Molto
di greco da esplorare, ma non in Grecia.
L’Atene d’Africa, come la chiamarono
viaggiatori colti già nel 1800, si trova
a Cirene, nella regione più orientale
della Libia, la Cirenaica. Al manzoniano
quesito: Carneade, chi era costui? Si
può rispondere: filosofo di Cirene, come
pure Aristippo e l’astronomo Eratostene,
che misurò per primo la circonferenza
della terra nel III sec. a.C. Una città
così non poteva che nascere per amore,
sbocciato in mezzo alle siepi di mirto
tra il bello della mitologia, Apollo, e
la civettuola ninfa Cirene, la greca
Kyra. Lo storico Erodoto (V sec. a. C.)
narra che fu fondata nel 631 a.C. da
esuli greci di Thera (l’odierna
Santorini), che approdarono alla terra
promessa guidati dall’oracolo di Delfi.
Il sito archeologico più importante
della Libia dopo Leptis Magna,
abbarbicato su un gradone della Montagna
Verde, un fertile sperone calcareo tra
il deserto e il mare, si trova a due ore
di auto da Bengasi (raggiungibile con
un’ora e mezzo di volo da Roma), una
città in evoluzione dal punto di vista
culturale, architettonico e commerciale.
L’ area archeologica di Cirene, potenza
del Mediterraneo nel IV sec. a. C,
occupa intere colline. Era trent’anni
che il prof. Mario Luni, docente
dell’Università di Urbino e responsabile
della Missione archeologica a Cirene,
scavava in un’area extraurbana, fino al
giorno fatale della realizzazione del
sogno: una punta di piede come
indizio/inizio per portare alla luce
statue, tempio e teatro del Santuario
extraurbano di Demetra, a sud della
città. La scoperta è il riscontro reale,
avvenuto dopo 24 secoli, della
descrizione delle cerimonie religiose
fatte dal poeta Callimaco (III sec. a.
C.): una lunga processione notturna
usciva dalla città verso il tempio, alla
luce della luna, delle stelle e delle
lucerne tremule. Mentre i carri trainati
da cavalli bianchi entravano nei
propilei, le donne maritate e purificate
raggiungevano l’altare sacrificale, da
cui il sangue irrorava la terra e i
profumi salivano ad onorare gli dei.
Tabù la presenza maschile. Al punto che
il re Batto fu evirato per aver osato
spiare i misteri femminili di Demetra,
dea della fertilità umana e vegetale, a
cui Callimaco dedicò un famoso inno.
Agli appassionati di archeologia e
turismo cultuale, Cirene esibisce
un’altra novità: un museo ordinato e
sorprendente, nell’edificio che fu un
italiano Consorzio Agrario.
Straordinarie le testimonianze lapidee
che attraversano l’età arcaica,
classica, ellenistica e romana,
espresse, tra le altre, dalla bellezza
femminile e maschile delle korai di età
arcaica, avvolte in vesti drappeggiate e
dai kouros, corpi maschili perfetti.
Decine di persone, professori e
laureandi, in collaborazione con il
Dipartimento di archeologia della Libia
e relativi ispettori e tecnici, lavorano
agli scavi dal 2000, usando strumenti
semplici quali carrucola, setaccio,
rastrello. Grande la quantità di reperti
tornati alla luce: statuette in
terracotta (in gran parte di Demetra),
lucerne usate per i riti notturni,
ceramica da mensa, ossa di maialini
miste a cenere e a carbone. Di
eccezionale valore i semi ritrovati
dentro un contenitore di terracotta,
usati per i riti propiziatori. Sono semi
del mitico Silfio? Si possono far
germogliare? Il prof. Luni risponde con
un intrigante sorriso e dice di
attendere, fiducioso, i risultati delle
analisi scientifiche. Di sorprese, fa
intendere l’archeologo, ce ne saranno
ancora. D'altronde si tratta di un
complesso sacrale (costruito a partire
dai primi anni del V sec a. C) disteso
per decine di ettari sui terrazzi
digradanti dell’uadi Belgadir, suddiviso
in tre zone. La prima comprende il
propileo monumentale d’ingresso,
l’altare e il tempio dorico esastilo
dove avvenivano i sacrifici e i pasti
rituali. A seguire, l’area con i sacelli
lungo il percorso delle processioni
muliebri, dedicate alle vicende mitiche
di Demetra e Kore. La terza include il
teatro greco da un migliaio di posti
dove si svolgevano rappresentazioni,
riti sacri e purificazioni con
l’acqua di fonte scavata nella roccia.
Mentre proseguono gli scavi, il gruppo
operativo ha ricollocato il tempio
abbattuto dal terremoto del 365 d.C.,
sigillato dal crollo stesso e ignorato
fino ad oggi… perché il sito era
occultato dalla necropoli.
Tale patrimonio è stato in mostra ad
Urbino. Il Palazzo Ducale ha ospitato
nel luglio scorso la mostra “Cirene –
Atene d’Africa”, in occasione dei 50
anni di attività della Missione
Archeologica Italiana nella città libica
e dei 500 anni di vita dell’Ateneo
urbinate.
Ampia e di straordinario interesse la
documentazione in mostra, relativa
all’ultimo decennio di scavi, studi e
restauri effettuati a Cirene da docenti,
ricercatori e tecnici dell’Università
“Carlo Bo” nel quartiere dell’Agorà, nel
Santuario extraurbano di Demetra e nel
Santuario Lybio di Slonta: ceramiche,
lucerne, vasellame, anfore panatenaiche,
terrecotte, plastici di monumenti
riprodotti in scala come l’Arco
quadrifronte di Settimio Severo a Leptis
Magna, calchi di rilievi, busti e
statue. Bellissime le riproduzioni delle
statuette scoperte nel Tempio di Cibele:
75 opere in marmo ritrovate vicino al
Ginnasio, l’antica accademia militare
dove s’insegnava filosofia. Grande
attenzione merita il rilievo del
Santuario Lybio di Slonta, villaggio di
abitazioni trogloditiche risalenti alla
tarda antichità, che esibisce figure
scolpite in grotta.
Cirene è un giacimento che culturalmente
vale quanto il petrolio: lo ha
dimostrato l’esposizione di Urbino e l’XI
Convegno di Archeologia Cirenaica in cui
si sono riuniti gli studiosi delle
Missioni italiane e internazionali in
Libia. Un altro appuntamento importante
è avvenuto l’ 8 dicembre scorso, quando
il prof. Luni ha presentato a Parigi
all'Institut de France - Acadèmie des
Inscriptions et Belles Lettres- la
comunicazione : "Un demi-siècle de
recherches archéologiques à Cyrène de l'Universitè
de Urbino" in occasione dei 50 anni
della Missione Archeologica a Cirene e
dei 500 anni di attività della
Università degli Studi di Urbino. Il
prossimo evento (mostra e conferenza),
si terrà a Verona nella primavera 2007,
a cura dell’ associazione “Incontri nel
Mediterraneo”, presieduta da Silvana
Ticci Pirrello, che ha organizzato circa
cinquanta eventi culturali a Bengasi,
durante il mandato del Console Generale
d’Italia a Bengasi, Giovanni Maria
Pirrello.
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