Sconosciuto
per lo più, nel cuore della Sicilia c’è
un contesto agricolo particolare e
straordinario, dove le colture
tradizionali mediterranee, come viti,
olivi e grano hanno rappresentato per
millenni, assieme allo sfruttamento
delle miniere di zolfo, le uniche fonti
di reddito di una società rurale e
contadina. E’ il territorio di
Caltanisetta, “castello delle donne” (Qual’atannisa),
secondo le origini del nome, ancora oggi
un “deserto di fecondità” come l’ha
definita Goethe, situata nel cuore
dell'Altopiano Solfifero, a quasi 600
metri di altitudine. Pur essendo di
antica origine, Caltanisetta ha un
aspetto prevalentemente moderno.
Testimonianza dell'illustre passato
della città è l'antico castello di
Pietrarossa, che sorgeva su una
scoscesa rupe calcarea, del quale oggi
sopravvivono soltanto una delle torri di
avvistamento, tratti di un muro, un
ponte, terrapieni e bastioni. Fondato
probabilmente dagli Arabi, prese il nome
dal colore rossastro dei mattoni con i
quali fu costruito. Conquistato dai
Normanni, roccaforte anche di Angioini e
Aragonesi, teatro di importanti
avvenimenti politici, andò quasi
completamente distrutto nella notte del
27 febbraio del 1567, a causa di una
violenta scossa di terremoto.
Ai piedi del Castello di Pietrarossa, in
quella che oggi è l’estrema periferia
della città, ma allora era il nucleo di
Caltanisetta, sorge la chiesa di Santa
Maria degli Angeli chiamata anche Santa
Maria la Vetera, per distinguerla dalla
nuova cattedrale costruita nel cuore del
centro storico di Caltanisetta.
In Piazza Garibaldi, crocevia delle due
strade principali, Corso Umberto e Corso
Vittorio Emanuele, infatti attorno alla
Fontana del Tritone, una grande vasca
sormontata da un cavallo e un tritone
insidiato da due mostri marini, c’è
Santa Maria La Nova.
E’ uno dei monumenti che attirano
l’attenzione del turista di passaggio,
che non può non attraversare la piazza
principale della città. Un'ampia
facciata, decorata da lesene e
fiancheggiata da due slanciati
campanili, interno a croce latina,
raffinati stucchi e suggestivi affreschi
alle pareti, una pregevolissima statua
lignea seicentesca, che raffigura S.
Michele Arcangelo, il patrono della
città, un organo barocco con cantoria e
pannelli dipinti del Seicento: questi i
tesori della chiesa monumento.
Lasciata la zona monumentale, ci si
lascia tentare da un peccato di gola al
Caffè Romano e da una evasione culturale
alla Libreria Sciascia, due luoghi della
memoria letteraria di Leonardo Sciascia.
Il corso Umberto è tutto fiancheggiato
da aristocratici palazzi sedi del Comune
e di banche, tra i quali spicca
Palazzo Moncada, legato a una delle
famiglie più importanti della città,
quella che dal 1407, quando Matteo
Moncada ricevette l’investitura di Conte
di Caltanisetta, ebbe la signoria della
città per più di 400 anni. Il palazzo,
il più imponente esempio di barocco
civile in Sicilia, non fu mai
completato, ma ancor oggi si fa notare
per i possenti mensoloni in pietra che
sorreggono i balconi del primo piano,
scenografica parata di figure
antropomorfe.
In fondo alla passeggiata nel centro
cittadino, che percorre il Corso
Umberto, sorge la scenografica Chiesa di
Sant’Agata al Collegio, eretta nel 1605
per l’ordine dei Gesuiti, elevata su una
scalinata e decorata da belle tarsie
marmoree.
Se tutto il centro di Caltanisetta
appare scenografico nella sua
monumentalità barocca, è anche
particolarmente suggestivo nel periodo
pasquale, quando si svolgono le
celebrazioni della Settimana Santa.
