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Messico: Yucatan, tra archeologie e natura nascosta

di A. M. Arnesano - Foto di G. Badini

 

Situata nella parte meridionale del Messico, la penisola dello Yucatan è diventata da qualche tempo la maggior meta turistica del paese grazie alle bellezze naturalistiche e paesaggistiche, all’elevata ricettività alberghiera, al clima e alla presenza di interessanti siti archeologici mesoamericani, appartenenti in particolare alla cultura maya: una delle più importanti del continente americano, che ha lasciato significative testimonianze artistiche e architettoniche del proprio perduto splendore. Quella maya è una civiltà di grande fascino per l’estensione dei suoi agglomerati urbani, ubicati entro intricate foreste tropicali, la grandiosità dei suoi monumenti, la raffinatezza dei suoi gioielli, la crudeltà dei suoi riti e il mistero legato all’improvviso dissolvimento. Ma quel mondo non è scomparso del tutto: sopravvive ancora oggi negli indios, i cui tratti somatici si riconoscono in quelli delle antiche sculture, che si sono ritirati a vivere nelle zone montuose più impervie, conservando costumi e tradizioni di un tempo, che nemmeno la repressione dei conquistatori spagnoli è riuscita a cancellare. Come il sincretismo religioso, che agli aspetti formali del cristianesimo mischia elementi decisamente pagani.
Molto spesso i vacanzieri che limitano i loro soggiorni alle belle spiagge caraibiche ignorano che alle spalle di ombrelloni, alberghi e discoteche si estende un vasto territorio ricco di peculiarità di vario genere, che va da quello archeologico e naturalistico a quello etnografico. Tutta la penisola yucateca è infatti uno scrigno di tesori che non finisce mai di sorprendere, dove a farla da padrone sono i famosissimi siti archeologici. Da qualsiasi parte ci si trovi, si possono raggiungere in giornata le maggiori città maya. Chichén Itzà, situata su un’area di 300 ettari, è oggi considerata la più imponente e monumentale; probabilmente fu anche la città più importante dello Yucatan dal X° al XII° sec. Uxmàl, è definito il sito più esteso e raffinato dell’architettura Puuc: basti solo pensare alla piramide dell’indovino, diversa da qualsiasi altra. Cobà, il cui nome significa ‘color cenere’, dovuto probabilmente al colore delle acque del lago che la circondano, raggiunse il suo massimo splendore nel tardo periodo classico tra il 700 – 900 d.C., quando era abitata da oltre 55 mila indios. Purtroppo il sito, che un tempo si estendeva su 70 kmq e comprendeva circa ventimila strutture, attualmente è in gran parte avvolto dalla giungla. Ma la piramide Nohochmul, la più alta dello Yucatan, è ancora lì, con i suoi 42 metri d’altezza e i suoi 120 scalini. Ek Balam, l’ultima e recente scoperta alle spalle della Riviera Maya, offre la seconda Acropoli per estensione della regione. Infine Tulum, sorta in epoca tarda nel periodo maya-tolteco, che fu la sola ad essere vista dai conquistatori spagnoli, che ne decretarono anche la fine. Si tratta del sito più suggestivo, in quanto unica città maya affacciata sul Mar dei Caraibi. La sua posizione a picco sul mare, la bellezza dei monumenti, l’azzurro intenso delle acque e la spiaggia dalla sabbia bianchissima ne fanno uno scenario di grande suggestione. In alcuni di questi luoghi ogni anno vengono organizzate manifestazioni folcloristiche, con l’intento di far rivivere le antiche tradizioni maya e dove il visitatore può ammirare gruppi vestiti nei coloratissimi costumi di un popolo che non si è mai estinto.

 

I Maya

Quella dei maya è la più antica delle tre grandi civiltà sorte in epoca preispanica nel Mesoamerica, che precedette di diversi secoli i più famosi imperi azteco e inca. Le prime tracce di una cultura autoctona nella penisola messicana dello Yucatan, nel Guatemala, Honduras e Belize risalgono al primo millennio a.C., ma fu tra il 250 e il 900 d.C. che questa civiltà toccò il proprio apogeo, per dissolversi poi piano piano sotto la spinta di feroci guerre intestine, di crisi ecologiche e di invasioni, tanto che all’arrivo dei Conquistadores la civiltà maya era già estinta da tempo. Sviluppatasi in un territorio piuttosto vario, che alterna elevate montagne a foreste tropicali e lagune bagnate da tre mari, la cultura maya costituiva il denominatore comune per una miriade di città-stato autonome e spesso in conflitto tra loro, che non diedero mai vita ad un impero unitario ma al massimo ad alleanza momentanee. I “Greci d’America”, come vengono definiti, furono un popolo di grandi contraddizioni: da un lato raggiunsero un livello culturale e scientifico assai elevato, dall’altro possedevano una tecnologia rimasta ferma all’età della pietra. Grandi matematici e astronomi, senza l’ausilio di alcun strumento conoscevano le fasi lunari, i moti di stelle e pianeti e sapevano prevedere le eclissi. Il loro complesso calendario, di 365 giorni, era in grado di risalire nel tempo per oltre 60 mila anni. In compenso non conoscevano la metallurgia, i loro strumenti si limitavano a diaspro, selce e ossidiana, non avevano animali domestici – se non il cane – né possedevano animali da soma, conoscevano la ruota ma non la utilizzarono mai per applicazioni pratiche. Le pietre con cui edificarono le enormi piramidi sacre e gli altri monumenti pubblici e privati delle loro monumentali città vennero tutte trasportate, anche da parecchio lontano, totalmente a mano, e gli intensi commerci si svilupparono su barche lungo fiumi e mari, oppure via terra a dorso d’uomo. Eppure possedevano una fitta rete di strade lunghe e larghe, per giunta sopraelevate di diversi metri per evitare i ristagni d’acqua. Con strumenti primitivi edificarono costruzioni sublimi, capaci di sfidare il tempo e la vegetazione, con un’architettura complessa e peculiare, pur se priva di un elemento fondamentale come l’arco, ma produssero anche scultura, pittura, gioielleria e ceramica estremamente raffinate e di intensa espressività. Quelle che noi oggi visitiamo ammirati non erano città residenziali, bensì centri del potere politico, religioso, culturale e militare. La popolazione viveva entro semplici capanne di paglia in villaggi sparsi nel territorio, impegnata nella produzione agricola, nell’artigianato, nella pesca e nel commercio. La dieta maya si basava per oltre il 90 per cento su mais e verdure, mentre soltanto il resto era dovuto a pesce e carne proveniente dalla caccia. La società era strutturata in caste più o meno rigide: al vertice il re, i sacerdoti, gli scribi e i soldati, poi il popolo e gli schiavi. La religione permeava ogni attimo della vita pubblica e privata: si basava su un pantheon di divinità estremamente complesso, ai quali tributare sacrifici anche umani. Possedevano pure un complicato alfabeto geroglifico: purtroppo la quasi totalità dei testi perduti o distrutti dai conquistatori spagnoli ci ha privato di molte preziose conoscenze di dettaglio su una delle grandi civiltà del passato.
 

