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Panama, terra di contrasti
Testo di Franca Dell’Arciprete Scotti
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Vasco Nunez de Balboa sbarcò nel 1513
sulla costa dell’Atlantico, che già
Colombo aveva toccato nel suo quarto
viaggio, gli indios della zona lo
avvertirono che esisteva a breve
distanza anche un “mare del sud”. Così
de Balboa scoprì per caso che la terra
dove si trovava era un istmo sottile tra
due oceani enormi, l’Atlantico e il
Pacifico. Posizione invidiabile quella
di Panama, la terra più meridionale
dell’America Centrale, che disegna una
lingua “a esse” fatta di foreste
tropicali, spiagge bianchissime, un
vulcano alto 3400 metri, scogliere
coralline, cordoni di isolette coperte
di palme. Nei 15 parchi nazionali, uniti
in quello che è definito un “corridoio
biologico” da est a ovest, vivono più
specie di uccelli che in tutto il Nord
America.
Una posizione che ha reso celebre in
tutto il mondo il Canale di Panama:
tagliato con un progetto grandioso,
prima francese poi americano, fu
inaugurato nel 1914 cambiando le rotte
mondiali. Da allora le grandi navi da
crociera e commerciali lo attraversano
tutti i giorni dell’anno, giorno e
notte, percorrendo in 8/10 ore gli 80
chilometri che separano i due oceani
attraverso un complicato e affascinante
sistema di tre chiuse, un lago
artificiale, locomotive elettriche su
binari di scorrimento.
A segnare la fisionomia di Panama City
uno skyline di grattacieli modernissimi,
150 banche internazionali, luci
colorate, insegne di catene commerciali
e di alberghi famosi, lunghe autostrade.
Ma Panama è terra di contrasti, che
invita ad una visita non superficiale. I
grattacieli sorgono accanto alla città
coloniale del Casco Antiguo,
riconosciuta patrimonio dell’umanità
dall’Unesco, con i suoi balconi in legno
e ferro battuto, le chiese barocche, gli
stucchi color pastello, le piazzette
raccolte intorno alle fontane e alle
palme. La sua splendida posizione, sulla
punta di un promontorio sul Pacifico,
testimonia l’importanza storica di
Panama, dove gli spagnoli facevano
affluire le enormi ricchezze d’oro
sottratte al Perù per trasportarle nel
Camino Real, dall’istmo fino ai porti
dell’Atlantico, dove venivano imbarcate
alla volta dell’Europa. E il furbo
pirata Henry Morgan capì che solo da
terra si poteva attaccare Panama, come
fece nel 1671, dopo aver risalito con i
suoi uomini il fiume Chagres. |
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La riserva degli Emberà
Altri contrasti sono ancora più
sorprendenti. A breve distanza dalla
chiusa del canale vivono gli Indios
Emberà. Per visitare il loro
insediamento, è consigliabile una buona
dose di spirito di avventura e di
adattamento. Dentro il parco nazionale
del Chagres ci si imbarca su piroghe
condotte dagli indios. Si risale il
fiume tra muraglie altissime di
vegetazione, nel silenzio interrotto da
richiami di scimmie e tucani,
addentrandosi in una terra che si
mantiene ancora incredibilmente intatta.
Le capanne di canne e fango appaiono
alte sul pendio all’improvviso e sulle
sponde la comunità attende gli ospiti
con musica e sorrisi: uomini coperti dal
semplice perizoma, donne avvolte in
corte gonnelline multicolori e un
pettorale di collane e monete d’argento.
Bambini festosi prendono per mano i
nuovi arrivati per condurli al
villaggio. Dopo l’emozione di un bagno
sotto la cascata, si assiste alla
preparazione del pasto collettivo su un
focolare improvvisato, ascoltando i
racconti del capovillaggio e scegliendo
oggetti dell’artigianato indio in fibra,
legno, ceramica, semi di tagua, definita
l’avorio vegetale. |
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Il
paradiso dei Kuna
Quando andava in onda la trasmissione
cult “Survivor”, molti italiani sapevano
collocare l’isola di Zapatilla al largo
dell’Atlantico, vicino al confine con il
Costarica. Ancora più interessante,
perché quasi del tutto ignorato dal
turismo, è l’arcipelago di San Blas, di
fronte all’impenetrabile selva del
Darien che segna l’ultima regione di
Panama, al confine con la Colombia.
Un aeroplanino da 12 posti, in partenza
da Panama city, permette in 50 minuti di
sorvolare le centinaia di isolotti
orlati di sabbia e di palme, immersi in
acque color turchese. Dall’unica pista
di atterraggio sulla riva dell’oceano,
le piroghe imbarcano turisti e bagagli
per una strana spedizione alla scoperta
della comunità Kuna, disseminata su una
cinquantina di isole, una stirpe fiera e
orgogliosa che, nel 1925, si è ribellata
con successo al tentativo del governo
centrale di omologarla alla cultura
dominante. Così i Kuna sono rimasti una
società a forte impronta patriarcale,
rispettosa della monogamia, governata
dagli anziani che hanno potere
religioso, politico e giudiziario. Le
isole sono un affollarsi vociante e
festoso di bambini in un rumore
indescrivibile; piccole donne sdegnose e
pochi uomini. Spiccano su tutto i colori
delle molas ricamate, che si applicano
ai corpetti del costume femminile,
completando le gonne pareo, le
cavigliere e i braccialetti altissimi,
collane d’oro. I Kuna hanno saputo
organizzare anche piccoli lodge per
accogliere i turisti che vogliono
trascorrere qualche giorno in questo
paradiso incantato all’insegna della
semplicità in capanne spartane e con
pasti consumati all’aperto, sotto il
cielo stellato. |
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Informazioni Utili
I voli che dall’Italia raggiungono
Panama prevedono tutti una sosta e
cambio di aereo a Miami. Dimensione
Turismo (tel.02/67479168) è l’unico Tour
Operator italiano che propone in
catalogo viaggi di 9 giorni a Panama,
utilizzando un volo charter settimanale
diretto Malpensa –Panama City, con Lauda
Air: 13 ore di volo e sei ore di fuso
orario di differenza. Pensione “all
inclusive” in ottimi hotel sul Pacifico
con varietà di escursioni. Clima
gradevole tutto l’anno sui 25°.
Per informazioni: Istituto Panameno de
Turismo -
diranali@ns.ipat.gob.pa -
www.ipat.gob.pa -
www.panamainfo.com
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