Dolce
e sonnolenta, famosa per le sue fattorie
sparse nella campagna, Lodi ci attende
con i tipici colori della pianura
padana. La visita della città è tutta
concentrata nel centro storico, cui si
può arrivare a piedi dalla stazione
ferroviaria, lasciando alle proprie
spalle la sede della Banca Popolare
Italiana, ristrutturata da Renzo Piano.
E da qui possiamo cominciare il nostro
tour alla scoperta del territorio. Sulla
centralissima Piazza della Vittoria si
affacciano il Comune e la Cattedrale,
sorti entrambi, per volontà della
popolazione e del Barbarossa, dopo la
distruzione di Laus Pompeia (Lodi
Vecchio) da parte dei Milanesi nel 1158,
insieme alla Lodi nuova sulla cima del
Colle Eghezzone e sulla riva destra del
fiume Adda.
La Cattedrale, tra le più vaste
della Lombardia, in stile romanico,
terminata nel XVI secolo, ha la facciata
in cotto, asimmetrica per la presenza
del campanile: un protiro del XII sec.
con leoni che sostengono colonne, un
maestoso portale con due sculture
raffiguranti "Adamo ed Eva" e due
finestre rinascimentali la completano.
Mentre un'edicola contiene la copia in
bronzo della statua del patrono S.
Bassiano, il cui originale in rame
sbalzata d'oro si trova su un pilastro
all'interno della chiesa.
Ma l’interno riserva altre sorprese come
il Museo Diocesano d'Arte Sacra
che conserva oggetti liturgici, dipinti
ed affreschi, preziose opere di arte
tessile e orafa rinascimentale. Se la
cattedrale è il grande monumento
cittadino, il vero capolavoro religioso
di Lodi è lo stupendo Santuario
dell'Incoronata, uno dei capolavori
del Rinascimento lombardo, sorto nel
1488 su disegno di Giovanni Battagio.
Sorge al posto di un postribolo, “luogo
condannato un tempo all’amore pubblico”.
Si racconta che nel settembre 1487 due
uomini, introdottisi nella casa di
malaffare, litigarono per una donna: uno
di essi ferito stava per ricevere il
colpo di grazia, quando udì una voce
celeste che gli disse “cessino ormai
tante liti e lascivie e casa così impura
sia nella pudicizia consacrata”. Di tale
origine si trova ancora traccia nella
scritta che occupa la fascia sovrastante
l’altare maggiore. Il tempio, a pianta
centrale, si presenta esternamente come
un tamburo ottagonale attorno al quale
corre una balaustra a colonnine e
pinnacoli. All'interno, nell'ordine
superiore, corre un matroneo ad archetti
sorretto da colonnine blu e oro. Dal
1514 il tempio fu una vera e propria
bottega d'arte: affrescato dalla
famiglia Piazza e arricchito da quattro
tele di Ambrogio da Fossano detto il
Bergognone.
Ma la storia ha lasciato nella Provincia
anche antiche ville di campagna,
castelli, chiese ed abbazie monastiche
di alto valore storico e religioso.
Lasciata Lodi, un breve percorso ci
porta a Sant’Angelo Lodigiano per
visitare il Castello, sorto nel
XIII secolo secondo l’architettura
militare lombarda. Imponente e
massiccio, a pianta quadrata e torri
angolari, è sulle sponde del fiume
Lambro, in posizione strategicamente
favorevole per il controllo del traffico
fluviale verso Milano. Da struttura
militare della Signoria di Milano, fu
trasformato in dimora estiva da Regina
della Scala, moglie di Bernabò Visconti,
la quale nel 1383 fece costruire la
torre Mastra e aprire le belle finestre
a bifora. Nel 1452, con il passaggio del
potere del ducato di Milano dai Visconti
agli Sforza, il feudo e il Castello
furono donati da Francesco Sforza a
Michele Matteo Bolognini, che ricevette
anche il titolo di Conte. Negli anni
successivi il Castello visse il
susseguirsi delle vicende politiche e
militari che hanno interessato la
Regione Lombardia. La proprietà rimase
comunque della famiglia Bolognini sino
all’ultimo discendente, il conte Gian
Giacomo Morando Bolognini, il quale,
all’inizio del 1900, realizzò importanti
opere di restauro. Nel 1933, la contessa
Lydia Caparra, Morando Bolognini, vedova
del Conte Gian Giacomo Morando
Bolognini, creò a nome e ricordo del
marito, la Fondazione Morando Bolognini
con finalità di ricerca e divulgazione
in agricoltura e destinò il Castello a
Museo. Ecco dunque un castello
trasformato in Museo Morando
Bolognini, Museo di Storia
dell’Agricoltura e museo del Pane.
Realizzato nei primi decenni del 1900,
occupa 24 saloni riccamente arredati
secondo lo stile di “Casa-Museo”: è
possibile ammirare mobili, quadri e
vasellame nel periodo compreso tra il
‘700 e il ‘900, oltre a lavori
artigianali in ferro battuto. La
Biblioteca ospita circa 2000 volumi.
