Altro che “Europa Riconosciuta”, cioé
l’opera con cui Antonio Salieri ha
nuovamente inaugurato la restaurata
Scala di Milano nel dicembre scorso. Un
librettista moderno potrebbe scrivere un
altro dramma d’attualità, su tema
turistico però, dal titolo “Varese
dimenticata”. Varese, una delle
“Città Giardino” più belle e patentate
d’Europa, oggi è poco visitata dai
cittadini del resto d’Italia e poco
frequentata dagli stessi Lombardi,
Milanesi compresi, se non per motivi
industriali o commerciali .
Un amaro declino turistico per un
comprensorio, il Varesotto, che
dall’alba del 1900 fino al 1960, oltre
alle altre sue fiorenti attività
economiche (opifici di tessitura,
meccanica) ha avuto nel turismo incoming
un’industria fiorente e diffusa tanto da
meritare non solo i favori degli
Italiani ma anche quelli dell’intera
Mitteleuropa, giudicandolo luogo ideale
oltretutto anche per vacanze primaverili
e autunnali.
Rinviamo per il momento l’esame delle
cause del declino esclusivamente
turistico (in tutte le altre attività
Varese primeggia nel panorama economico
nazionale), una crisi che è
eminentemente settoriale, in
controtendenza rispetto alle altre
attività locali. Infatti Varese è una
delle città italiane a più alto reddito
pro-capite, più elevato patrimonio
storico, architettonico e artistico, più
avanzate industrie di meccanica e high
tech.
Pur essendo quella di Varese la più
piccola provincia lombarda, con una
popolazione di soli 800 mila abitanti,
ha dato vita a oltre 60 mila imprese,
alcune di notorietà mondiale (Indesit,
Whirlpool, Aermacchi, Agusta).
A questo si aggiunga un patrimonio
naturalistico-paesaggistico che le è
valso il doppio appellativo di ”Città
Giardino e Terra di Laghi” e un
territorio ricco siti storici con
vestigia e architetture che spaziano dal
romanico delle chiese, cattedrali e
pievi al Liberty dei suoi palazzi
costruiti tra la fine dell’Ottocento e
l’inizio del Novecento
Crocevia per l’Europa
Nella storia della regione il ruolo di
Varese, quale crocevia e punto di
confluenza delle vie dal sud padano
verso l’Europa, è perfino più antico di
quello di altri noti itinerari e passi
alpini. I suoi primi insediamenti umani,
quelli palafitticoli, hanno lasciato le
loro impronte nei laghi e nelle isole
del Varesotto in epoche risalenti al
tardo neolitico e fin oltre l’età del
ferro. Nei musei cittadini, nelle paludi
e nelle torbiere della zona, palafitte,
tombe, ceramiche, oggetti in ferro e
altri reperti testimoniano di
popolazioni più antiche delle genti
successivamente attestatesi nel resto
della fascia prealpina e della Pianura
padana. Gli autoctoni, antenati
preistorici degli odierni Varesotti,
diedero vita alla Cultura di Golasecca,
cosiddetta dalla località in cui hanno
lasciato testimonianze tangibili.
Avevano costituito insediamenti in
centri popolati da duemila abitanti,
dimensione cospicua per l’epoca
precedente l’ invasione indoeuropea dei
secoli VIII-VI a.C e le successive
conquiste del territorio da parte dei
Liguri prima, poi dei Celti, Galli,
Romani e Longobardi. L’Isola Virginia,
situata nel Lago di Varese, è
considerata una miniera del Neolitico,
una specie di calendario: grazie a
stratificazioni successive di reperti
litici e ceramici, indica le diverse
tappe nell’evoluzione delle stirpi
primitive dalle palafitte lignee e dalle
torbiere dell’era della selce fino
all’età in cui s’impadronirono della
tecnica di lavorazione del ferro
Varese sorge su un pianoro elevato 382
m.s.m e circondato a sua volta da
sobborghi collinari chiamati castellari.
Il capoluogo domina un comprensorio
talmente ricco di attrazioni
paesaggistiche, naturalistiche, storiche
e artistiche da imporre al visitatore un
problema: l’imbarazzo della scelta. Pur
essendo quella di Varese, come detto, la
più piccola delle province lombarde
(soltanto 1198 km quadrati), dispone di
un ventaglio di attrazioni e opzioni di
visita e soggiorno eccezionali per
numero e interesse.
