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Umbria insolita

di Franca Dell’Arciprete Scotti

 

Sopra: i monasteri, le chiese romaniche, i palazzi dell'800 dai portali imponenti. Sotto: cisterne, pozzi, scale misteriose che scendono in profondità. L'Umbria underground è un'esperienza nuova che promette rivelazioni sorprendenti. In fondo, nulla di strano in un territorio collinoso dove grandi blocchi di tufo, coperti di vegetazione, nascondono cunicoli scavati nei secoli e labirinti sotterranei. Difesa in caso di attacco, magazzini per conservare cibi e animali, tombe, spazi di lavoro, cisterne d'acqua e addirittura case sono nascosti alla vista comune. E questo per secoli fino ad oggi. Abbandonati e ignorati da una cultura tutta proiettata sulla modernità tecnologica, diventano invece una proposta intrigante per un turismo alternativo. Anche chi ha conosciuto bene l’Umbria classica, medievale e francescana, scoprirà un altro punto di vista. Gli ingressi sono spesso appartati e nascosti da un cancello arrugginito, la visita è necessariamente accompagnata ed è bene attrezzarsi con un abbigliamento comodo e scarpe a buona tenuta sul terreno. Si può cominciare da Amelia: le cisterne, dieci immense sale voltate sotterranee, erano un tempo piene di fresca acqua piovana che veniva attinta nei casi di necessità. Potevano contenere 4400 m³ d'acqua ed erano collegate con i pozzi in superficie. Alcuni di questi sono ancora visibili nella piazza centrale e nei cortili delle case nobiliari intorno. Tutto era studiato nei minimi particolari: la impermeabilizzazione della struttura, la conservazione dell'acqua, la pulizia interna, il sistema di svuotamento. www.ameliasotterranea.it . Anche il museo archeologico di Amelia dimostra la abilità degli artigiani e degli architetti dell’epoca, quando Amelia era al centro di una importante via di comunicazione. Ancora più ricco il percorso che si può compiere sotto la superficie di Orvieto, una città millenaria sospesa fra cielo e terra in cima alla famosa rupe che la difende dagli attacchi della pianura. Nell'oscurità silenziosa della rupe é nascosto un dedalo di grotte scavate facilmente nel corso di 3000 anni a causa della particolare conformazione geologica del territorio. Mentre la città cambiava aspetto in superficie, assumendo anche nel suo tessuto urbano grandi capolavori come il Duomo, le strutture ipogee rimanevano in buona parte intatte. E così sono diventate un prezioso serbatoio di informazioni storiche e archeologiche. Nel percorso sotterraneo che ha inizio da una porticina nascosta nei giardini accanto al Duomo si toccano le stratificazioni di Orvieto, dalla etrusca Velzna alla città medievale e rinascimentale. Cunicoli, scale, passaggi inattesi, la macina di un mulino ipogeo a pochi metri dal Duomo, stanze sovrapposte e anche, nella parete che si affaccia verticalmente sul fianco della rupe, una serie di piccole nicchie quadrangolari. Nidi di piccioni probabilmente, che venivano allevati per trasmettere messaggi e come riserva di cibo in caso di attacchi. Incredibile ma vero, i “butti” medievali, immondezzai pubblici e privati, oggi sono proprio i giacimenti più ricchi e interessanti di antichità dimenticate. Qui si dipana la storia della città: una frenetica attività edilizia segna il periodo d'oro tra il sesto e il quinto secolo avanti Cristo prima della invasione romana che la distrusse completamente. Poi, con le invasioni barbariche, la rupe tornò ad essere un luogo ideale di insediamento e nel quinto secolo cominciò un lento processo di ricostruzione della città. Ma non si deve fare l'errore di pensare che l'Orvieto sotterranea corrisponda ad un'epoca preistorica e barbarica. Proprio all'età rinascimentale corrisponde la costruzione di un’opera di geniale ingegneria: é il pozzo di San Patrizio progettato da Antonio da Sangallo il Giovane, con due scale elicoidali sovrapposte di 248 gradini, in modo che la popolazione potesse scendere a prendere l'acqua con animali da soma fino a 62 m di profondità. Anche questo fa parte del percorso sotterraneo della città. www.orvietounderground.it .
Una vera scoperta è poi quella che si incontra a Narni. La chiesa di Santa Maria Maggiore è una vera miniera che continua a dare i suoi frutti. Tanto che a 27 anni dalla scoperta dei sotterranei dell'ex convento dei Domenicani attiguo alla chiesa, nel 2006 un convegno recentissimo ha approfondito le ricerche, illustrando gli ultimi inediti risultati. Nelle segrete del convento si è scoperto che il tribunale dell'Inquisizione interrogava e condannava i colpevoli di eresia. Ma tutta la scoperta si è sviluppata all'insegna della casualità o forse del destino. Nel 1979 nessuno a Narni conosceva l'esistenza del sotterraneo, quando sei giovani amici con l'hobby della speleologia, tra i quali l’entusiasta Roberto Nini (che oggi conquista i visitatori con il suo racconto), ebbero la fortuna di trovare un pertugio da cui tutto cominciò ad apparire. Un'abside affrescata, ossa umane, muri perimetrali con le sedute dei monaci, cisterne per l'acqua, graffiti incisi sulle pareti delle celle dei prigionieri, simboli massonici ed elementi alchemici, fino all'identificazione addirittura con nome e cognome del carcerato del Sant'Uffizio. www.narnisotterranea.it  

