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Sydney: su e giù per la baia
Testo di Franca Dell'Arciprete
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Sullo sfondo si staglia inconfondibile
la sagoma del Ponte, l’Harbour Bridge,
una massa di pietra e ferro che
congiunge con arcate enormi i Rocks con
il promontorio di Milsons Point. Finito
nel 1932, fu l’opera più amata dagli
abitanti di Sydney, cambiò il sistema
dei trasporti in città e soprattutto
dette lavoro a migliaia di operai
durante la crisi degli anni ’30.
L’Harbour Bridge è il simbolo di Sydney
insieme con l’Opera House: entrambi
dominano una delle più belle baie del
mondo.
Come scrive Joseph Conrad nel romanzo
“Mirror of the sea” del 1906, “Sydney è
una delle baie più belle e sicure che il
sole abbia mai illuminato”. Parole di
uno scrittore affascinato dal giovane
continente dell’Australia nei suoi
viaggi per mare. Parole incise ora in
una targa di ottone che brilla nel
pavimento del lungo mare. Sydney, la
città più famosa del Nuovo Mondo,
balzata alla ribalta mondiale con le
Olimpiadi 2000, è anche legata
nostalgicamente al suo passato. Il
profilo avveniristico di grattacieli,
monorotaie sopraelevate e tunnel
sott’acqua convivono accanto al ricordo
della First Fleet, la flotta che nel
1778 sbarcò qui il suo primo carico di
detenuti.
Una colonia per forzati
Una strana storia quella di Sydney,
fondata da comandanti ambiziosi disposti
ad avventurarsi nei Mari del Sud e da
forzati salvati dalla condanna a morte,
perché la corona inglese aveva bisogno
di uomini per popolare le nuove colonie.
Forzati come quel George Cadman che per
il furto di un cavallo si trovò
dall’altra parte del globo, si sposò e
si rifece una vita dignitosa, o come
quel John Greenway, colpevole di truffa,
diventato il primo architetto del nuovo
mondo. Merito del governatore Macquarie,
che gli dette fiducia, convinto che
Sydney fosse qualcosa di più di una
colonia penale.
Le case patrizie a due piani, allineate
con i loro balconi in legno, verande in
ferro battuto a disegno floreale e
finestre di vetri colorati, testimoniano
il primo sviluppo di una nuova borghesia
nel borgo abitato da carcerati,
balenieri e prostitute. I nomi degli uni
e degli altri sono citati con orgoglio
nelle targhe precise e solenni con cui
la città ricorda le sue origini così
vicine e così lontane, tanto che anche
la tribù aborigena degli Iora, primi
nativi della baia, trova posto in
qualche toponimo.
D’altra parte solo duecento anni fa la
famosa baia, tanto protetta che Cook non
l’aveva scoperta nel suo primo viaggio
nel 1770, era un intatto porto naturale
della costa sabbiosa, sovrastata da un
promontorio roccioso folto di alberi.
Oggi quella baia fotografatissima e
dominata dalla sagoma a vele gonfie
sovrapposte dell’Opera House è percorsa
da ferry, watertaxi sfreccianti,
lussuose navi da crociera ed è profilata
da grattacieli di grande design. Cuore
vitale della città, la domenica si anima
di concertini improvvisati, venditori
ambulanti e appassionati di jogging.
Dappertutto, naturalmente, accanto a
targhe storiche e bandiere al vento, le
vetrine straripano di artigianato
aborigeno, boomerang, teli dipinti a
graffiti, peluche che riproducono i più
famosi animali australiani: koala,
struzzi, canguri. |
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Una città da vivere a piedi
Il clima assolato per gran parte
dell’anno e la temperatura mite aiutano
a godere la città all’aperto. Il modo
più facile è girare a piedi senza fretta
e senza meta. Il quartiere dei Rocks ad
esempio si può scoprire davvero soltanto
a piedi. Qui si affollano tutti i
ricordi più affascinanti delle origini:
due pub, il “Lord Nelson” e l’”Heroe of
Waterloo” si contendono l’onore di
essere i più antichi della città; in
Argyle Street si apre un edificio a
mattoni rossi che ospitava il primo
mercato stabile della colonia; sulla
punta rocciosa della baia gli antichi
magazzini dal frontone triangolare sono
stati riconvertiti in ristoranti alla
moda che si affacciano su un brigantino
imbandierato. E’ la stessa scelta
piacevole e intelligente che
caratterizza molta parte della città:
così l’edificio imponente della dogana
che segnava l’impatto con il Nuovo Mondo
è oggi sede di un caffè sofisticato con
vista sulle luci del porto, “sushi bar”
e discoteca per giovani. Nella
appassionata, un po’ ingenua
rievocazione delle origini, i Sydneyani
inseriscono nei loro percorsi storici
anche i Barracks, le tetre carceri dei
detenuti poi usate per accogliere gli
immigrati allo sbarco dalle navi e
quindi sede del tribunale.
Altri luoghi da scoprire con pazienza,
nascosti tra le sagome altissime dei
grattacieli, svelano episodi curiosi: la
passeggiata delle suore, “nurses walk”,
ricorda una missione umanitaria che,
durante la Grande Depressione del ’29,
sfamava i marinai; una collina di
edilizia residenziale porta il nome di
Eber Bunker che nel 1791 diede inizio
alla caccia delle balene lungo la costa
della Nuova Zelanda.
Il famoso ponte sullo stretto, come il
clima dolce, la bellezza della baia e la
gioia di vivere, fanno pensare
incredibilmente a San Francisco. Ma,
come direbbe Gore Vidal, “Sydney è la
città che San Francisco pensa di
essere”.
Un mix di sapori
Nata dai gusti semplici e poveri di una
colonia penale, la cucina australiana
moderna ha conquistato i palati più
sofisticati. Un mix di stili e tendenze
la caratterizza, fondendo insieme la
tradizione francese, quella asiatica e
quella originaria australiana. Grande
abbondanza di pesci e crostacei,
compreso il “barramundi”, un pesce dalla
carne bianca e morbida molto diffuso, ma
sconosciuto in Europa. Sempre più
pregiati, i vini australiani stanno
conquistando anche le tavole europee,
nonostante l’agguerrita concorrenza di
vini italiani e francesi. Importanti
coltivazioni a vigneti si estendono
nella Hunter Valley a sud ovest di
Sidney. |
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Informazioni Utili
Proprio nel quartiere dei Rocks, il più
antico della città, oggi riscoperto dal
mondo del design e dell’arte, si apre,
perfettamente inserito nel contesto e in
stile vittoriano The Observatory Hotel
del Gruppo Orient Express, silenzioso e
discreto per assaporare l’atmosfera
della storica Observatory Hill. Tutte le
camere dell’Hotel sono deluxe con
eleganti bagni in marmo italiano e hanno
in dotazione tutto il comfort e la
tecnologia più avanzata per manager in
viaggio d’affari e per coppie in viaggio
di nozze. Motivo di attrazione è
un’attrezzatissima Spa con grande
piscina, palestra, sauna, bagnoturco.
Altro motivo di attrazione per ospiti
nazionali e internazionali è senz’altro
il ristorante Galileo, ispirato
all’Harry’s Bar di Londra e Venezia, con
specialità tipiche della cucina
italiana.
The Observatory Hotel, 89-113 Kent
Street, Millers Points, Sydney
-Informazioni: Numero verde 800 822 005.
The OservatoryHotel fa parte del Gruppo
Orient Express Hotels ed è membro del
The Leading Hotels of theWorld -
www.orient-express.com
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