Per cominciare, offre ben 9 laghi, da
ammirare lungo le coste ai piedi delle
montagne, da navigare (a vela e a remi
preferibilmente, o a motore). Le loro
famose isole custodiscono storiche ville
e residenze dominicali circondate da
splendidi giardini, nonché secolari
pievi, chiese, santuari, rocche e
castelli. Chi sbarca su queste isole,
inoltre, può ammirare il paesaggio
lacuale dall’alto delle cime che
racchiudono i grandi specchi d’acqua e
una affascinante visuale sul Monte Rosa
e le altre cime.
Parchi con giardini
all’italiana
Varese è inoltre circondata da tre
parchi protetti, il Parco del Ticino, il
Campo dei fiori e il Parco della Pineta,
per un totale di 30 mila ettari. Queste
vastissime aree verdi esterne al
perimetro cittadino fanno da contraltare
ai parchi urbani che hanno valso a
Varese l’appellativo di Città Giardino
d’Italia per eccellenza. I più noti
parchi cittadini sono sei, a corredo di
palazzi e ville patrizie di valore
storico .Cinque delle lussuose residenze
patrizie ospitano nel parco un giardino
all’italiana e la sesta un giardino all’
inglese.
Queste frequentate mete turistiche sono:
Villa Cicogna Mozzoni, sede del Premio
Martini “Palcoscenici Verdi”), Villa
Menafoglio Litta Panza, Villa Della
Porta Bozzolo, I Giardini Estensi, Il
Centro Congressi Ville Ponti e Villa
Mirabello. Quest’ultima con un giardino
all’inglese che, tra i suoi rari
esemplari, ostenta un cedro del Libano
ultracentenario. Un particolare di
tenore ambientale non può sfuggire al
lettore: tutte queste essenze vegetali
locali, ma soprattutto quelle esotiche,
non prosperano soltanto grazie al valore
dei giardinieri ed esperti floricoltori,
bensì anche per il sano clima del
Varesotto, salutare anche per la
popolazione, quindi l’ideale per
soggiorni stanziali e lunghe vacanze.
Altre visite d’obbligo in città sono: la
Basilica e il Battistero. L’interno
della Basilica ospita dipinti del
Mazzucchelli. Imponente il campanile,
detto il Bernascone. Il Battistero, una
bella testimonianza del romanico
lombardo, conserva all’interno
pregevolissimi affreschi di un anonimo
artista citato solo come il Maestro
della Tomba di Fissiraga.
L’unica corrente turistica immune dalle
flessioni registrate dal 1960 ad oggi è
quella religiosa. Tre itinerari della
fede nel Varesotto spiccano fra quelli
di decine di altri templi cattolici
sparsi un po’ dappertutto nella
provincia: il Sacro Monte di Varese,
l’Eremo di Santa Caterina del Sasso di
Ballaro e il Monastero di San Michele di
Voltorre
Il Sacro Monte è stato giudicato
uno dei più imponenti esempi di “Via
Sacra”. I fedeli devono superare un
dislivello di quasi 300 metri,
camminando in salita per 2 chilometri
dalla prima stazione alla
quattordicesima, situata a 880 m.s.m.,
di fronte al Santuario e al retrostante
borgo medievale. Altre notissime mete
turistiche sono la Rocca Borromeo ad
Angera (sec.XII), il Monastero di Torba
(V secolo), la Collegiata di Castiglione
Olona (chiesa e preziosi affreschi), il
grandissimo castello visconteo di Somma
Lombarda (XII sec.), il Battistero di
Arsago Seprio (IX sec.).
La gastronomia del
territorio
Notoriamente la gastronomia è un grande
motivo d’attrazione per tutti i turisti
del mondo; quella tradizionale del
luogo, all’esaurirsi delle mode
innovatrici o esotiche, finisce poi per
prevalere. Praticamente tramontata l’era
della nouvelle cuisine, ora l’interesse
prevalente del turista buongustaio, e
ancor più di quello comune, si è
orientato sulla cucina tradizionale
locale, le specialità del luogo, i
prodotti base, i piatti tipici, i vini
del territorio
Di tipico, la provincia di Varese offre
una cucina rustica ma ricca di fantasia
ed i suoi formaggi e salumi. Una
specialità è il violino di capra (carne
secca stagionata).