Il viaggio

Un possibile itinerario che si sviluppa attraverso Yucatan, Chiapas, Campeche e Quintana Roo – i quattro stati in cui è divisa politicamente la penisola – offre uno straordinario spaccato attraverso i diversi aspetti ambientali e paesaggistici di questo variegato territorio: dalle sterminate spiagge caraibiche con la loro eccezionale fauna subacquea all’intricata foresta tropicale, dai siti maya che spuntano dalla giungla come dei miraggi alle riserve naturali. Natura e archeologia quindi s’intrecciano in questo viaggio di 14 giorni in fuoristrada interamente dedicato alla scoperta di località conosciute o poco note, in quanto ubicate in luoghi di non facile accesso, ma capaci di regalare altrettanti emozioni. Alcuni pernottamenti sono previsti in strutture gestite da comunità dei lacandoni, indios discendenti dai maya che vivono isolati nell’impenetrabile Selva Lacandona, la stessa che protegge da anni il subcomandante Marcos e i suoi guerriglieri zapatisti.
Il percorso parte da Merida, capoluogo dello Yucatan e graziosa città coloniale che custodisce la più antica cattedrale del nuovo mondo. Si prosegue poi per i centri maya di Dzibilchaltùn, un insediamento con 8500 costruzioni ed abitato ininterrottamente per almeno tre millenni, di Chichèn Itzà, epicentro dello Yucatan maya e di Uxmal, fulcro culturale e religioso, dove l’architettura si è espressa al meglio. Si raggiunge quindi Palenque, una delle maggiori città maya, estesa su una superfice di 10 kmq ma in gran parte ancora sepolta dalla vegetazione, per salire ai 2.000 metri della Sierra a S. Cristobal de las Casas, capoluogo del Chiapas e vero gioiello di architettura coloniale. Tutta la zona è circondata dai meravigliosi scenari della natura tropicale d’alta quota, come la riviera di Agua Clara, le splendide cascate di Agua Azul e le lagunas di Montebello. Laghetti di montagna incastonati tra fitte foreste di conifere e il sito maya di Chinkultic, completano l’insieme. Si passa quindi nella Selva Lacandona, enorme e selvaggia area naturale, per visitare in barca la riserva di Montes Azules, caratterizzata da una ricchissima flora e dalla presenza di varie specie animali, soprattutto uccelli. Risalendo in piroga il rio Usumacinta, che segna il confine tra Messico e Guatemala, si raggiunge Yaxchilan, altro prezioso e malnoto insediamento maya celato nella foresta e tuttora usato dagli indios come centro cerimoniale. Il viaggio continua catapultandosi nella riserva della biosfera di Calakmul, protetta per la sua peculiarità dall’UNESCO, dove su una superficie di 700 mila ettari vivono un gran numero di uccelli e di mammiferi, tra cui giaguari, ocelot, scimmie urlatrici, tigrilli, tapiri e formichieri, e dove emergono dalla vegetazione altre significative rovine maya del periodo classico. Superata Chetumal, piacevole cittadina di frontiera con il Belize, si arriva alla laguna Guerrero, dove in barca si potranno ammirare orchidee selvatiche, coccodrilli, delfini, lontre marine, resti maya sommersi e soprattutto i lamantini, simpatici e curiosi trichechidi in via d’estinzione. Per finire si costeggia quindi, da sud a nord, tutta la stupenda costa del Caribe messicano fino a Cancun, capitale del turismo balneare nella penisola, non senza aver compiuto una sosta a Tulum, l’unico sito maya affacciato sul mare.

 

 

Informazioni Utili

L’operatore milanese “Drive Out Viaggi” Tel. 02 48 51 94 45, www.driveout.it, specializzato in viaggi a valenza culturale e ambientale e autore di questo itinerario, propone partenze per minigruppi di 4-6 persone per tutto l’anno con voli di linea da Milano via Città del Messico, con quote da 2.350 euro in mezza pensione con la miglior sistemazione alberghiera possibile e accompagnatore-autista italiano.
www.mexico-travel.com

 

 

 

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