L’equatore
non è poi tanto lontano, ma la vasta
gobba orientale che fotografa quasi
chirurgicamente il distacco del Sud
America dall’attuale Golfo di Guinea
gode delle benefiche brezze atlantiche.
E così gran parte della fascia costiera
centrale del Nord Este Brasiliano è
fertile e rigogliosa, il clima dolce e
le notti fresche. Le piogge arrivano da
febbraio a giugno, la temperatura si
mantiene tra i 24 e i 30 gradi, e la
“Mata” verdeggia di cocchi, canna da
zucchero, cacao, tabacco, cotone, caju e
palma carnaùba, dalle mille virtù. Il
Cearà è uno degli stati del cuore
nordestino. Confina a nord con lo stato
del Piauì e a sud con lo stato di Rio
Grande do Norte. Se si eclude Bahia, con
le suggestioni coloniali di Salvador, la
regione del Nord Est è stata per molto
tempo lontana dalle rotte turistiche ed
anche poco conosciuta. Oggi il Cearà è
diventato una delle principali porte
d’ingresso per il pubblico europeo,
attirato dalle splendide spiagge, dalle
buone strutture d’accoglienza, dalla
vitalità e simpatia della gente, e
favorito dal moderno aeroporto
internazionale della capitale Fortaleza.
Proprio nel Cearà, a Ponta Grossa, toccò
per primo le coste brasiliane colui che
fu il vero scopritore delle nuove terre.
Ma il capitano spagnolo Vicente Pinzòn,
per onorare il trattato di Tordesillas,
che sanciva i criteri per la spartizione
delle conquiste coloniali di Spagna e
Portogallo, non rivendicò i suoi
diritti. Così la palma del descubridor
andò a Pedro Cabral, partito da Lisbona
nel 1500 con 13 navi e 1200 uomini alla
volta dell’India e sbarcato nella Terra
di Vera Cruz per un’accidentale (ma
alcuni storici ritengono voluta)
deviazione dalla rotta originale al
largo di Capo Verde. I Portoghesi
attesero più di un secolo prima di
iniziare la colonizzazione del Cearà e
si trovarono a fronteggiare l’aggressiva
ostilità degli indios e le mire di
Olandesi e Francesi. Dopo un periodo di
aspre contese, solo nel 1654 riuscirono
a conquistare definitivamente il forte
Schoonemborch, costruito dagli Olandesi
sul sito dell’odierna capitale e a farne
un presidio attorno al quale si sviluppò
una città battezzata Fortaleza de Nossa
Senhora da Asunção.
Un
assaggio dell’immenso sertão
Nel tempo, le terre strappate agli
indios vennero in parte coltivate e
riunite in vastissimi appezzamenti: un
sistema di grandi proprietà fondiarie
ancor oggi molto diffuso in tutto il
Nord Est che ne fa una delle regioni più
povere del Brasile, e che alimenta un
costante flusso migratorio verso il sud
del Paese e le grandi città. Basta
lasciare la rigogliosa fascia costiera
ed inoltrarsi di pochi chilometri
nell’aspro territorio dell’interno
perché un assaggio dell’immenso sertão,
un oceano di piccoli arbusti, cactus e
terra riarsa, riporti l’eco di violenza
e sopraffazione, di miseria e desiderio
di riscatto. E, seguendo il lento
incedere di un anziano vaquero, la
faccia rugosa come il cuoio della blusa,
nella luce abbagliante, appaia la sagoma
di un cavaliere armato e fiero, dal
copricapo luccicante di specchi, terrore
dei ricchi e crudeli coroneles e
difensore dei diseredati, un cangaceiro
senza terra né paura, l’eroe- bandito di
una triste epopea cantata dal grande
Guimaraes Rosa.
In anni recenti il Cearà è stato una
rivelazione per le avanguardie di
viaggiatori sempre in cerca di mete
vergini e hippies specialisti in
paradisi esotici. Una volta aperta la
strada, lo sviluppo turistico si è
concentrato a Fortaleza ed in alcune
località della costa, ma finora in modo
abbastanza equilibrato e privilegiando
piccole strutture tradizionali nei
villaggi del litorale.
I molti che si fermano a Fortaleza
trovano una città vivace, con tanti
locali, ottimi hotel e ristoranti e
alcune spiagge molto frequentate, come
Praia do Futuro, un’oasi di relax con
barracas che servono cocchi ghiacciati e
fiumi di caipirinha a due passi dal
traffico del lungomare. La sera è facile
trovare musica dal vivo e spettacoli,
sia sulle spiagge, Mucuripe, Meireles,
Iracema, sia nei locali del centro.
Famosissimo e affollatissimo il Pirata,
dove ogni lunedì si scatena una festa
davvero imperdibile. Ma l’apice del
divertimento si raggiunge in luglio con
il Fortal, pirotecnico carnevale fuori
stagione che attira appassionati da
tutto il Brasile.
Villaggi di pescatori e spiagge
spettacolari
Chi vuole scoprire il vero tesoro del
Cearà deve lasciare il caos di Fortaleza
e avventurarsi (in certi casi il termine
è appropriato) lungo i 700 chilometri di
spiaggia ad est e ad ovest della città.
Alcune località si raggiungono soltanto
con fuoristrada e dopo molte ore di
viaggio. Ad est, sulla Costa Sol
Nascente, si susseguono villaggi di
pescatori e spiagge spettacolari, con
dune altissime, fonti di acqua dolce e
vaste lagune. Tanto per citare, le mete
più famose: Morro Branco dalle falesie
multicolori, Praia das Fontes con una
delle strutture turistiche migliori
della costa, e Canoa Quebrada, che
merita una nota a parte. Scoperto dagli
hippies negli anni 80, il piccolo
villaggio di pescatori adagiato sulle
dune si è trasformato nella località più
“in” del Cearà: intendiamoci, niente a
che vedere con Formentera o Panarea.
Solo qualche negozietto ben curato, bar
e locali gestiti da europei, un po’ di
vita notturna, ciringuitos con musica
reggae e tanto relax. Buon segno: i kite
e i wind surf sono ancora surclassati
dalle vele delle tradizionali jancadas,
perché i pescatori sono sempre qui a
sfidare ogni notte l’oceano e le leggi
della fisica. La costa di Nord ovest
racchiude delle vere perle, come
Lagoinha, adagiata in una piccola
insenatura naturale circondata da cocchi
e dune di sabbia rossa. E poi Mundaù,
Guajira e Flexeira, villaggi tranquilli
con belle spiagge, ottimo pesce e tanto
tempo per recuperare forza e serenità.
Chi arriva fino a qui non ha scuse,
nemmeno le tre ore abbondanti di fuori
strada, per saltare la spiaggia
giudicata fra le 10 più belle al mondo
dal Washington Post Magazine:
Jericocoara, 370 km da Fortaleza. Mare
bellissimo, arenile candido circondato
da alte palme, lagune protette da rocce
e grandi dune. Tutta la zona è inclusa
in un’APA (Area di protezione
Ambientale), e la sua conservazione
dovrebbe essere garantita (il
condizionale è, come sempre, d’obbligo).
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