E’
bello arrivarci al tramonto, quando il
sole radente accarezza i tetti di Oia e
le pale del suo mulino a vento sembrano
spiccare il volo incontro ai gabbiani.
Lo sguardo vaga intorno soggiogato dalla
brezza marina. E ci si accorge che tutto
il paese emana magia. Il bianco
abbagliante delle case, distese in
bilico sull’orlo di un precipizio che le
separa dalle onde dell’Egeo, abbraccia
l’azzurro delle cupole delle chiese
finché i colori, fusi armonicamente
insieme, sembrano indecisi su dove
tuffarsi: se nel blu intenso del mare o
in quello cobalto del cielo.
Basterebbe questo spettacolo per
giustificare un viaggio a Santorini, la
più meridionale delle 56 isole che
compongono l’arcipelago greco delle
Cicladi. Ma non ci vuol molto per capire
che una vacanza nell’antica Kallisti, o
Thirà come la ribattezzarono i Dori (e
come ancora oggi viene chiamata) riserva
ben altre sorprese. A cominciare dalla
forma stessa dell’isola: oggi è una
mezzaluna con la gobba rivolta a Oriente
e le punte protese verso quattro
isolotti più piccoli (Thirassia, Paléa
Kamméni, Néa Kamméni e Aspromìssi), ma
un tempo, prima della grande eruzione
vulcanica che, intorno al 1500 a.C., ne
sconvolse l’aspetto e la vita, era un
tutt’uno dove fioriva una grande
civiltà. E non è un caso che Platone,
nel Timeo e nel Crizia, identifichi
Santorini con la mitica Atlandide.
Chissà? Forse non è vero, ma quando
sbarchi a Santorini ti fa piacere
crederci.
A dorso di mulo
Seicento gradini separano il porto da
Fira, il capoluogo dell’isola, santuario
hippy degli anni Settanta il cui fascino
permane inossidabile nonostante il duro
attacco inferto dal proliferare di
gioiellerie, negozi di souvenir e
tavernas-fast food che di greco hanno
ormai ben poco. Un business inevitabile,
messo lì per calamitare i turisti mordi
e fuggi che sbarcano al mattino dalle
navi da crociera e alla sera salpano le
ancore carichi di paccottiglia, ma
felici. Eppure, neanche il trambusto
commerciale basta soffocare la romantica
atmosfera di Fira. Se non ve la sentite
di arrancare sotto il sole contando da
600 a zero, potete sempre arrendervi al
servizievole invito della funicolare.
Anzi no, scegliete qualcosa di più
tipico, affidatevi ai muli: fanno su e
giù tutto il giorno lungo la scalinata
scorazzando turisti stanchi, o pigri, o
solo curiosi di sperimentare un mezzo di
trasporto altrove ormai desueto.
Una volta su, perdetevi per i vicoli
pittoreschi e, alla fine, cercate
ristoro gustando un ouzo in uno dei
tanti bar affacciati sul golfo, che
altro non è se non l’antico cratere del
vulcano. Da quassù, lo spettacolo
naturale è straordinario: si resta
catturati dalla voragine scura della
caldera, dal rincorrersi delle falesie
mirabilmente disegnate grazie
all’alternanza di strati di lava e di
pomice, dal volo lento dei gabbiani che
dominano su tutto e scompaiono
all’improvviso in nidi arroccati chissà
dove.
Vigneti e archeologia
Poi, quando tutto questo vi avrà
riempito gli occhi e la memoria di
ricordi indelebili, scendete con calma
verso la costa orientale, fermandovi qua
e là, regalandovi deviazioni solo perché
il cuore vi dice che lassù, o laggiù,
c’è qualcosa che vale la pena di vedere.
Chi segue il cuore non sbaglia mai.
Soprattutto a Santorini. Così scoprirete
il riposante susseguirsi degli orti
nascosti dagli uliveti, il canto delle
fronde di eucalipto mosse dal vento, il
verde delle vigne coltivate a terra. E
non vigne qualsiasi: Thira ha una grande
tradizione vitivinicola e la produzione
locale è eccellente. Un fiore
all’occhiello? Il Nichteri, un bianco
secco terribilmente invitante, prodotto
senza pigiatura meccanica, semplicemente
per autoschiacciamento dell’uva nel
corso di una notte.
Ma scoprirete anche l’alone di mistero
che ammanta gli scavi archeologici di
Akrotiri e quelli dell’antica Thira, i
ricordi bizantini di Imerovigli, i
ruderi dei castelli edificati dalla
popolazione per proteggersi dall’attacco
dei pirati, i mulini a vento, gli ozi
balneari di Kamari e Perissa, il
richiamo di spiagge protette come la Red
Beach e la White Beach, il silenzio
carico di storia e tradizione del
Monastero Profitas Elias, eretto in cima
al monte omonimo quasi a sottolineare,
simbolo tangibile, l’imponenza del punto
più alto dell’isola.
La cena da Manolis
E per concludere degnamente la giornata,
fatevi un regalo: concedetevi una cena
con i fiocchi alla Taverna Galini, un
pugno di tavoli apparecchiati sulla
spiaggia a due passi dal centro di
Kamari, ma in un’oasi così
incredibilmente tranquilla che vi
sembrerà di essere lontano da tutto e da
tutti.
Chiedete di Manolis, il giovane
proprietario, e fidatevi dei suoi
consigli e delle sue scelte. Vi farà
gustare i miglior pesce di tutta
l’isola, vi coccolerà con assaggini a
sorpresa, vi stuzzicherà con mille
tentazioni del palato, vi verserà un
vino che è un nettare degli dei e, alla
fine, non vi costringerà a un mutuo per
pagare il conto. Anzi: vi vorrà suo
ospite per brindare assieme con un
bicchiere di Vinsanto o di grappa
locale. Insomma: complice la luna, la
melodia garbata della risacca, la brezza
della sera soffiata dalle stelle,
Manolis vi farà trascorrere una delle
vostre migliori serate a Santorini.
Provare per credere.
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