Non
troverete nessuno, nemmeno tra i grandi
viaggiatori abituati a visitare anche
gli angoli più remoti del pianeta, che
possa raccontarvi di essere stato in
Angola. Eppure l’Angola confina a sud
con la Namibia, una delle nazioni più
belle e interessanti dell’Africa
australe, molto frequentata dagli
appassionati del Continente Nero anche
per la sua valida ricettività turistica.
La spiegazione sta nel fatto che
l’Angola, per quattro secoli colonia
portoghese, grande quattro volte
l’Italia e potenzialmente tra gli stati
più ricchi del continente per la
presenza di importanti giacimenti di
gas, petrolio, diamanti, ferro e tanti
altri minerali, con una bassa densità
umana, una florida agricoltura favorita
dal clima e dall’abbondanza di acqua e
ottime possibilità di pesca lungo 1.600
chilometri di costa atlantica, per
quarant’anni è stata travagliata da una
ferocissima guerra civile che ha
prodotto un numero rilevante di morti,
feriti e sfollati, la distruzione di
ogni struttura produttiva e messo in
ginocchio l’economia. Ora che dal 2002
le armi tacciono, è possibile pensare di
andare ad esplorare quanto meno la
regione meridionale del paese con
un’estensione dal nord della Namibia,
stante le difficoltà di accedervi ancora
da nord. Il fiume Cunene segna il
confine tra i due paesi, ma i confini
tracciati sulla carta dai colonialisti
non rispecchiano la geografia ambientale
e umana. La regione sud angolana
presenta infatti strette analogie con
quella del Kaokoland namibiano: un
altopiano interno verdeggiante con clima
tropicale secco, una catena montuosa ad
occidente che scende con una ripida
scarpata su una pianura costiera
semidesertica, con le dune che si
smorzano sull’Atlantico. E anche le
popolazioni sono le stesse: sparuti
gruppi di cacciatori boscimani con la
loro misera tecnologia preistorica,
agricoltori ottentotti dalla parlata
schioccante, pastori herero con gli
incredibili ampi abiti ottocenteschi
europei delle loro donne e, soprattutto,
gli himba, popolazione nomade che vive
stentatamente ancora immersa nella
preistoria, con donne bellissime che
abitano quasi nude in capanne di rami e
paglia con il corpo spalmato di grasso e
di argilla rossa, adornate da pregevoli
monili di ferro, osso e conchiglie. Le
difficoltà di accesso a questo
territorio, sede per decenni di attivi
scontri tra truppe governative e
miliziani cubani da una parte e ribelli
nazionalisti e forze sudafricane
dall’altra, e che ha ospitato per lungo
periodo anche le basi della guerriglia
indipendentista namibiana, hanno
permesso il mantenimento di uno
straordinario equilibrio tra ambiente
naturale e popolazioni locali, che un
viaggiatore colto e curioso non può
perdersi.
Il
Viaggio
Si tratta di un viaggio spedizione di 15
giorni in fuoristrada che, dopo un
percorso insolito in Namibia toccando le
principali attrattive naturalistiche,
esplora tra i primi la regione
meridionale dell’Angola. Un viaggio,
quindi, con un pizzico di avventura,
adatto ad un pubblico sportivo e
motivato. L’itinerario parte dalla
capitale Windhoek, elegante città
moderna piena di fiori e di giardini
dove rimane però ben visibile l’antica
presenza tedesca sotto forma di edifici
coloniali inizio 900, chiese luterane e
birrerie, si punta quindi a nord in un
tipico ambiente di bush, con bassi
cespugli, acacie ombrellifere e alberi
di mopane, tipico del Kaokoland.
Superato il fiume Cunene si percorre
l’altopiano angolano, si scende la
scarpata e si raggiunge l’arida piana
costiera tra villaggi di pescatori,
grandi dune, pozzi per l’abbeverata
degli animali ed insediamenti himba, con
sosta al parco nazionale Iona. Rientrati
nel Kaokoland namibiano, abitato da
etnie herero, si visitano le Epupa Falls,
serie di cascate in uno spettacolare
scenario tra massi di granito e baobab,
si attraversa il Damaraland, regione
arida e montuosa di arenarie rosse, per
fare infine ritorno nella capitale.
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