Tra i primi primeggiano i risotti con
salsiccia o con pesce di lago; tra i
secondi i bruscitt, (bocconcini di carne
di manzo aromatizzata con spezie), la
murtadela de fidigh (mortadella di
fegato di maiale), la polenta alla
rostisciana (con i lonza e salsiccia
suina), la cassoeula (stufato di verze
carne e salsiccia ) e la faraona alla
valcuviana.
Cause e rimedi del
declino
Eccoci al quesito iniziale: mancanze,
colpe o fatalità nel declino turistico
di Varese? Quali possibili rimedi? Le
risposte sono: non ne hanno colpa le
istituzioni locali: l’ambiente è
rispettato e diremmo coccolato in tutto
il Varesotto. I castelli e le ville
principesche della regione sono
saggiamente conservati e resi
disponibili come raramente altrove per
visite turistiche, manifestazioni ed
eventi elitari e popolari d’ogni tipo.
Da un paio d’anni gli enti locali e gli
operatori del settore stanno facendo
enormi sforzi economici e organizzativi
per attrarre ogni tipo di flusso
turistico. Camera di Commercio,
Provincia, l’APT e il Convention Bureau
hanno varato iniziative a tutto raggio,
rivolte ad ogni tipologia o corrente di
flusso turistico: di vacanza, religioso,
d’élite e congressuale.
Camera di Commercio, Provincia e APT di
Varese hanno stanziato forti
investimenti i per la realizzazione del
complesso convegnistico delle Ville
Ponti, ora sede di un centro congressi
d’avanguardia (un connubio tra l’antica
eleganza delle residenze padronali e le
moderne attrezzature congressuali).
Hanno favorito e promosso con i titolari
l’utilizzo di altre strutture, come
centri alberghieri, quartieri
fieristici, antiche ville; per altri
eventi aggregativi, anche i numerosi
castelli del circondario. Inoltre hanno
impegnato forze e capitali anche nella
nascita e gestione dell’aeroporto
internazionale della Malpensa e
nell’annessa moderna struttura
congressuale, la ”Malpensa Fiere” (sale
convegni,13 mila mq di area espositiva
in tre padiglioni).
Quali allora le cause del declino
turistico lamentato? La causa maggiore,
può sembrare paradossale, é
individuabile nel progresso, soprattutto
in quel particolare volano di sviluppo
che è stata la motorizzazione. Si dirà
che oggi ci sono più strade e autostrade
che nel dopoguerra. Sì, ma intasate,
spesso pericolose, con frequenti
strozzature ai caselli del pedaggio e
agli svincoli cittadini. Sui tempi di
percorrenza programmati poi non v’è
certezza. Ci si salva soltanto con il
treno. Nell’immediato dopoguerra, Erba,
Como e Varese erano la meta domenicale
dei baldi ragazzi e giovani milanesi.
Sveglia all’alba, zaino viveri e bevande
sulle spalle, infilavano in bicicletta
una delle tre statali con le tre mete
indicate e avanti a tutto pedale. Strade
sgombre, sicure, media 20-30 kmh, in un
paio d’ore o poco più i ciclisti
arrivavano. Poi sciamavano in città,
verso i laghi o sui rilievi montagnosi.
Oggi le tre vecchie statali sono
praticamente scomparse e la bici
estromessa. C’è l’automobile, ma già
dalla città per entrare in autostrada è
un’impresa defatigante e rischiosa;
spesso la coda veicolare non frena il
traffico soltanto sulle tangenziali,
bensì anche ai caselli. Provare per
credere.
E’ semplicemente l’altra faccia del
progresso. Non si può certo far
retrocedere le lancette della storia, ma
quanto sopra spiega in buona parte
perché anche i Milanesi, escluse le
folle di fedeli dirette in autobus ai
piedi del Sacro Monte di Varese o altri
luoghi di culto, da qualche decennio si
sono messi a disertare il Varesotto e le
altre vicine mete lombarde. |