Sanguigni al tramonto, perché arrossati
dal Sole calante, o quasi galleggianti
sulle prime nebbie d’autunno, quando si
stagliano solitari a forma di cuneo
sopra il panorama dell’ Appennino
reggiano, quei millenari ruderi incutono
ancora paura a chi ne conosce le
vicissitudini. Sono i resti della rocca
matildica di Canossa, una pagina di
storia che il per mondo germanico é una
ferita nell'orgoglio che soltanto i
secoli possono lenire. Uno sguardo dalla
cima regala un’impressionante visione a
360 gradi su taglienti, giganteschi
calanchi bianchi; più sotto boschetti,
secolari pievi, casette coloniche, verdi
campi coltivati.
Quel nevoso inverno del 1077 segnò una
pagina cruciale nella lotta tra l’Impero
e il Papato per la supremazia
sull’Italia. L’ambizioso Enrico IV,
imperatore del Sacro Romano Impero,
scomunicato dal non meno temibile papa
Gregorio VII, dopo tre giorni
penitenziali nel freddo trascorsi
all’aperto sotto le mura del castello,
venne ammesso all’interno del maniero e
ivi ottenne il perdono dal Pontefice.
Mediatrice autorevole in quell’ennesimo
episodio della Guerra per le Investiture
fu la marchesa Matilde di Canossa,
figlia dell’italico Bonifacio Atto di
Canossa e della teutonica contessa
Beatrice di Lotaringia (l’odierna Lorena
francese, che nel Medioevo era invece
territorio dei Longobardi).
Da quel giorno il mondo germanico, come
sinonimo di cocente umiliazione, usa
l’espressione “Der Gang nach Canossa (la
via per Canossa). Se non andiamo errati,
Otto von Bismack, Cancelliere di Ferro
di Prussia, respinse un ultimatum
francese con la frase :” Wir werden
nicht nach Canossa gehen!” (Noi non
andremo a Canossa!).
Di quello storico schiaffo in fondo i
tedeschi moderni non dovrebbero
dolersene molto perché Matilde era
italica per padre e germanica per madre
ed aveva vissuto anni di studio
Oltralpe, nella patria materna,
apprendendone bene la lingua, prima di
prendere possesso definitivo dei suoi
immensi feudi in Italia.
A festa nei castelli medioevali
Che cos’era prima dell’avvento dell’uomo
lo sperone roccioso di Canossa, il cui
toponimo in latino medievale era “Canusia”?
(nome suggerito dal candore dei bianchi
calanchi che circondano la cima).
Qualche milione d’anni fa giaceva in
fondo al mare che copriva l’attuale
Pianura Padana. Ne emerse scagliato
fuori dalle acque dai sommovimenti
tellurici e tettonici che hanno creato
la dorsale Appenninica da nord a sud
della nostra Penisola. Lo sperone
roccioso si distingue per contrasto
dalle bianche arenarie e argille marine
dei calanchi circostanti, disposti tutt’intorno
a raggiera come un baluardo difensivo
naturale.
Al grande richiamo storico di Canossa,
delle altre decine di castelli del
circondario e delle corti patrizie
rinascimentali si abbinano il singolare
valore paesaggistico di questo spicchio
di territorio reggiano d’alta collina e
le ricche e genuine offerte
enogastronomiche dell’intera provincia
di Reggio Emilia. Storia medievale,
paesaggio e genuina cucina tipica del
territorio sono i cardini sui quali sono
imperniate decine di iniziative
storiche, culturali e ludiche che si
svolgono praticamente nell’intero arco
dell’anno. I cortei e le feste
matildiche in costume sono eventi
assolutamente da non perdere, così come
l’itinerario che conduce il turista
nelle più splendide corti comitali dei
secoli scorsi..
Moltissime manifestazioni hanno come
sede i castelli e altri luoghi legati
alla marchesa Matilde che, in passato,
fu chiamata la “prima regina d’Italia” e
che invece, oggi, giusto il detto latino
“nemo propheta in patria sua acceptus
est”, è pressoché ignorata dalla carente
storiografia scolastica ufficiale
italiana. Invece la nobildonna
italo-germanica è stata, alla pari con i
papi e gli altri regnanti, uno dei
sovrani più potenti e determinati del
Medioevo.
