Le origini e la storia
della città
Una
leggenda narra che Lecce fu fondata ai
tempi della guerra di Troia, ma sulle
sue origini non ci sono notizie certe.
Secondo alcuni studiosi, Lecce era
l’antico centro messapico di Sybar, nome
il cui significato rimane ancora dubbio:
“città del sole” come vorrebbero molti o
“lupo selvaggio sotto un albero” come
ricorda lo stemma della città?
A questo simbolo (un lupo sotto un
leccio e una corona con cinque torri) si
rifà il nome del capoluogo salentino
quando dal 268 a.C. venne governata dai
Romani e conosciuta come Lupiae. Ma la
storia è lunga e attraversa molti secoli
prima che Lecce venga finalmente
chiamata così. Fu Luppia con i Greci,
Licea con i Normanni e Litium con gli
Svevi. Da qui infine, attraverso le
naturali trasformazioni fonetiche, è
diventata Liccio e finalmente Lecce.
Sono stati ritrovati numerosi reperti,
raccolti nel Museo S. Castromediano, del
periodo in cui la città era un centro
messapico che si conservò anche dopo la
conquista romana. Ai Romani, in
particolare, Lecce deve molto, grazie a
loro, infatti, Lupiae ha un foro, un
anfiteatro, un teatro e uno sbocco sul
mare: l’attivissimo porto Adrianeo,
l’attuale marina di San Cataldo.
L’anfiteatro è ancora oggi la
scenografia ideale per il suggestivo
presepe che ogni anno viene allestito a
beneficio dei visitatori e delle loro
macchine fotografiche.
Ma la fortuna di Lecce durò poco. Con i
saccheggi ad opera dei barbari, la città
decadde ad un modesto villaggio e per
ben cinque secoli fu offuscata dalla
potente Otranto, eretta capitale del
dominio bizantino. Ritornò ai suoi
antichi splendori solo a partire dal
1463 quando venne inglobata nel Regno di
Napoli, che fece di Lecce la sede del
Sacro Regio Provincial Consiglio.
La pietra leccese e il
barocco
Verso la fine del XVI secolo anonimi
artisti scultori, scalpellini e
intarsiatori, trovarono nella pietra
leccese, un calcare malleabile e
disponibile ad ogni intaglio, un’alleata
per la loro arte e iniziarono a ornare
con merletti, nastri di fiori e frutta,
i palazzi e le chiese della città, tanto
che lo storico Gregorovius definì Lecce
“la Firenze del Sud”, guardando le
guglie, le colonne e i balconi del
centro storico. Il barocco leccese
affascina con la sua ricchezza ordinata
ed elegante, diversa dagli eccessi del
barocco spagnolo. Molto è dovuto proprio
al colore della pietra leccese, caldo e
dorato alla luce del sole. Tanti angoli
cittadini di Lecce nascondono ricche
cornici, stemmi e simboli araldici,
animali a sostegno dei balconi,
trasformando la città in un grande
giardino aristocratico in cui la
decorazione non è confinata solo
all’interno dei palazzi ma impreziosisce
porte e finestre.
La Basilica di Santa
Croce
Capolavoro del barocco leccese è
sicuramente la Basilica di Santa Croce.
I lavori di costruzione di questa chiesa
iniziarono alla fine del ‘500, sulle
rovine di una precedente chiesa del ‘300
e furono commissionati dai Padri
Celestini a Gabriele Riccardi, il cui
nome è ricordato dalla piazzetta
antistante la basilica. Passeggiando per
le strette strade della città vecchia ci
si imbatte nella grandiosa facciata a
tre porte di Santa Croce. Un tripudio di
arazzi, ricami e decori. La parte
superiore della facciata è dominata
dall’immenso rosone centrale, elemento
del romanico pugliese, abilmente
arricchito da un’originalissima
decorazione barocca. I puttini sono un
elemento decorativo ricorrente sia
all’esterno sia all’interno della
Basilica, in particolare sugli altari
commissionati dall’aristocrazia
salentina, che, meno ricca di quella
napoletana, ha saputo sfruttare
l’adattabilità ma anche il minor costo e
la maggiore disponibilità della pietra
leccese per supplire alla mancanza di
soldi per i costosi quanto preziosi
marmi.
Accanto a Santa Croce c’è il palazzo
della Prefettura, precedentemente
Convento dei Celestini, la cui facciata
appare armonicamente legata alla
Basilica, costituendo quasi un tutt’uno.
Piazza Sant’Oronzo e
il Vescovato
Centro e cuore vitale di Lecce è Piazza
Sant’Oronzo, protettore della città, a
cui è dedicata la colonna che campeggia
al centro della piazza. Il Vescovato è
un’altra perla del capoluogo salentino,
soprattutto di sera, quando una sapiente
illuminazione restituisce tutto il
fascino di un luogo sacro, teatro
preferito per gli sposi che da tutti i
paesi vicini vengono a farsi
fotografare. Il Vescovato o piazza del
Duomo è il risultato del rifacimento
pressoché totale, effettuato da Giuseppe
Zimbalo a fine Seicento, della
precedente Cattedrale normanna.
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NOTIZIE UTILI
Come raggiungere Lecce
Il capoluogo salentino si può
raggiungere dalla superstrada Bari-Lecce
e con la linea ferroviaria della
litoranea Adriatica.
Cosa comprare
Non si può lasciare Lecce senza portar
con sé un ricordo dell’artigianato
tipico salentino. Tre attività
artigianali caratterizzano in
particolare questa città: la cartapesta,
la pietra leccese e la terracotta. I
cartapestai realizzano, con drappi
cartacei e anime di paglia e fil di
ferro, i personaggi che da sempre
ricordano la semplicità del Mezzogiorno:
pescatori, pastori, contadini, ma anche
santi, pupi per il presepe e
composizioni di fiori. Splendidi anche
gli orologi in pietra leccese e i
fischietti, i piatti e le pignatte di
terracotta.
Cosa e dove mangiare
Piatto tipico di Lecce è “ciceri e tria”,
pasta (quasi sempre le lagane) con i
ceci, insaporita dal corposo olio
pugliese e da pezzi di pasta fritta.
Famosi anche i “rustici”, pasta sfoglia
cotta al forno ripiena di mozzarella,
pomodoro e besciamella. E per la
colazione? Gli immancabili “pasticciotti”,
fagottini di pasta frolla ripieni di
crema o i “fruttoni” ripieni di
mandorla, perata o cotognata. Rinomata è
la “cotognata leccese”, marmellata di
melecotogne tanto compatta da essere
tagliata a pezzi.
Al ristorante “Corte Ludovico” (via
D’Annunzio, tel. 0832/331386) è
possibile gustare delle ottime “pittule”,
palline di pasta lievitata fritte e in
molte case ripiene di baccalà, o di
frutti di mare, o ancora di broccoli o
alla pizzaiola.
Per ulteriori informazioni:
www.comune.lecce.it -
www.salentonline.it
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