Difficile definire la fisionomia di
questa terra spagnola lontana dal mare,
percorsa da fiumi, vallate fertili e
alture aride, dove l'indice demografico
è 1/5 della media europea. L’Estremadura,
decisamente poco conosciuta dal turista
italiano che pensa agli stereotipi della
solarità colorata e chiassosa della
Spagna più consueta, appare una terra
ricca di contrasti, dove si percorrono
chilometri e chilometri senza toccare
città. In compenso lungo le strade
assolate e in mezzo alla pianura gialla,
si elevano i nidi enormi delle cicogne,
che fanno compagnia agli automobilisti e
li immergono in un'atmosfera surreale.
Le cicogne sono un simbolo della
autenticità di questa terra, che proprio
per la sua ridotta densità demografica,
conserva un ambiente naturale
praticamente intatto. Mentre anni fa
questo aspetto poteva essere un fattore
di crisi economica, oggi assume un
valore assoluto ai fini dell'ecoturismo,
che in Estremadura si può realizzare con
facilità. Tanti i parchi naturali e le
riserve naturali, tanti i chilometri di
litorale fluviale e lacustre, mille vie
d'acqua che discendono dai due grandi
fiumi che attraversano la regione, il
Tago e la Guadiana: paradiso ideale
per andare alla ventura, alla scoperta
di fiori rari, del passaggio degli
uccelli, del movimento delle stagioni.
La frontiera con il Portogallo, del
tutto artificiale, se pensiamo alla
profonda unità della penisola iberica,
in realtà separa due regioni che
condividono lo stesso paesaggio: è il
paesaggio della “raya”, linea di
confine che rende molto simili l’Estremadura
e l’Alentejo portoghese. Una natura
cangiante, montuosa a sud e pianeggiante
a nord, dove pascoli e querceti nutrono
in libertà il maiale iberico, famoso per
i suoi prosciutti profumati e
saporitissimi. Sapore intenso anche nei
formaggi ricavati dal latte di capra,
dove si sentono i profumi delle erbe di
montagna, come anche nel miele che si
usa per cucinare dolci di vaga
ispirazione araba. D'altra parte tutta
la regione mescola profondamente le
tradizioni e il ricordo delle civiltà
che l'hanno attraversata. Profondamente
romana all'inizio del primo millennio,
ha visto susseguirsi i Visigoti e gli
Arabi, rimanendo al centro di tensioni
fino alla “riconquista”. La “via della
plata” che percorre l’Estremadura da
nord a sud ne è una testimonianza: dalla
preistoria ad oggi tutti i protagonisti
della storia spagnola sono passati da
questa via naturale. E nel medioevo
questa via diventò il cammino di
Santiago del sud meglio noto come strada
mozarabica, perché era percorso dai
cristiani che vivevano sotto il dominio
musulmano, quando si recavano in
pellegrinaggio a Santiago de
Compostela. Altri luoghi raccontano
questa storia così intrecciata di
culture e religioni. Badajoz fino
alla riconquista fu capitale del regno
arabo di Taifas, diventato
indipendente dall'emirato di Cordova,
e conserva la struttura di una fortezza
potente, la Alcazaba, che sorge
in posizione elevata ancora ricca di una
torre poderosa la Espantaperros o
Spaventacani sui bastioni delle
mura: da qui si domina la vista sul
fiume Guadiana che scorre dorato sotto i
ponti della città. La fortezza, iniziata
nel nono secolo, dimostra quanto sia
stata bellicosa e percorsa da scie di
sangue la storia di queste terre
centrali. Durante il periodo arabo la
fortezza, che da lontano doveva incutere
paura a chiunque si avvicinasse,
ospitava tre moschee e i palazzi
sontuosi dei monarchi. Un altro
monumento simbolo della città è la
Puerta de Palmas, formata da due
torrioni cilindrici coronati da merli
uniti da un arco centrale: da qui si
controllavano i passaggi in città e il
pagamento del dazio, qui, nella massima
sicurezza erano custoditi i prigionieri.