Donna colta e raffinata ma adusa al
comando, essa incassò dignitosamente la
vendetta
dell’imperatore umiliatosi a Canossa.
Pochi anni dopo, Enrico IV la privò
dapprima delle sue regali prerogative,
poi di gran parte dei suo feudi. Per
tutta risposta Matilde donò le restanti
terre alla Chiesa e chiuse la sua
avventura terrena ritirandosi in
convento.
All’apice del suo potere, Matilde
governava mezza Italia d’allora: le sue
terre andavano dalla Lombardia al
Veneto, dalla Toscana al Lazio, a nord e
sud del Po. Sua residenza preferita era
il Reggiano, soprattutto i suoi castelli
a ridosso del massimo fiume italiano. Ad
imitazione dei suoi avi, aveva fatto
costruire un capillare sistema difensivo
costituito da decine di presidi militari
(castelli anche residenziali,
soprattutto fortezze, rocche, manieri)..
Oggi ne rimangono 18 in buono stato,
inclusi nel “Circuito Matildico”, tutti
sede o centri di iniziative turistiche,
culturali ed enogastronomiche di
grandissimo richiamo e crescente
partecipazione. Da non perdere
assolutamente, per chi ama le feste in
costume d’epoca, l’annuale corteo
matildico.
A furor di popolo
In tempi tranquilli, nel Reggiano
Matilde prediligeva il castello di
Bianello, l’unico rimasto intatto e oggi
visitabile dei quattro manieri che
spiccavano in cima ad altrettanti
“mammelloni” (cioè colline a cima
rotonda). Erano situati ad una decina di
chilometri dal capoluogo reggiano, in
una frazione chiamata appunto "Quattro
Castella". Da questa località, nella
marcia d’avvicinamento da Reggio Emilia
alla celeberrima rocca, lungo il corso
del fiume Enza, si raggiungono gli
abitati di Polo d’Enza e quindi Ciano
d’Enza, Quest’ultimo Comune, in seguito
ad un plebiscito popolare svoltosi nel
1990, è stato ribattezzato, a furor di
popolo, "Ciano d’Enza-Canossa".
Da qui inizia la vera salita verso la
famosa rocca, lungo un percorso di 8
chilometri che un tempo era poco più di
una carrareccia e oggi è servito da
strada asfaltata. A metà itinerario si
erge, anch’esso in splendido isolamento,
il castello di Rossena (intatto e
visitabile su richiesta), che faceva
parte del secondo schieramento
difensivo.
Anche Rossena è appollaiato sopra un
rilievo in posizione elevata, tale da
dominare a 360 gradi i sentieri
circostanti e la strada sottostante che,
sempre più ripida e fiancheggiata da
impressionanti calanchi di arenaria a
schiena di dinosauro, porta infine allo
storico rudere matildico (576m.s.m.).
Nel Medioevo, la rocca era ritenuta,
oltre che irraggiungibile, assolutamente
inattaccabile. Il maniero era stato
ricostruito una prima volta sotto il
regno di Matilde come castello
residenziale, con l’aggiunta di una
chiesetta gentilizia, un tempio votivo,
dedicata alla propria famiglia, la
dinastia marchionale degli Attoni.
Causa il suo alto valore strategico, il
castello fu poi teatro, specie dopo la
fine della signoria degli Attoni, di
furibondi assalti, nonché distrutto e
ricostruito più volte nei secoli.
Odierno nume tutelare del feudo
matildico reggiano, un efficiente
organismo cui si consiglia il lettore di
rivolgersi per ogni esigenza di
informazione, viaggio e alloggio, è la
“IAT Terre Matildiche” (dove IAT
sta per Informazione e Accoglienza
Turistica) che, per definizione, è “lo
strumento di comunicazione del
territorio e di interazione con tutti
gli altri soggetti operativi del turismo
e del territorio. |