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Palermo crocevia di culture diverse

di Donatella La Viola

 

Il nome e le origini della città
La storia di Palermo inizia con i fenici che, arrivati sulla costa settentrionale della Sicilia, fondarono il loro “fiore”, Ziz, questo il nome originario del capoluogo siciliano. Ma con l’arrivo dei navigatori e mercanti greci, il nome della città divenne più concreto: “Panormus”, latinizzazione dal greco “tutto porto”, per sottolineare la caratteristica geografica di questa città, il cui nucleo originario nacque su una penisoletta stretta tra le foci di due fiumi: il Papireto e il Kemonia.
I fenici, sconfitti dai romani nella Prima guerra punica, dovettero cedere la loro città ai romani che ne fecero un luogo tranquillo, parte della provincia di Siracusa. Successivamente la divisione dell’Impero romano, portò la Sicilia, e con essa quindi anche Palermo, a vivere e respirare l’influenza araba, diventando parte dell’Impero Romano d’Oriente. Furono proprio i governatori musulmani a spostare il capoluogo della Sicilia a Palermo e a farne una città importante per i commerci e per la cultura, con più di 300 moschee, conosciuta in tutto il mondo arabo. Questo fu il periodo di massimo splendore per l’antica città fenicia, prosperità che continuò con i normanni e con gli svevi.

Santa Rosalia, protettrice della città
Vicino ai due fiumi dai quali derivò il nome di Palermo e la sua ricchezza, nel Seicento i governi spagnoli decisero di ammassare le classi povere, provocando un peggioramento delle condizioni igieniche. Si diffuse la peste e la malaria e nel 1575 il medico Ingrassia fu incaricato di fare un “programma urbanistico di risanamento”. Il vicerè, invece, preferì risolvere il problema utilizzando le credenze popolari e la fede: istituì il culto delle ossa di una discendente di Carlo Magno, trovate su Monte Pellegrino, Rosalia Sinisbaldi, che divenne Santa Rosalia, la protettrice della città a cui è stato dedicato, appunto, il santuario sul Monte Pellegrino.

Palazzo dei Normanni
Nella città antica, in quel cuore racchiuso tra i fiumi Kemonia e Papireto, sorge il Palazzo dei Normanni (o Palazzo Reale), un tempo sede degli emiri, poi dei re normanni e dei vicerè spagnoli, dal 1947 sede dell'Assemblea Regionale Siciliana. L’odierno corso Vittorio Emanuele prima aveva il nome di via del Cassaro, termine sicilianizzato che sta per Qasr, il nome arabo del palazzo.
Al secondo piano del palazzo si trova la Sala d’Ercole, dove si riunisce l’Assemblea Regionale Siciliana. Su una parete di legno della sala sono scolpite due date: 1130 e 1947. La prima data ricorda che il Parlamento siciliano è uno dei più antichi del mondo, la seconda che l’Assemblea ha iniziato la sua attività mezzo secolo fa, prima che il Senato e la Camera dei Deputati iniziassero la loro. Al secondo piano si trova anche la stanza del re Ruggero II, una sala interamente ricoperta da ricchi mosaici che rappresentano animali esotici, pavoni, leopardi e intrecci floreali.
Nel 1890, dopo un viaggio in Sicilia, Guy de Maupassant scrisse: “Ciò che rende così violenta l’impressione prodotta da questi monumenti siciliani è che l’arte della decorazione colpisce, a prima vista, più dell’arte architettonica. L’armonia delle linee è solo la cornice all’armonia dei colori. Entrando nelle nostre cattedrali gotiche – continua Maupassant riferendosi alle chiese francesi – si prova un senso di severità, quasi di tristezza. Le loro dimensioni sono imponenti, la loro maestà colpisce, ma non seduce. Qui invece si è conquistati, commossi da un non so che quasi sensuale aggiunto dal colore alla bellezza delle forme”. Ed è proprio questa l’impressione che si ha quando si entra nel Palazzo dei Normanni e soprattutto nella Cappella Palatina.

La Cappella Palatina
Nel 1130, anno della sua incoronazione, Ruggero II, il primo dei re normanni di Sicilia, decise di trasformare la fortezza araba in un ricco palazzo e fece costruire al suo interno la Cappella di S. Pietro, detta “Palatina”, cioè “del Palazzo”. Le absidi della meravigliosa Cappella Palatina, che, in tempi normanni, erano visibili al di sopra di loggiati che collegavano le torri, sono ora nascosti dalla facciata principale del palazzo, costruita successivamente.
Entrare nella Cappella Palatina lascia senza fiato: gli splendidi mosaici dorati con il Cristo circondato dagli angeli realizzato sopra l’altare nel concavo della cupola. Una chiesa con tre navate divise da archi ogivali, tipici dello stile arabo. Il soffitto ligneo protegge l’atmosfera che è creata, all’interno della cappella dalle tessere dorate, illuminate dalle luce dei lampadari e delle candele.
La stessa ricchezza è riproposta nel Duomo di Monreale, costruito per volere del re normanno Guglielmo II, probabilmente tra il 1174 e il 1185.

Il Duomo di Palermo
I re normanni, furono investiti della missione di riconquistare la Sicilia da parte del Cristianesimo e simbolo di questa impresa fu proprio la costruzione di imponenti chiese, avendo come riferimento le grandi basiliche di Costantinopoli e Roma. Il Duomo di Monreale venne edificato in contemporanea e in aperta competizione con la Cattedrale di Palermo, simbolo del potere del vescovo del capoluogo siciliano. La Cattedrale è stata costruita verso la fine del XII secolo per volere dell’arcivescovo Gualtiero Offamilio. La maestosità della cattedrale sta nella sua facciata esterna, chiusa tra due alte torri a bifore e colonnine. Il portale mediano, risalente al 1400, è arricchito da una bifora e dagli stemmi aragonese e del Senato cittadino. La facciata principale è congiunta alla torre campanaria, di gusto medievale, da due archi ogivali e presenta un bel portale d’accesso alla chiesa arricchito con i simboli dei quattro evangelisti (un leone, un angelo, un toro e un’aquila).
 

 

 

NOTIZIE UTILI

 

Palazzo dei Normanni:
L’ingresso si trova in Piazza Indipendenza.
È aperto dal lunedì al sabato: 8.30-12.00 e 14.00-17.00; domenica e festivi: 8.30-12.00
Per informazioni tel. 091/6961111
La cucina popolare
Tra i tanti piatti della cucina tipica palermitana, i fritti hanno un posto di rilievo: le panelle (schiacciatine fritte di farina di ceci), i cazzilli (crocchette semplici di patate), le arancine cucinate per festeggiare Santa Lucia (riso condito con piselli e ragù, impastato a forma di arancia, impanato e fritto) e il panino con la milza (milza di vitello fritta nella sugna).
Tra i dolci: i biscotti di San Martino (biscotti tipici imbottiti di crema di ricotta e spolverati di zucchero a velo), i frutti di Martorana (dolci di pasta reale o marzapane a forma di frutta) che prendono il loro nome dalla Chiesa della Martorana, le cui suore sono diventate famose per la bontà e la bellezza di questi dolcini e la cassata (dall’arabo “gas at”, tondo, scodella).

Per maggiori informazioni: www.aapit.pa.it  - www.palermoweb.com



 

 

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