Il
Marocco è terra di grandi suggestioni.
Dal paesaggio, che spazia dalla sabbia
rossa del Sahara al lungo fiume verde
delle oasi di Er-Rachidia, dal bianco di
Essaouira, la città della foschia e dei
bastioni affacciata sull’atlantico, alle
gole del Todra e del Dadés, profonde
ferite scavate nella roccia ai piedi
dell’Alto Atlante, dai sapori forti
della sua cucina al richiamo notturno
dei muezzin, il turista occidentale
rimane affascinato sostanzialmente da un
concetto: la varietà.
Noi abbiamo voluto attraversare il Paese
da Tangeri fino a Marrakech con lo
spirito dei liberi viaggiatori: armati
solo di un paio di guide (Lonely Planet
e Routard) e dei consigli di viaggio
dell’associazione degli inter-railers
italiani “viaggi e libertà” (www.inter-rail.it
). E ci sentiamo di poter confermare che
un’ esperienza di questo genere, se ben
progettata, è forse l’occasione più
straordinaria e avvincente per venire a
contatto con una terra e una cultura
molto distanti dalle nostre, e per
questo di grande fascino per tutti gli
amanti del “viaggio” in senso stretto.
Di sicuro interesse storico è la città
imperiale di Meknés che, protetta da una
cinta muraria lunga ben 25 km, fu
elevata a capitale durante il regno del
sultano Moulay Isma’il (1672-1727), e
offre a tutt’oggi al visitatore, lo
spettacolo vivente di una medina berbera
particolarmente dinamica e relativamente
sicura (la cosa migliore è comunque
ingaggiare sempre una guida in loco).
Ecco qui di seguito il racconto della
visita alla Medina di Meknés, settima
tappa del nostro viaggio.
Place el-Hedim
Ci facciamo portare con i
petit taxi fino a place el-Hedim,
l’enorme piazza di fronte alla medina,
circondata da alte mura del colore della
sabbia e da curiose guardiole sormontate
da archi e decorazioni arabe. Questo
vasto spazio, occupato da bancarelle
sparute, venditori di acqua in costume
tipico, eleganti carrozze e
procacciatori di turisti, merita molte
foto. Ma nessuna certamente potrà
rendere l'idea dei suoni, degli odori e
della vita stessa che si respira già
qui, alle porte della Medina, da secoli
cuore pulsante della città. Mentre si
attraversa la piazza, si rimane
letteralmente incantati dalla vastità
degli spazi che l’occhio riesce ad
abbracciare. Quello che è successo a
noi, è stato di percepire forse per la
prima volta in maniera così compiuta,
durante il nostro viaggio, di trovarci
in un posto lontano, molto lontano da
tutto ciò che conoscevamo.
La medina berbera
Veniamo “ingaggiati” da una
guida, che ci si offre per 80 Dh,
l’equivalente suppergiù di 8 euro, per
un giro completo nella città vecchia.
Entriamo nel mellah, il quartiere
ebraico, per passare poi alla medina
berbera, un dedalo di vie strette e
affollatissime dove artigiani, venditori
e turisti, ma soprattutto clienti
potenziali di ogni genere di prodotto
camminano, si incrociano, si incontrano
e contrattano.
La nostra guida ci spiega che “Mek-nés”
significa “gente berbera”, e che questa,
che è una delle quattro città imperiali
assieme a Rabat, Fés e Marrakech, è
famosa per la lavorazione del legno di
cedro, di cui sono ricche le sue valli.
Ci mostra le porte giganti delle maderse,
la scuola di musica andalusa, le
moschee, il punto di arrivo delle
carovane provenienti dal deserto, e
balza subito agli occhi come molti degli
elementi architettonici siano costituiti
interamente da legno di cedro
lavoratissimo e profumato.
Uscire da questi edifici, ricchi di
fregi, archi, scritte, fontane e
decorazioni arabe, e imbattersi nel caos
delle vie polverose della Medina,
imprime nella memoria del turista il
senso forte di un contrasto. Lo sfarzo
di questi antichi edifici si contrappone
nettamente al mondo difficile e dinamico
della Medina che, oggi come all'epoca,
si suddivide tra l’antico e il moderno,
tra chi lavora nelle botteghe artigiane,
respirando trucioli e polvere di pietra
o inalando solventi chimici, e l'ipermodernità
di qualche negozio di musicassette e cd
di Shakira.
Il giro prevede anche una visita ai
negozi, ai laboratori artigiani e alle
ampie botteghe di tappeti, dove
quasi sempre viene offerto un ottimo the
verde. È interessante scoprire che per
fabbricare un solo metro quadrato di
tappeto, occorrono ben 25 giorni, come
pure è interessante assistere alla
lavorazione dei metalli o delle pelli.
