“Amanti delle belle lettere e uomini di
mondo: a Weimar tutti arrivavano
per fermarsi qualche mese e rimanevano
anni” come disse lo storico Adolf Stahr.
Non solo Goethe, nume tutelare
della città che visse qui dal 1775 al
1832, ma Schiller, Herder, Bach,
Liszt, Wagner, Nietsche approdarono qui,
chi chiamato dal Principe e dalla corte,
chi attirato a sua volta dalla presenza
dei grandi. Questa piccola cittadina
tranquilla attraversata dal fiume Ilm
esercitava un fascino particolare, con i
suoi vicoli stretti, i suoi parchi
intricati e romantici, le solenni piazze
neoclassiche. Come un polo di
attrazione, Weimar, piccola capitale
della Turingia, nel cuore verde della
Germania centrale, ha visto intrecciarsi
percorsi celebri ed eventi epocali nella
storia della cultura. E così la più
piccola tra le città europee definite
“città della cultura”, è l’unica ad
avere quattro siti Unesco. Merito dei
signori illuminati del piccolo ducato
di Weimar Sassonia Eisenach e merito
del potere attrattivo di due donne: Anna
Amalia, madre del duca Carl August e
Maria Pawlowna, sorella dello zar e
moglie del granduca Carl Friedrich.
Tutto nella città parla di loro, ma in
particolare il Mausoleo dei Principi in
fondo ai viali dell’Historischer
Friedhof. Accanto alle tombe dei
principi, sono custodite le tombe dei
due “principi” delle lettere: Goethe e
Schiller, uniti in morte come erano
stati in vita. Simbolo della loro unione
è anche la statua solenne posta di
fronte al teatro della città, che li
rappresenta secondo il loro differente
sentimento dell’arte: uno solenne e
“olimpico”, l’altro inquieto e fiero.
Differenti anche i loro destini: tanto
Goethe fu osannato e rispettato fino a
diventare un mito vivente, quanto
Schiller fu misconosciuto e morì giovane
a 45 anni, consapevole della sua
grandezza, ma non affermato come
meritava. Gli bastò forse il giudizio
dell’amico Goethe: “Schiller é grande
qualunque cosa faccia”.
Visitare Weimar vuol dire seguire le
loro tracce, a cominciare dalle case. Il
giovane Schiller si diresse a Weimar
proprio per incontrare Goethe, si fermò
e acquistò la casa-studio dove scrisse i
suoi drammi più importanti. Dice la
leggenda che, durante la stesura del
Gugliemo Tell, il suo studio era pieno
di mappe geografiche della Svizzera e i
cassetti pieni di mele!
Le case di Goethe invece raccontano la
complessità di uno spirito proteso tra
la quiete borghese e la potenza eroica.
Due i luoghi simbolo: la “casa con il
giardino” e il Parco sull’Ilm con la
casa di campagna. Da una parte la ricca
dimora al centro della città con le
collezioni di gessi e marmi neoclassici,
la serie di salotti e studioli con le
pareti color pastello e i mobili di
legno chiaro. Dall’altra parte il parco
all’inglese disordinato e “selvaggio”
con rovine romantiche disseminate tra
gli alberi, archi di mattoni rossi,
bifore aperte sul vuoto, statue senza
testa. Una espressione dello “Zeitgeist”
tra sogni di infinito e nostalgia della
classicità.
Tra i viali ombreggiati di Weimar si
assapora così, passeggiando, quell’atmosfera
di intensa vita culturale che ne fece
una Atene moderna.
Anche la musica ebbe le sue presenze
fondamentali: prima J.S Bach che
già nel 1710 vi scrisse le sue “toccata
e fuga”, poi Franz Liszt invitato
a corte ma osteggiato, tanto da voler
fuggire dalla città. Ma aveva già avuto
l’intuizione di chiamare qui Wagner, che
rappresentò quasi in incognito il
Lohengrin: solo la genialità di quest’opera
poté salvarlo dall’arresto dopo le
rivoluzioni del 1848 e garantirgli la
protezione dei potenti.
La ricchezza culturale di Weimar non si
ferma al periodo d’oro tra ‘700 e ‘800,
ma prosegue fino al secolo scorso,
quando nacque qui il movimento del
Bauhaus ad opera di Gropius e di Van
der Velde. E negli stessi anni ’20, in
quel teatro che aveva visto le
rappresentazioni dei grandi drammi
romantici, si riunì l’Assemblea
costituente della Repubblica di Weimar,
e forse cominciò allora a diffondersi
quello scontento che portò in pochissimi
anni alla formazione del partito
nazionalsocialista.
Perla della Turingia, Weimar non è
l’unica città ad affascinare con la sua
fioritura culturale.
Ad Eisenach sono passati altri
personaggi, avvolti nell’alone fiabesco
della Wartburg. La fortezza
domina dall’alto la città e ci riporta
ad anni più lontani tra Medioevo e
Rinascimento, tra le leggende dei
Maestri Cantori e la lunga sosta di
Martin Lutero che, nascosto qui
sotto la protezione del Principe
Elettore di Sassonia, tradusse in
tedesco nel 1521 il Nuovo Testamento.
L’affresco di Moritz von Schwind nel
salone del castello racconta la storia
che si svolse 800 anni fa, nel 1206; sei
poeti cantori tra i più celebri del
tempo si sfidarono in una gara di canto
in onore del principe. Mentre il poeta
perdente stava per essere consegnato al
boia, si affidò alla protezione del mago
Klingsor che con abilità illusionistica
riuscì a riportare la pace. Una leggenda
ben radicata nella cultura tedesca che
l’ha fatta rivivere attraverso altre
opere celebri: tra tutte il
Tannhauser di Richard Wagner,
incantato dallo scenario potente della
Wartburg. E il protettore di Wagner,
Ludwig di Baviera, anche lui incantato
dalla fortezza, volle rievocarla in
forme diverse nel suo fiabesco castello
costruito a Neuschweinstein.
Mentre il 2006 ha celebrato
l’anniversario di questa leggenda nobile
e romantica, ogni anno è adatto a
celebrare la presenza di Martin Lutero
per la sua opera basilare nella storia
della cultura europea. Anche in questo
caso una leggenda ammanta di favola
questi luoghi. Quando il diavolo tentò
di distrarre Lutero impegnato nella sua
opera di traduzione, il monaco, per
allontanarlo, gli lanciò contro un
calamaio che lasciò sul muro una macchia
di inchiostro. Forse era stata solo una
banale mosca ad infastidirlo, tuttavia
la leggenda ebbe la forza di imporsi e
la macchia, conservata anche nel corso
di un restauro, è stata scrostata pezzo
a pezzo dalle migliaia di fedeli in
visita a questo luogo, culla del
protestantesimo.
Tra i visitatori del passato anche
Goethe fu colpito dal fascino della
fortezza, tanto da scrivere a Charlotte
von Stein “questo luogo è semplicemente
magnifico”. Così, nel piccolo cuore
della Turingia, si intrecciano gli
stessi nomi come in una gara di
attrazione tra luoghi e personalità.
Scesi dalla Wartburg nella città che si
stende tra il verde della foresta,
scopriamo con sorpresa la casa natale di
Bach, che nacque ad Eisenach nel 1685.
Nell’interno, tra documenti,
testimonianze, spartiti e ricordi
d’epoca, si può vivere l’esperienza
piuttosto intrigante e davvero rara di
ascoltare dal vivo l’esecuzione di brani
di Bach su strumenti storici, un
cembalo, un flauto traverso, una
spinetta, un organo del 1700.
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