L’Armeria è costituita da circa 500
pezzi di varie epoche e provenienze. Non
bisogna trascurare la Sala del Trono, la
Sala degli Antenati, la Cappella, la
Sala degli Specchi e le Sale da Pranzo.
Il Museo di Storia dell’Agricoltura
racconta la storia dell’agricoltura
dalla preistoria all’età romana,
medioevale, rinascimentale e moderna. Un
ampio settore è dedicato all’agricoltura
tradizionale lodigiana, con la
ricostruzione di botteghe artigiane:
falegname-carradore, fabbro-maniscalco,
sellaio, oltre a due stanze contadine
(cucina e camera da letto). Una sala
presenta il contributo delle civiltà
extraeuropee alla nostra agricoltura.
Nel cortile rivivono poi i carri
agricoli e i macchinari che fanno
immaginare la prima industrializzazione
delle campagne. Al primo piano del
Castello Visconteo Morando Bolognini è
allestito il Museo del Pane, nato
nel 1983: nella prima delle cinque sale
sono presentati i cereali, materia prima
per i diversi "pani" del mondo. Nella
seconda sala sono illustrate, con
impostazione prevalentemente didattica e
con numerosi attrezzi provenienti dalla
collezione "Mulino Bianco", le varie
fasi del ciclo "Grano- Farina-Pane",
dalle modalità per coltivare il grano,
raccoglierlo e macinarlo a quelle per
fare il pane. In questa sala, come
esempio di prima modernizzazione per la
trebbiatura del grano, è esposto il "trebbiatoio
Bolognini" realizzato nel 1854 dal conte
Gian Giacomo Attendolo Bolognini. La
terza sala, forse la più
rappresentativa; raccoglie oltre 500
forme di pani, pani veri, delle regioni
italiane e di molti paesi stranieri
europei ed extraeuropei. Nella quarta
sala il visitatore può vedere
attrezzature per la produzione del pane,
come le impastatrici o gli attrezzi del
fornaio, un banco da lavoro per
impastare a mano, la ricostruzione di
forni antichi e del primo '900. Nella
quinta ed ultima sala sono esposte le
tasse, i regolamenti e le disposizioni
governative emesse nel XVIII e XIX
secolo, a testimonianza dell'importanza
politica ed economica che da sempre
hanno avuto il grano, la farina e il
pane. Insomma un vero viaggio nel mondo
di questo alimento fondamentale in tutti
i secoli.
Andare nel lodigiano significa anche
mangiare e bere bene.
La Provincia di Lodi, istituita solo nel
marzo 1992, si sviluppa in una lunga e
stretta striscia di territorio
nel sud della Lombardia, al confine con
l'Emilia Romagna, tra Adda e Po, che
fungono quasi da confini naturali. Tutta
pianeggiante, a parte poche zone di
lieve pendenza collinare, rappresenta
uno dei più importanti centri italiani
per la filiera agro-alimentare, con
trasformazione, lavorazione e vendita
dei prodotti di origine agricola e per
l’allevamento, tanto da costituire un
polo di livello europeo nel settore
zootecnico.
Ogni anno in questa provincia, ad
esempio, c’è un appuntamento impedibile:
la Rassegna gastronomica del
Lodigiano che si svolge di solito in
pieno autunno. Tutti i locali coinvolti
valorizzano la tradizione agricola
culinaria lodigiana con prodotti locali
e piatti tipici di qualità: affettati
(salame cotto, salame tipico, pancetta,
coppa, lardo venato lodigiano,
cotechino), formaggi (raspatura di grana
tipico, stracchino classico lodigiano),
primi (risotto con salsiccia, risotto
con fagioli borlotti, “soupa dei morti”,
gnocchi di castagne con guanciale e
crema di formaggio, ) e secondi
(coniglio all’aceto balsamico con
finocchi stufati, fagianella alla
melagrana e purea di castagna), per non
dimenticare i dolci locali (budino
tiepido di ricotta con salsa di frutta,
torta pere e cioccolato, tortino di
zucca e cioccolato fondente con crosta
di nocciole alla cannella)
Ai cibi sono abbinati i vini locali:
ottimi quelli prodotti dall’Azienda
Agricola Guglielmini Giuseppe di
Miradolo Terme (PV) e da tre aziende di
San Colombano al Lambro, l’Azienda
Agricola Nettare dei Santi di Riccardi
Gianenrico, l’Azienda Panizzari Angelo e
l’Azienda Agricola Pietrasanta, Vini e
Spiriti Sas. Il titolare di quest’ultima
azienda, situata nel centro storico del
paese in una tipica casa del settecento
lombardo (visitabile su prenotazione)
Carlo Giovanni Pietrasanta, è anche
Presidente del Movimento Turismo del
vino lombardo e Presidente della
Strada del Vino San Colombano e dei
Sapori Lodigiani.
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