Il mercoledì inizia la processione della
Real Maestranza, una spettacolare
sfilata di 400 persone delle più antiche
corporazioni artigiane. La guida il
“capitano”, vestito seconda tradizione
settecentesca, personaggio che si deve
far carico del lutto e del dolore di
tutti. Il momento centrale e più
significativo è però la sera del Giovedì
Santo, quando entrano in scena le “Vare”
o “Misteri”, sorta di carri su cui
vengono montati imponenti gruppi
scultorei in legno, cartapesta e gesso,
opera dei Biangardi, artisti napoletani.
Le Vare oggi sono custodite nel Museo
della Settimana Santa, presso la Chiesa
San Pio X, che è visitabile previo
contatto con la AAPIT (0934/530411). Le
celebrazioni proseguono il Venerdì Santo
con la tradizionale processione del
Cristo Nero, posto dentro un baldacchino
dorato e portato a spalla dai “fogliamari”,
con le tradizionali casacche e a piedi
nudi, per concludersi la Domenica di
Pasqua con le tradizionali celebrazioni
religiose.
A breve distanza dal centro città c’è
infine, assolutamente da non perdere, l’Abbazia
di Santo Spirito, la chiesa più
antica del territorio nisseno, fondata
nel 1095 e consacrata nel 1151 per
volere del conte Ruggero e della moglie
Adelasia. In stile paleocristiano,
caratterizzata da tre piccole absidi
spartite da lesene, la chiesa, di
impronta romanica, conserva affreschi
del '400, di grande valore artistico,
quali il Cristo Benedicente - che appare
in originale all'interno della chiesa, e
in un duplicato nella lunetta del
portale - e la Pietà.
Ospita una vasca romanica per il
battesimo a immersione, una portantina
cinquecentesca, un bellissimo arco di
chiara manifattura araba, diversi
dipinti, antichi testi sacri e un calice
di stagno, il cui uso venne proibito nel
220 d.C. e, successivamente, nell'855.
L’interesse per l'abbazia non è solo
artistico.
Particolarmente suggestivo è il luogo in
cui sorge: è possibile abbracciare con
lo sguardo un magnifico panorama, che
spazia dalla valle dell'Imera al famoso
castello di Pietrarossa, fino a scorgere
sullo sfondo l'Etna.
A fianco alla chiesa sorge il Museo
archeologico di Caltanisetta, che
conserva numerosi reperti di
straordinario interesse archeologico,
rinvenuti nei siti di Gibil-Gabib,
Pietrarossa e S. Giuliano. A circa
cinque km. Dalla città sorge la montagna
cui i Saraceni diedero il nome di
Gibil-Gabib, città dei morti; su di essa
fu, infatti, rinvenuta un'importante
necropoli, con sepolture che vanno dall'VIII
al III secolo a.C. Diverse le tipologie
di tombe, molte delle quali a
grotticella artificiale e a camera.
Dagli scavi archeologici è emerso che
proprio su quest'area un tempo sorgeva
un centro indigeno, divenuto
successivamente, ellenico, che qualcuno
ha pensato di poter identificare con
l'antica Nissa, da cui più tardi sarebbe
nata la città di Caltanisetta.
Nell’ottocento Caltanisetta è stata il
maggior centro siciliano per lo
sfruttamento delle miniere e
l'estrazione dello zolfo. Purtroppo la
concorrenza dell'America pose fine a
questa ricchezza e portò alla
conseguente chiusura delle miniere. Oggi
sono in fase di completamento dei
progetti di recupero delle aree di
lavoro e delle case dei minatori che
prevedono la realizzazione di appositi
percorsi turistici in grado di far
conoscere la storia di quest’attività,
che diede benessere alla provincia, ma
che costò cara a molte persone per la
pesantezza e la pericolosità del lavoro.
Per fortuna altre attività, meno
pericolose e più bucoliche,
costituiscono oggi la ricchezza
cittadina, facendone un importante
centro nella produzione e nel commercio
agricoli: vigne, zootecnia, caseifici,
pescheti e uliveti costituiscono un
notevole patrimonio gastronomico.
