Inutile cercare in libreria guide su
Kashmir e Ladakh. Non esistono, perché
non si tratta di stati autonomi come
altri regni himalayani, ma sono soltanto
regioni dello stato indiano del Jammu,
quello più settentrionale al confine con
Pakistan e Cina, quindi si trovano
descritti sulle guide dell’India. Due
regioni totalmente diverse per
geografia, ambiente e clima, ma in fondo
complementari l’una all’altra. Il clima
mite del Kashmir, le foreste,
l’abbondanza d’acqua e la fertilità del
terreno ricco di piante e di fiori
incantarono già nel 1400 gli imperatori
Moghul, che ne fecero il luogo
prediletto dello loro vacanze – lontano
dal soffocante caldo umido dell’estate
indiana – riempiendo la valle di
palazzi, padiglioni, templi e
soprattutto di curatissimi giardini,
imitati poi fino ad oggi da tutti i
benestanti delle penisola, inglesi in
testa. Srinagar, il capoluogo, che per
molti secoli è stato uno dei principali
centri culturali e filosofici dell’Asia,
nonché crocevia di itinerari commerciali
tra India, Asia Centrale e Cina, è un
posto delizioso tra laghi, fiumi e
canali, con case di legno dipinte a
colori vivaci, anche se molti vivono su
case galleggianti assai confortevoli e
si spostano più sulle lunghe
caratteristiche barche ad un remo che a
piedi, così come tutto sull’acqua è il
mercato; con sullo sfondo le alte vette
del Karakorum. A rendere unico il
Kashmir, le cui origini si perdono tra
storia e leggenda – definita tra l’altro
una delle regioni più belle dell’India
-, furono le influenze greche, persiane,
tibetane e cinesi. Divenne cuore
commerciale (anche se la sua posizione
non era tra le più semplici da
raggiungere) perché qui arrivavano,
dagli alti valichi, seta e spezie.
Ancora oggi è considerato come una sorta
di laboratorio/fucina da dove escono
prodotti artigianali realizzati secondo
antiche tradizioni: basti pensare alle
sciarpe e agli scialli morbidissimi “pashmina”,
alla lana particolarmente pregiata che
porta lo stesso nome o ai bellissimi
tappeti dai colori che richiamano quello
che è il paesaggio naturale; il rosa
delicato degli alberi di pesco in fiore,
il rosso cangiante delle ciliegie
piuttosto che il giallo dello zafferano
coltivato in notevole quantità.
Ladakh, il “Piccolo Tibet”
Per raggiungere il Ladakh “la terra
degli alti passi” (questo il significato
letterale di La-Dags, diventato poi
Ladakh) occorre inerpicarsi lungo le
pareti precipiti della catena del
Karacorum su strade sterrate mozzafiato
che superano passi posti a 4 e 5.000 m
di altezza. Questa regione, chiamata
anche Piccolo Tibet, aperta al turismo
solo dal 1974 e accessibile soltanto da
maggio a settembre, è un mondo di pietra
di paesaggi lunari e di deserti d’alta
quota, prosecuzione dell’altopiano
tibetano tra le cime dell’Himalaya, che
offre minuscoli spiazzi coltivabili solo
nei ristretti fondivalle, dove i campi
di grano saraceno regalano un tocco di
verde. Grande un terzo dell’Italia ma
abitato da appena 150 mila persone,
consente un’economia di mera sussistenza
per l’aridità del suolo, gelato per la
gran parte dell’anno, e per la penuria
d’acqua dovuta – incredibilmente – alle
scarse precipitazioni; per non dover
dividere case, terreni e mandrie si deve
ancora ricorrere alla poliandria, con
un’unica donna sposata a più fratelli, e
qualche figlio monaco. La maggior
attrattiva del paese è costituita
proprio dai numerosi monasteri buddisti
lamaisti, come tibetana è l’etnia, la
cultura e la lingua. Oggi, dopo la
distruzione dei templi e della cultura
buddista in Tibet ad opera dei cinesi,
il Ladakh costituisce il luogo migliore
per conoscere questo peculiare mondo
spirituale. Gli stupendi capolavori
d’arte celati nei “gompa” (monasteri
fortificati), i preziosi libri amanuensi
in pergamena, le feste con danze in
abiti coloratissimi, i curiosi
copricapo, le preghiere dei monaci a
base di canti mistici, le campanelle, il
clamore dei cembali, il suono dei lunghi
corni d’ottone regalano emozioni
indescrivibili, tali da ben giustificare
le scomodità di un viaggio in una terra
tanto remota e fuori dal mondo.
Da Delhi a Shimla
Un itinerario ideale parte dalla
capitale Delhi, dove si visita in
particolare la città vecchia; in treno
si raggiunge Amristar, capoluogo dello
stato del Punjab, per visitare il famoso
Tempio d’Oro, luogo sacro dei Sikh, e in
aereo si arriva a Srinagar, la città più
a nord dell’India. Dopo aver ammirato
palazzi di varie epoche, templi di varie
religioni e gli splendidi giardini
moghul, si inizia a risalire l’alta
valle del Kashmir lungo le pendici del
Karacorum tra canyon, nevai e ghiacciai,
con sullo sfondo le più alte montagne
della terra. Caratteristiche che
accompagneranno per tutto il resto del
percorso. Entrati in Ladakh si visitano
piccoli villaggi e numerosi monasteri,
che ne costituiscono la principale
attrattiva, ma resta anche il tempo per
percorrere la carrozzabile più alta del
pianeta, solo di recente aperta agli
stranieri, e per osservare le
incredibili dune di sabbia di Hundar, un
vero deserto d’alta quota circondato da
ghiacciai. Il percorso di ritorno dal
capoluogo Leh avviene lungo le pendici
meridionali dell’Himalaya, tra scenari
sempre esaltanti, con la vegetazione che
aumenta man mano che si scende; si
attraversa lo stato indiano montuoso e
collinare dell’Himacal Pradesh fino a
Shimla, da dove si rientra in treno a
Delhi.
|