Ma il turista accorto deve tenere conto
del fatto che quasi sempre la guida
riceve un compenso dai proprietari di
queste botteghe, e che le visite, anche
se debitamente camuffate sotto forma di
“dimostrazioni” di ogni sorta, sono
tutte esclusivamente finalizzate alla
vendita dei prodotti. Il rischio,
quindi, per il turista “troppo” curioso
e interessato, è quello di cadere
vittima di un pressing estenuante ogni
qualvolta si avvicini a una mano di
Fatima, degno sostituto del cornetto
siciliano in tutto il mondo islamico, un
ciondolo, un tappeto o un narghilé.
Guardando l’altro lato della medaglia,
invece, per tutti coloro che possiedono
grinta e determinazione, il souq
maghrebino è una favolosa opportunità di
fare affari. Secondo la cultura
marocchina infatti, per tutto esiste “il
prezzo giusto per te”, e la cifra finale
è il risultato di lunghe contrattazioni
nelle quali, se il cliente si mostra
convinto e deciso, alla fine è quasi
sempre il venditore a cedere.
Il mercato alimentare
e la gastronomia
È ora di pranzo e dal
quartiere alimentare si levano fumi
densi e odori di carne e pesce alla
brace. La visita al mercato delle spezie
è l'ultima tappa del nostro giro della
Medina: i venditori ci mettono in mano
camaleonti e iguana, e ci spiegano che
con pochi dirham li puoi portare a casa.
Poi ci subissano di informazioni sullo
zenzero, il cardamomo, il curry, fino al
potentissimo “40 spezie”. In effetti è
impossibile non imbattersi continuamente
nei sapori forti, della cucina
marocchina: tutto è colorato, piccante,
saporito e condito all'ennesima potenza.
Ma non è difficile orientarsi nella
varietà dei suoi piatti. Non
considerando le diffuse ma non originali
brochettes con patatine, in Marocco
potrai sempre scegliere tra: cous-cous,
a base di semola e quasi sempre servito
assieme a una grande varietà di verdure
bollite e a volte anche di carne; tajine,
una terrina di carne al sugo speziata e
servita con patate bollite, sormontata
da un tipico cono di terracotta per
mantenere la pietanza al caldo; keftà,
l'equivalente delle nostre polpette, ma
molto più saporite e condite con ottimo
sugo piccante; pastella, una torta
piccantissima a base di carne o di
pesce. Frutta, dolci e focaccette non
lievitate poi, abbondano ovunque.
Accanto alle spezie del mercato
alimentare, vi sono profumi, pout-pourry
ed henné, la polvere colorata che usano
tutte le donne e le bambine berbere per
tatuarsi le mani e i piedi. Alcune
anziane signore la utilizzano per
disegnarsi una specie di mosca sul
mento, il cui colore indica l'origine,
cioè la provenienza da una delle quattro
tribù berbere... ma non è sempre così
semplice capire. L'impressione generale
quando si visita il Marocco è che dietro
ogni oggetto, ogni usanza, ci siano
significati più profondi di quello che
le apparenze non lascino intendere.
Forse, per il turista occidentale,
comprendere questa cultura è un po' come
pensare di entrare fino al cuore di una
grande medina senza perdere del tutto
l'orientamento: quanto meno pretenzioso.
Poco più avanti ci sono le bancarelle di
dolciumi: sono tutti impilati in
perfetto equilibrio, e ci sarebbe da
consumare interi rullini per fotografare
le impossibili geometrie di queste
pietanze coloratissime. Questa parte
della Medina sembra essere dominata
insomma da un unico concetto: la
quantità. Sì perché le piramidi di
frutta, di dolci, così come i sacchi
delle spezie, sono sempre perfettamente
pingui... purtroppo anche di mosche e
moscerini, anche se nel complesso
l'aspetto della merce in esposizione
sembra sano.
Usciamo dal mercato con una scatola di
dolci buonissimi alla pasta di mandorla
e adesso, sotto il sole di mezzogiorno,
nella piazza di fronte alla Medina ci
sono venditori d'acqua e pochi turisti
che si aggirano come noi, guide alla
mano. Scattiamo ancora qualche foto, poi
andiamo alla ricerca di un ingresso alla
città imperiale. Ma abbiamo sete ed è
l'ora giusta per fermarci sulla terrazza
di un bar dove, oltre ai succhi di
frutta e alle bibite, servono frutta
fresca.
La vista dei tetti di Meknés e degli
spalti delle mura è parecchio
suggestiva, e sappiamo che, quando
dovremo abbandonare la nostra
postazione, all'ombra di un grande
ombrellone, lo faremo a malincuore.
Per maggiori informazioni gastronomiche,
andate su
www.cookaround.com alla
sezione “cucina del Marocco”.
Per leggere il reportage completo, con
gli aneddoti e le curiosità del nostro
viaggio tra Spagna e Marocco, vi
invitiamo a visitare il sito
www.ilventodelsahara.it .
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