Fino
all’estate di due anni fa, gli abitanti
di New Orleans erano particolarmente
orgogliosi di accogliere i visitatori
con il motto “laissez les bons temps
rouler”, ovvero “fate largo al
divertimento”, e di sottolineare con un
sorriso e una risata come la loro fosse
una città “dimenticata dalla
preoccupazioni”. Poi, alla fine del mese
di agosto del 2005, ci ha pensato
l’uragano Katrina a spazzare via questa
ridente immagine di luogo spensierato e
sereno, di oasi multietnica votata
esclusivamente alla musica jazz e al
buona cucina creola e cajun, alla gioia
di vivere e al divertimento: la furia
del vento ha sollevato le acque salate
del vasto e poco profondo lago
Pontchartrain, che sta alle spalle della
città, e quella dei molti canali che la
circondano, inondando la vivace
metropoli di disperazione e
devastazione, ricoprendo case e strade
per intere settimane e obbligando gli
abitanti a fuggire via e a rifugiarsi
nelle cittadine vicino.
A spasso per il vecchi
quartieri
«È stato un incubo, un disastro che per
mesi ci ha messo in ginocchio, ci ha
fatto piangere e dannare. Ma siamo
sopravvissuti, la città è sopravvissuta,
e adesso guardiamo avanti», è il
racconto unanime di coloro che pur
avendo perso molto se non addirittura
tutto, appena hanno potuto sono
ritornati in città e si sono dati da
fare per rimetterla in piedi, per
ripulirla dalla valanga di detriti,
dagli oggetti più piccoli alle
automobili, dai vestiti ai mobili, dagli
elettrodomestici ai viveri, resi
inservibili dalla presenza del fango se
a volte addirittura velenosi per via
delle sostanze tossiche che l’acqua ha
messo in circolo invadendo garage e
magazzini, sventrando cisterne e
serbatoi. E ce l’hanno fatta: perchè New
Orleans è tornata a essere un luogo
accogliente e piacevole, vivo e
caloroso, umano e disarmante nella sua
semplicità, così diverso dal resto degli
Stati Uniti e forse proprio per questo
così fragile e autentico: oggi il
turista che ha poco tempo a disposizione
e che si limita a passeggiare lungo la
riva del Mississippi e a perdersi nelle
vie del French Quarter, la zona più
famosa e folcloristica, la più antica,
rumorosa e pittoresca della città, non
trova tracce evidenti della recente
devastazione: anche perché questa parte
di New Orleans si è salvata dal disastro
totale grazie al fatto di essere in una
posizione più elevata rispetto ai
quartieri residenziali, quelli dove
ancora adesso si possono invece vedere
centinaia di case e villette sventrate e
diroccate da Katrina, sbarrate e
inutilizzabili, simili a gusci di
conchiglie vuote trascinate sulla
spiaggia da una forte mareggiata. Gli
abitanti di New Orleans non hanno
diffiicoltà a parlare di quanto è
successo, a rievocare quei giorni da
incubo, ma lo fanno con lo stesso
orgoglio, la stessa dignità e leggerezza
con cui accompagnano il turista a vedere
la chiesa più grande della città, St.
Louis Cathedral, in Jackson Square,
imponente costruzione che spicca tra le
case basse in stile francese e spagnolo
del vecchio cuore cittadino, tutte con
grandi balconi decorati di fiori e di
ringhiere in ferro battuto, e il lungo,
ampio marciapiede che costeggia il fiume
e dove a ogni ora del giorno la gente
passeggia, siede sulle panchine, fa
jogging, suona e canta o semplicemente
guarda le imbarcazioni che percorrono il
Mississippi: dalle più moderne e anonime
navi mercantili ai classici e storici
battelli piatti che si muovono
pigramente grazie alle enormi ruote che
li hanno resi un’icona inconfondibile
della città.
Allegra e vivace come
prima
Per assurdo, il disastro ambientale che
ha dimezzato gli abitanti di New Orleans
togliendole il privilegio di essere la
città principale della Louisiana, nonché
i concreti vantaggi economici legati a
questo status, l’ha però resa ancora più
umana, reale e invitante, così
vulnerabile nella sua fragilità ma
dotata di una
forza di volontà che non si può non
percepire e ammirare: e il turista che
cammina senza una meta precisa tra le
viuzze del French Quarter o del vicino e
moderno quartiere degli affari e dei
negozi, che si ferma a mangiare un
boccone, a bere qualcosa o a comperare
un souvenir, ha la consapevolezza che
con la sua presenza contribuisce non
solo a ricostruire e a rimettere in
piedi economicamente una città che con
il suo melting pot di razze e culture è
un vero patrimonio per il mondo intero,
bensì anche a confortare, sostenere e
tranquillizzare i suoi coraggiosi
abitanti, orgogliosi delle case segnate
dal tempo e dalla furia delle acque, e i
tanti negozietti che vendono oggetti
tipici o assurdi articoli vodoo; e
ovviamente le centinaia di locali dove
si suona, si beve e si parla fino alle
prime luci dell’alba, nonché i numerosi
ristoranti, dai più semplici ai più
ricercati, dove è sempre piacevole fare
colazione, fermarsi per uno spuntino o
concedersi il piacere di una cena da
grand gourmet. In altre parole, passare
anche solo un paio di giorni a New
Orleans è un vero e proprio gesto di
affetto, una sorta di abbraccio virtuale
a questa città così generosa e unica nel
suo genere, nonché un riconoscimento a
tutti i suoi cittadini che non l’hanno
voluta abbandonare perché la amano così
com’è: e che stanno facendo tutto il
possibile affinché New Orleans torni a
essere un luogo che era , ovvero un
angolo di mondo “dimenticato dalla
preoccupazioni”.
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