I prodotti del territorio
Gioiello del territorio nisseno, tra le
più importanti realtà agricole
siciliane, la Masseria del Feudo
della famiglia Cucurullo, è una
realtà produttiva diventata, in cento
anni di storia, un punto di riferimento
significativo di agricoltura integrata e
moderna. La tutela dell’ambiente, la
valorizzazione della cultura e la
ricerca continua della qualità
costituiscono gli elementi di fondo di
una missione produttiva che, da oltre
tre generazioni, questa famiglia porta
avanti con passione. Era il 1906
infatti, quando l’azienda fu fondata da
Salvatore Cucurullo che acquistò una
larga fetta dell’antico feudo dai
Principi Branciforti. Nel corso degli
anni è cresciuta. Oggi, che si estende
su una superficie complessiva di 110
ettari, è la prima azienda in Sicilia
per diversificazione di colture
agricole: al posto del grano ora ci sono
vigneti, oliveti, pescheti e susineti.
La Masseria del Feudo, situata tra due
siti di particolare interesse, Piazza
Armerina e la Valle dei Templi di
Agrigento, lungo la statale SS 640, ad
un’altitudine di 480 metri, oggi è
guidata, con impegno e passione, da due
giovani fratelli Carolina e Francesco
Cucurullo.
Carolina, giovane donna del vino made in
Sicily, ama ricordare con grinta che
“l’azienda affonda le sue radici nella
cultura di questo territorio, troppo
spesso ignorato dai tour operator, ma
che riserva al viaggiatore attento
scrigni di bellissimo incanto”.
I vigneti di Masseria del Feudo, che
coprono una superficie collinare di 18
ettari, sorgono nell'unica lingua di
terra dove già dal lontano 1860 si
coltivava la vite. In questi vigneti,
venti anni fa, furono effettuate le
prime sperimentazioni in Sicilia di un
vitigno internazionale, lo Chardonnay e
dei maggiori vitigni autoctoni
siciliani.
Gli antichi fabbricati rurali sono stati
oggetto di una sapiente ristrutturazione
conservativa per ospitare, tra mura che
sanno di storia, una cantina
all'avanguardia per concezione e
tecnologia. In produzione quattro IGT,
due rossi, il “Rosso delle Rose” , un
blend di Nero D’Avola e Syrah, e “Il
Giglio”, un Nero D’Avola in purezza, e
due bianchi, “Haermosa”, uno Chardonnay
in purezza e “Il Giglio”, un blend di
Ansonica e Grillo.
E il tesoro si completa con i magnifici
ettari coltivati a susineti e pescheti,
e la prossima annunciata apertura di un
caseificio interno per la produzione di
mozzarelle, scamorze affumicate e
ricotta.
E’ sempre rimasta nella sua sede
originaria di Caltanisetta anche
un'altra azienda gioiello attualmente
parte della Associazione delle Industrie
di Marca Centromarca: il Gruppo
Averna, arrivato ormai alla quinta
generazione. Tutto ebbe inizio nel 1859,
quando Salvatore Averna, agiato
commerciante di tessuti, benefattore
della abbazia di Santo Spirito,
ricevette in dono da un frate cappuccino
la ricetta di un amaro. Inizialmente
preparato per la famiglia e poi come
strenna natalizia per i clienti del
negozio, questo amaro diventò in breve
un prodotto richiestissimo. Le
generazioni successive non fecero altro
che sfruttare il segreto di questa
bevanda eccellente e ampliare l'azienda
che era nata nell'antico casale, adibito
a casa di campagna per la famiglia
Averna, vicino all'abbazia di Santo
Spirito. Già nel 1912 era stato ottenuto
il più ambito degli onori: l'amaro
siciliano aveva ricevuto l'attestato di
Fornitore Ufficiale della Real Casa.
Intanto la produzione dell'azienda si
era ampliata con altri liquori: anice,
liquori di agrumi, anice stellato,
Fernet, liquori alla frutta e l'amaro
Averna era diventato leader di mercato.
Il suo segreto è ancora la ricetta
originale, la sede storica é ancora
Caltanisetta, l'azienda é rimasta
interamente di proprietà della famiglia
Averna.
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