d.C. Al piano
terra del Museo e nella Galleria
lapidaria sono custoditi mosaici
pavimentali, busti-ritratto, monumenti
funerari: questi ultimi includono urne
per la raccolta delle ceneri o sarcofagi
marmorei, per la pratica dell’inumazione
che si diffonde a partire dalla metà del
secondo secolo d.C. Al primo e secondo
piano raccolte di diversi oggetti di
vita quotidiana, quali ceramiche da
mensa, gioielli, oggetti in pasta di
vetro. Ma sono soprattutto i reperti
realizzati sia in ambra, che qui
giungeva importata dal Baltico per
essere lavorata ed esportata, sia in
pietre quali ametista, corniola,
diaspro, che caratterizzano la
produzione artigianale della zona e che
oggi raccontano di una abilità artistica
notevole per quei giorni.
Un altro “gioiello” del museo, ospitato
dalla sezione navale, è ciò che rimane
di un’imbarcazione rinvenuta nel 1972,
durante gli scavi di una villa romana a
Monfalcone. Il reperto - che risale
verosimilmente tra il I e II secolo d.C
- fornisce importanti indicazioni sulla
carpenteria navale dell’epoca.
La continua convivenza di noi italiani
con opere di grande pregio artistico e
architettonico, spesso ci sottrae al
piacere della scoperta, ma la visione
del pavimento musivo della Basilica
Patriarcale è una di quelle occasioni
che fanno ancora sorprendere e vibrare
per la straordinarietà della fattura e
la vivezza delle scene rappresentate.
Realizzato dopo l’editto di Costantino
del 313 è uno dei più straordinari
complessi a mosaico al mondo. È chiaro
l’intento educativo per i cristiani dei
primi secoli che da quelle immagini,
ispirate per lo più alla Bibbia,
traevano insegnamenti ed esempi da
ricordare nella vita quotidiana. Una tra
le raffigurazioni più interessanti è la
lotta tra il gallo e la tartaruga,
simboli rispettivamente del
Cristianesimo e del Paganesimo, della
luce e dell’oscurità (tartaro).
Dietro la Basilica, a ricordarci come la
storia dell’umanità sia contrassegnata
dalle guerre, vi è il Cimitero degli
Eroi, che conserva resti dei soldati
scomparsi durante la Prima Guerra
Mondiale. Prima di allontanarsi, in
un’atmosfera di raccoglimento cui ci
induce il filare di cipressi della
suggestiva Via Sacra, bisogna recarsi a
visitare l’area archeologica del porto
fluviale, una banchina in pietra
d’Istria dove
venivano smistate merci, per lo più
pietre preziose, alimenti, legnami,
marmi, provenienti da vari parti
dell’Impero: il fiume Natisone (ora
Natissa) era allora navigabile e, grazie
a un canale allargato e scavato in
profondità, consentiva il collegamento
tra Aquileia e il suo porto di mare. Per
comprendere l’efficienza della
organizzazione commerciale di questa
colonia romana, bisogna spingersi allora
fino a Grado.
Grado, affascinante centro balneare
scrigno di testimonianze preziose
Per difendersi dalle minacce barbariche
del V e VI secolo l’insediamento di
Grado si trasforma in fortezza. Fu il
castrum a offrire rifugio ai vescovi di
Aquileia che promossero la costruzione
delle splendide chiese che ancora oggi
caratterizzano il centro storico: dal
Duomo, Basilica di S. Eufemia,
affiancata dal campanile medioevale su
cui, a sfidare i venti, è posta la
solitaria figura dell’Anzolo, divenuto
simbolo di Grado. Per oltre otto secoli
cattedrale del patriarcato di Aquileia,
il duomo custodisce al suo interno
diversi artefatti di pregio, tra cui
l’affresco gotico del Cristo in gloria e
un mirabile mosaico pavimentale.
Sempre in Campo dei Patriarchi si trova
il Battistero a forma ottagonale e la
Basilica di Santa Maria delle Grazie
prezioso esempio di architettura
paleocristiana.
È da qui che si può lasciarsi andare nel
labirinto delle sue calli, campi e
campielli. La sensazione è di
attraversare secoli di storia, di
leggere un libro le cui pagine sono
incise su pietra e legno. Un altro
aspetto che non si tralascia mai di
scoprire quando si viaggia è la
specifica tradizione culinaria. Nella
città vecchia i ristoranti e le
trattorie per apprezzare la cucina
locale non mancano. Il piatto gradese
per antonomasia è il Boreto, una
pietanza di pesce accompagnata da
polenta bianca. Se poi non si è tra
quelli che amano trascorrere ore al
ristorante, si può sperimentare la
formula battezzata "bistronomie":
formula che coniuga alla velocità del
bistrot l’eccellenza degli ingredienti e
della tecnica della gastronomie. E prima
di alzarsi da tavola, bisogna assaggiare
il Santonego, “elisir inebriante” un
altro prodotto della tradizione locale
che si ottiene dalla infusione di erbe
officinali e grappa.
Lasciandosi alle spalle il centro
storico, ci si può dirigere verso il
porto che, quale ponte ideale tra
passato e presente, rappresenta una tra
le più importanti opere pubbliche
realizzate dagli Austriaci che qui
arrivano nel 1815. Ma il porto oltre a
consegnarci le immagini di indaffarati
pescatori, ci schiude il microcosmo
della Laguna di Grado. Da qui partono
infatti le imbarcazioni che introducono
i visitatori in quell’inconfondibile
paesaggio lagunare, tanto caro a
numerosi artisti, italiani e non, tra
cui Claudio Magris.
Se l’isola d’oro è nota per essere una
destinazione apprezzata particolarmente
d’estate, la sua spiaggia di ponente
detta “Costa Azzurra”, ci lascia intuire
come anche da queste parti gli inverni
possano essere miti, grazie a quel
particolare microclima dovuto
all’incontro tra due venti, la bora e lo
scirocco. E allora, anche in pieno
inverno, si può scegliere di passeggiare
sul lungomare o, in alternativa, cercare
rifugio nelle calde acque delle Terme
Marine. Apprezzate già dall'imperatore
Francesco Giuseppe, oggi le Terme Marine
di Grado offrono diversi servizi: dalla
riabilitazione, alle cure prescrivibili
tramite Servizio sanitario, fino a veri
e propri trattamenti wellness.
Infine, una curiosità: tra le tradizioni
invernali che si svolgono a Grado, si
segnala a Carnevale la sfilata del
"Manso infiocao", ossia del manzo
infiocchettato che si svolge il giovedì
grasso. La tradizione rievoca un
episodio che data 1162. Voldarigo,
Patriarca di Aquileia, tentò di invadere
l’isola di Grado ma i suoi abitanti con
l’aiuto del Doge di Venezia, riuscirono
a fermare il Patriarca trasferendolo a
Venezia perché venisse processato. In
cambio della vita, Voldarigo e il suo
seguito accettarono di inviare a Grado
ogni giovedì grasso un bue e dodici
maiali. Quest’anno la ricorrenza cade il
2 febbraio. La tradizione continua, ma
con una variante imposta dai nuovi
tempi: il “manso” è oggi di cartapesta e
non più in carne e ossa. Ma il
divertimento è ugualmente assicurato.
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di Grado, clicca
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