Passeggiare per Badajoz è facile e
piacevole, passando dalla piazza Alta,
grandissima con porticati dai vivaci
decori bianchi e rossi, al Real convento
di Sant'Anna, esempio significativo
della ricchezza dei conventi del ‘500,
di cui oggi si possono godere i giardini
interni, messi a disposizione del
pubblico. Bisogna andare a Badajoz per
le feste del carnevale, che attirano
migliaia di persone anche dall'altro
lato della frontiera, come accade per i
pellegrinaggi o Romerie de la Virgen.
Ma è soprattutto Caceres la città
che incarna la suggestione misteriosa
dell'Estremadura. Dichiarata patrimonio
dell'umanità nel 1986, Caceres è una
città monumento di incredibile
compattezza, armonica nelle strutture,
nelle pietre, nel colore. A partire dal
1229, quando fu annessa al regno di Leon,
dopo un periodo di grandi scontri tra
arabi e cristiani, la città acquistò
sempre più importanza fino al suo
massimo splendore all'epoca dei Re
Cattolici. La strada principale della
città vecchia, la Cuesta de la
compagnia, sale pittoresca tra
antichi edifici: sono i palazzi
grandiosi in pietra costruiti dalle
famiglie nobili che avevano partecipato
alla conquista dell'America e si erano
arricchite enormemente. Nomi solenni
come i Golfines, i Solis, i Sanchez
Paredes corrispondono a stemmi e
decori che dovevano rendere
riconoscibili le loro abitazioni. I
palazzi dovevano dimostrare il prestigio
e la ricchezza del casato, anche se oggi
appaiono nell’insieme imponenti e
severi, nel monocromatismo della pietra.
D'altra parte quasi tutti i palazzi
hanno l'aspetto di casa-fortezza, con
torri alte negli angoli, poche aperture
e mura compatte. Cosa che non impedisce
la ricchezza sontuosa delle decorazioni
in stile plateresco. Spesso sono proprio
i particolari a sorprendere in una lenta
passeggiata per la città: un
portone sormontato da un'architrave,
infiniti stemmi nobiliari sulle
facciate, un sottoportico con lapidi e
incisioni, splendide finestre
incorniciate da decori a merletto, un
patio nascosto grondante di fiori. Anche
qui le mura che racchiudono il nucleo
antico risalgono al tempo della dinastia
araba degli Almohadi, e
conservano più di dieci torri d'angolo e
anche qui, passeggiando tra i vicoli
medievali, se si alzano gli occhi al
cielo, si vedono i bellissimi enormi
nidi delle cicogne appollaiate in cima a
torri e camini. Nessuno oserebbe
mandarle via, e i negozi di souvenir
sono pieni di cicogne di pelouche di
tutte le dimensioni. La stessa Casa
de las Ciguenas si distingue dalle
altre perché é l’unica a possedere una
torre merlata, preservata grazie a uno
speciale privilegio reale.
Sapori e profumi
L’autenticità dell'Estremadura si coglie
in pieno anche nella sua gastronomia. Le
materie prime utilizzate oggi sono
ancora quelle di una volta e le ricette
sono tramandate in piena fedeltà alla
tradizione. E tutti i popoli hanno
lasciato qualcosa. I Romani hanno
insegnato la conservazione della carne
della selvaggina nel miele, gli Arabi
hanno insegnato la “tarida”,
anticipazione della zuppa all'aglio,
mentre il gazpacho deriva da una
minestra di verdure nata in Andalusia.
Dagli Ebrei è stata ereditata la adafina,
antenato del nostro bollito. Sono molto
usati i sapori forti delle interiora
degli animali, come pure mescolanze
forti di fegato, peperoni, pepe e aglio.
Le carni naturalmente sono protagoniste
sulla tavola di questa regione lontana
dal mare: prima di tutto il maiale
iberico, che nella denominazione di
origine controllata “dehesa de
extremadura” garantisce la qualità
di prosciutto e lombate insaccate. Poi
la selvaggina, l'agnello e il capretto,
ingredienti principali di arrosti e
piatti in umido. Anche i dolci hanno
sapori forti: ciambelle con le mandorle,
paste di zucchero e pinoli, pasticcini
al miele.
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