Sotterranei golosi
Al di là del fascino che i percorsi sotterranei possono rivelare su un mondo ed un tempo lontani, questo fitto reticolo che si stende sotto le cittadine e all'interno delle colline umbre, oggi è utilizzato anche, più prosaicamente e più gioiosamente, per ospitare mille cantine. Che hanno spesso una lunga storia. I vigneti delle terre orvietane ad esempio erano fonte di orgoglio per gli stessi Etruschi e oggi il pregiatissimo bianco Orvieto classico è famoso in tutto il mondo. Divertente, per dimostrare l'importanza del vino da queste parti, la ricetta della “gallina ubriaca” che evidentemente prevede l'abbondante uso di vino per pollame e cacciagione. Tra tutte le realtà nel settore vitivinicolo umbro davvero eccellente la azienda Lungarotti di Torgiano. Tra Perugia e Assisi si sviluppa il territorio dove l'azienda è nata nel 1962 e nel 1968 ha conquistato i riconoscimenti della DOC e della DOCG per i suoi vini, Rubesco, Torre di Giano, Aurente, Rubesco Riserva Monticchio, San Giorgio. L'ultima novità è il Montefalco Sagrantino DOCG Lungarotti prodotto nella nuova tenuta di Montefalco, dove sono stati impiantati vitigni di grande pregio. Ma soprattutto il valore di questa azienda, che vanta in Chiara Lungarotti la presidente nazionale del movimento turismo del vino, è evidente nella fondazione del Museo del Vino, il più completo al mondo, che documenta l'iter millenario del vino a livello sociale e artistico. A Torgiano si è realizzata così l’affascinante impresa di raccogliere reperti rari che testimoniano il ruolo fondamentale che la cultura del vino ha avuto e continua ad avere nella storia dell'uomo. Nel monumentale palazzo Graziani Baglioni del diciassettesimo secolo, 20 sale offrono uno straordinario percorso conoscitivo che spazia nei millenni: attrezzi da lavoro per i campi e la cantina, vasi e boccali da parata, sculture a tema dionisiaco, opere d'arte contemporanea, testi scientifici e poetici, bicchieri, bottiglie e piatti di uso quotidiano in tutto il Mediterraneo. E ci si può divertire anche con una serie di oggetti curiosi che sottolineano l'aspetto più ludico della cultura del vino: incisioni con scene di divertimento sfrenato durante i cortei dionisiaci, boccali che nascondono segreti meccanismi a inganno per rendere difficile l'accesso alla bevanda. museovino@lungarotti.it  www.lungarotti.it  



 

 

 

 

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